domenica 25 gennaio 2004

"neuroscienze":
il prof. Alberto Oliverio e gli americani

una segnalazione di Tonino Scrimenti

Repubblica delle donne-anno 9 n. 385 del 24 gennaio 2004
NEUROSCIENZE
NELLA TESTA DI UN RAGAZZO

Che cosa rende gli adolescenti tanto complicati e difficili? Quello che gli sta succedendo nel cervello, risponde un nuovo filone di ricerca: attraversano una fase di crescita neuronale paragonabile a quella di un bambini di due anni. La maturità arriva quando la corteccia prefrontale impara a dominare gli istinti.
di Daniela Condorelli


Cosa c'è alla base del comportamento irrequieto e a volte inspiegabile degli adolescenti? Rivoluzioni ormonali, cattive compagine, famiglie inadeguate... Forse, ma non solo questo. C'è, soprattutto, un cervello ancora in formazione, che non sa mettere freno agli istinti e non ha pienamente sviluppato l'area che presiede alla capacità di giudizio. A svelarlo è l'ultima frontiera delle neuroscienze, la disciplina in grado di leggere l'anatomia e i mutamenti cerebrali grazie a tecnologie di diagnostica per immagini. per esempio la risonanza magnetica. La recente scoperta, che rivoluziona le teorie dell'educazione, è questa: i cambiamenti nel cervello non si limitano, come si riteneva, ai primi sei anni di vita, ma proseguono almeno fino ai venti. Solo a quel punto, l'architettura dell'organo è completa.
Pioniere di questo nuovo filone, che spiega con le neuroscienze gli sconvolgimenti dell'adolescenza, è Jay Giedd del National Institute of Mental Health (di Bethesda. Giedd ha dimostrato che il cervello dei giovanissimi non è si ancora formato del lutto osservando la materia grigia di 145 bambini sani con la risonanza magnetica, a intervalli di due anni, Lo studio ha evidenziato che, appena prima della pubertà, vi é un'area del cervello, la corteccia prefrontale, in fervente attività di crescita. È un'area speciale: modula le emozioni, controlla le reazioni impulsive e regge le file della capacità di organizzazione. Non per niente è stata soprannominata l'area del ripensamento assennato". In particolare, la corteccia prefrontale tiene a bada un'altra area cerebrale, l'ippocampo, responsabile dei bisogni primari (per esempio mangiare o accoppiarsi) che non sempre vanno d'accordo con le esigenze e la morale della società. Solo quando la corteccia prefrontale matura, l'adolescente è in grado di controllare gli istinti e di esprimere giudizi. Ecco perché non é lecito aspettarsi da un teenager le stesse capacità di giudizio di un adulto. Ed ecco perché l'adolescenza è il periodo in cui si radicano comportamenti a rischio, come il fumo, o si contraggono più facilmente malattie sessualmente trasmissibili.
«Sapevamo che é un'età irrequieta», commenta lo psicobiologo Alberto Oliverio, docente all'Università La Sapienza di Roma «Ora, con queste ricerche, ne abbiamo le prove strutturali. II giudizio opera in termini di centesimi di secondo. bloccando le reazioni impulsive. Un'abilità che gli adolescenti difficilmente hanno». Si spiega così perché a volte un sedicenne non ci pensa due volte: prima di salir su un'auto guidata da un amico ubriaco. E a proposito di alcol: è proprio in questa fase di scarso controllo e mancanza di freni che. ironia della natura. il cervello e più vulnerabile agli effetti di droghe e superalcolici. Parlando con i giovanissimi, Giedd mostra toro le Immagini del cervello in evoluzione e spiega come, su una materia grigia ancora in crescita, l'effetto dì alcol e droghe non duri una sera o un week-end, ma tutta la vita.
Una corteccia prefrontale immatura significa anche non sapersi organizzare, non saper stabilire priorità: persino decidere se telefonare a un’amica o dipingersi prima le unghie diventa un problema. Non solo: le indagini di Giedd hanno dimostrato che, nella preadolescenza, vi è un periodo di sovrapproduzione di cellule cerebrali (neuroni) e di sinapsi (collegamenti tra di essi) simile a quello che caratterizza il cervello di un bambino di due anni. Le cose vanno così: l'organo del piccolo si sviluppa grazie a una vera e propria esplosione di nuovi contatti tra cellule cerebrali, seguito da un processo di "sfrondamento", che avviene intorno ai tre anni. Dopo il periodo di sovrapproduzione, infatti. si assiste a un'agguerrita competizione tra cellule cerebrali, che combattono per la sopravvivenza. Lo stesso avviene nella corteccia prefrontale di un preadolescente: a 11 anni in una ragazza e a 12 in un maschio, si verifica un boom di crescita neuronale. In seguito. si assiste a un ridimensionamento dei contatti.
