La Repubblica 12.1.04
SAGGI
QUESTO È DANTE TRA BEATRICE E IL SOGNO FILOSOFICO
di GIUSEPPE LEONELLI
Questo libro nasce, si precisa nella premessa, da una riflessione su temi danteschi cominciata quaranta anni fa, sviluppatasi progressivamente attraverso formulazioni per lo più mentali e solo di recente approdata alla scrittura. È il risultato di un cammino lungo, ma non solitario, attraverso la Commedia e le opere minori, tra cui spiccano la Vita nuova, il Convivio, la Monarchia, compiuto da un maestro di studi filosofici e storici in riferimento e costante dialogo con altri illustri interpreti quali, per citarne alcuni, Barbi, Torraca, Contini, Bruno Nardi, Sapegno, Vinay.
Siamo di fronte a un'opera di grande interesse, densa e ricca, che la perfetta calibratura dei ragionamenti e la trasparenza del linguaggio aprono anche al lettore non specialista. Fossimo nell'Italia di qualche anno fa, ancora priva di internet, ma fornita di ottima scuola, attenta allo studio di Dante, raccomanderemmo come propedeutico alla proficua degustazione solo un buon liceo. È quello che basta per apprezzare la trattazione pienamente sviluppata e argomentata di problematiche intraviste ai tempi delle prime inseminazioni scolastiche: la concezione della storia in Dante, il vario e progressivo articolarsi dell'idea dell'Impero dal Convito alla Commedia e alla Monarchia, la presenza di Aristotele, quel che possiamo e quel che non possiamo dire riguardo all'identificazione del "veltro". Ma vi sono altri interrogativi, non meno appassionanti: è il caso del vero senso delle varie incarnazioni della donna gentile e delle "parole forti e terribili" con cui Beatrice, sul vertice del Purgatorio, "rimprovera a Dante il suo traviamento". È possibile, si chiede Sasso, che Beatrice si riferisse solo a un vano episodio biografico o, peggio ancora, alla filosofia, come di solito s'intende connettendo, come fanno un po´ meccanicamente alcuni studiosi, la Commedia alla Vita Nuova e al Convivio? Ne risulta un'osservazione metodologica da far propria: ogni opera di Dante va giudicata a sé, senza indulgere alla confezione di "linee di svolgimento in cui, nel dare e nel ricevere, ciascuna acquisti il suo senso". Qualche volta, come a proposito del concetto di Provvidenza dantesco, bisogna rassegnarsi, rinunciando a coerenze forzate e quindi fuorvianti, all'ambiguità
Gennaro Sasso, Dante L'Imperatore e Aristotele Istituto storico italiano per il Medio Evo pagg. 326, s.i.p.
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