mercoledì 18 febbraio 2004

Cina

Corriere della Sera 17.2.04
Il dibattito promosso da Fondazione Italia-Cina e Aspen.
Romiti: il Paese nel G7? Via percorribile
«Pechino? Più un’occasione che un rischio»
Urso: inutile presentarsi regione per regione


MILANO - Molto «realista» il dibattito che si è tenuto ieri all’Assolombarda di Milano sul «Tempo della Cina». Lasciate da parte paure e richieste di dazi, nella sede degli industriali milanesi si è discusso di come giocare al meglio la sfida economica che viene dall’Impero di Mezzo. Con concretezza: il viceministro per il Commercio Estero Adolfo Urso, per dire, ha sottolineato la necessità di muoversi non in ordine sparso ma come Italia. «E’ inutile presentarsi a Pechino regione per regione, i cinesi ragionano per grandi numeri - ha detto -. Che senso ha andare come Lombardia, come Molise o come singoli ministeri se già l’Italia rischia di essere troppo piccola?». Il dibattito era promosso dalla Fondazione Italia-Cina e dall’Aspen Institute Italia, che nell’occasione ha presentato l’apprezzatissimo ultimo numero della rivista Aspenia (distribuita dalle edizioni Sole-24 Ore) interamente dedicato alla Cina. Unanimità, sin dai saluti del presidente di Assolombarda Michele Perini, sul fatto che la Cina sia più un’occasione che un rischio, anche per l’Italia, il Paese europeo che sembra più preoccupato dall’aggressività della sua industria. La radice di questa nostra paura - ha sostenuto Cesare Romiti, presidente della Rcs Quotidiani (che pubblica il Corriere della Sera ) e della giovane Fondazione Italia-Cina - «sta nel fatto che nel mondo industrializzato l’Italia è oggi più debole degli altri, più debole verso la Cina ma anche più debole nei confronti dei Paesi di vecchia industrializzazione». Su questa analisi di Romiti e sulla necessità di vedere la Cina come un’occasione hanno concordato tutti.
L’ex ministro degli Esteri Gianni De Michelis ha addirittura parlato di una Cina in fondo benigna anche in politica. A suo parere, Pechino è avviata sulla strada di una reale democratizzazione: non è lontano il giorno «in cui il parlamento voterà contro una proposta del governo», si va verso uno stato di diritto, la «borghesia imprenditoriale» è sempre più rappresentata e tra il 2012 e il 2017 arriverà una nuova generazione di leader «che sarà la vera svolta».
La sinologa Maria Weber ha raccontato di come quello cinese non sia più uno sviluppo a bassa qualità: il 25% dell’export del Paese è ormai in prodotti hi-tech, Pechino investe molto in ricerca e i cervelli che hanno studiato all’estero stanno rientrando. (A proposito di cervelli e di approccio intelligente alla Cina, il moderatore del convegno, l’ex ambasciatore Sergio Romano, ha sottolineato come in Irlanda ci siano oltre 40 mila studenti cinesi; e il viceministro Urso ha segnalato che in Italia ce ne sono solo 600). E il presidente dell’Ice Beniamino Quintieri ha detto che le richieste di protezionismo verso i prodotti cinesi che si sono sentite in Italia negli ultimi tempi «non giovano a nessuno», anzi.
Ovviamente, non mancano i problemi, a cominciare dalle regole che non sempre in Cina sono rispettate. Una ragione in più «perché l’Europa punti a integrarla al più presto» nel sistema di governo del mondo, ha detto Marta Dassù, la curatrice della rivista Aspenia : «L’Europa dovrebbe lavorare affinché Pechino entri nel G8». Una «strada percorribile», ha detto Romiti, da seguire in tempi brevi.