Secondo Robert McGivern. neuroscienziato dell'Università di San Diego, questo periodo di iperattività e sovreccitazione fa sì che gli adolescenti abbiano meno risorse disponibili per la "sapienza sociale". E li lascia anche più vulnerabili agli sbalzi d'umore e persino alla depressione. In una ricerca pubblicata sulla rivista Brain and Cognition. McGivern ha dimostrato che gli adolescenti non sono in grado di identificare rapidamente le emozioni altrui (il test consisteva nell'associare una serie di volti con espressioni diverse all'emozione corrispondente). Come se il cervello avesse bisogno di concentrarsi su se stesso per consolidare e rinforzare le connessioni più importanti. "tagliando" quelle in sovrappiù (tra i 13 ed i 18 anni viene perso ogni anno I'1 per cento di materia grigia). Un processo che porta Giedd a sottolineare l'importanza del tipo di connessioni che vengono stimolate. Use or lose it, usalo o lo perderai. «La crescita del cervello durante la pubertà costituisce un immenso potenziale», ha dichiarato il ricercatore alla trasmissione di attualità Frontline, dell'americana Pbs, «Se un teenager suona, fa sport o studia, le connessioni relative verranno rinforzate. Se giace sul divano giocando con i videogames o guardando Mtv, saranno altre le cellule e; le connessioni destinate a sopravvivere»_
E qui entrano in causa i genitori che, rassicurati sulla normalità biologica del loro scapestrati teenager grazie alle spiegazioni fornite dall'anatomia cerebrale, continuano a domandarsi cosa fare. Per loro Dan Siegel, psichiatra. docente presso il Center for Culture. Brain and Development di Santa Monica, ha scritto Parents from inside out (edito da Hardcover). La novità di quest'ennesimo compendio di psicopedagogia per genitori in crisi è nell'approccio: l'autore è il padre di una nuova disciplina, denominata neuropsicologia interpersonale. L'idea è che le relazioni e la comunicazione tra persone abbiano un impatto diretto sullo sviluppo del cervello, il suo funzionamento e, di conseguenza, il comportamento. Dan Siegel è convinto che comprendere come è fatto e come funziona quest'organo possa aiutare le persone a migliorare le relazioni, la vita emotiva e la capacità di educare i figli. E il suo manuale è una guida per diventare genitori migliori a partire dalle nuove scoperte delle neuroscienze. Analizzato scientificamente il cervello dei ragazzi, infatti, la capacità di ascoltarli non solo rimane importante, ma risulta ancora più determinante. Gli adolescenti hanno bisogno di parlare, parlare e parlare, per fare il punto su emozioni e decisioni che non sono in grado di governare.
E il futuro? Secondo Giedd, porterà la comprensione di quali aspetti influenzano lo sviluppo del cervello: i genitori, il cibo, i geni, le attività? Per comprendere quali aree sono influenzate dal contesto e quali dai geni, i ricercatori hanno focalizzato l'attenzione sui gemelli, fotografando il loro cervello nell'infanzia, quando le attività dei due fratelli sono molto simili, e nell'adolescenza, quando cominciano differenziarsi. Hanno constatato che è il cervelletto la parte più diversa nei gemelli, quindi più facilmente influenzabile dall'ambiente. A che cosa serve? A coordinare i muscoli (se il cervelletto lavora bene sarai un buon atleta), ma anche il pensiero e i processi cognitivi. «Così come si può essere fisicamente goffi, lo si può essere mentalmente», commenta Jay Giedd. Nel cervelletto sembra risiedere quell'abilità a destreggiarsi tra le complessità della vita sociale che manca clamorosamente ai teenager. E attenzione: gli esperti pensano che sia l'esercizio fisica a influenzarne lo sviluppo. Correre, giocare, saltare. Allenare i pollici con i joystick dei videogames non è sufficiente.
Le scoperte di Giedd hanno scardinato le basi delle teorie educative tradizionali, secondo cui entro i primissimi anni di vita l'identità di un bambino è formata e il suo destino segnato. Negli Stati Uniti ha avuto grande seguito la convinzione che il periodo tra 0 a 3 anni fosse in assoluto il più importante per lo sviluppo della persona, tanto che negli anni '90 gli investimenti e gli sforzi educativi si sono concentrati quasi esclusivamente in questa direzione. Un esempio: nel '98 il governatore della Georgia ha stanziato 105 mila dollari per distribuire un cd di musica classica a tutte le neomamme. Adesso si chiede altrettanta attenzione (e investimenti) per giocare al meglio la carta dell'adolescenza. «Sì, i primi tre anni di vita sono fondamentali», avverte Jay Giedd. «ma i successivi 16 non sono da meno». E ai genitori che si aspettano maturità dal figlio quindicenne il consiglio è, ancora una volta: «Abbiate pazienza. Lavori in corso»

Un'immagine in mente

Le neuroscienze sono una disciplina giovane. Negli ultimi 25 anni i ricercatori hanno svelato l'architettura del cervello e il suo funzionamento, con un occhio di riguardo a malattie come la schizofrenia e ai meccanismi che le causano. Con l'avvento delle nuove tecnologie a immagini, è stato possibile monitorare l'attività di diverse aree cerebrali nella vita quotidiana. "Oggi esistono tecniche che permettono di focalizzare l'attenzione su un singolo neurone e vedere, dopo 15 giorni. come si sono modificate le sinapsi", spiega Alberto Oliverio. psicobiologo alla Sapienza di Roma. "É così possibile valutare l'influenza di un ambiente arricchito da determinati stimoli sullo sviluppo cerebrale". Con la risonanza magnetica i ricercatori vedono quale parte del cervello lavora quando si sta compiendo un esercizio, o di fronte a specifiche immagini. Grazie ai costi sempre più ridotti. le tecnologie si stanno diffondendo al di là della medicina. I pubblicitari le usano per capire cosa seduce i consumatori. Così è nato il neuromarketing: si occupa di identificare l'attività del cervello di una persona che sta valutando un prodotto, una confezione o una pubblicità. Paul Zak del Centro di neuroeconomia della Claremont Graduate University (California) ha usato la risonanza magnetica su commissione di un'industria casearia. Come? Fotografando il cervello di un gruppo diamanti della bevanda mentre la assaporano, e trovando stimoli che stimolano la stessa area cerebrale. Se, per esempio, l'area attivata mentre si beve latte è la stessa che si "illumina" di fronte a oggetti che riconducono all'infanzia. la pubblicità punterà su questo genere di ricordi.

Non solo biologia

È dai tempi di Freud che si cercano spiegazioni biologiche a suffragio delle teorie psicoanalitiche, antropologiche e sociologiche. E le scoperte neuroscientifiche sul cervello degli adolescenti vanno in questa direzione. A parlare è Gustavo Pietropolli Charmet, massimo esperto di adolescenza in Italia (è in questi giorni in libreria il suo Crisi center. il tentato suicidio in adolescenza (Franco Angeli). «Un cervello in fase evolutiva spiega bene un'età in cui, semestre dopo semestre, si sviluppano abilità e competenze diverse».
Dall'identità di genere maschile o femminile al pensiero ipotetico-deduttivo, dal processo dì individuazione-separazione alla spinta verso l'accoppiamento. Non per niente l'adolescenza viene definita una "seconda nascita": la nascita sociale. «Ora sarà interessante vedere come si inseriscono i fattori ambientali su queste basi biologiche". continua Charmet. Sì, perché la tentazione, forte ma rischiosa, è di voler semplificare tutto, ridurlo a una questìone di geni. Viene dalla biologia, è vero, la spinta interiore a diventare individuo. a socializzare, ad accoppiarsi. A crescere. Ma tutto ciò si confronta con il cosiddetto ambiente. Più di tutti con i coetanei. di gruppo è I'alter ego sociale, spiega Charmet: «accompagna, esorta, indica la strada, individua idoli e ideali, offre strumenti». Judith Rich Harris. nel suo Non è colpa dei genitori (Oscar Mondadori), spiega perché i figlì imparano più dagli amici che dalla famiglia. Ma attenzione agli azzardi: il contesto in cui vive un adolescente è fatto di adulti e coetanei, così come la spiegazione dei suo comportamento va cercata nel dialogo tra neurobiologia e scienze sociali.