Corriere della Sera 18.2.04
DIBATTITI
Tolkien: cattolico o pagano? Si riapre la disputa
di Cesare Medail
Che Tolkien si dichiarasse cattolico è cosa nota; ma i lettori comuni del "Signore degli anelli" (e ora il pubblico del cinema) non ravvisano segni biblici nella saga, evocatrice semmai di quei miti e poemi nordici (Edda , Kalevala) così amati dal professore oxoniano. Cristiano o pagano, dunque? Dalla disputa, per la verità tutta italiana, è uscito un libro ("Paganesimo e cristianesimo in Tolkien", edizioni il Minotauro, pag. 210, 14,50) dove due studiosi, Errico Passaro (tesi pagana) e Marco Respinti (tesi cri stiana) si affrontano, anche se sovente gli argomenti tendono più a integrarsi che a respingersi. Per la loro ambivalenza. Una volta, per esempio, Tolkien dichiarò: «L’Evangelium non ha abrogato le leggende; ma le ha santificate nel lieto fine». Ciò può deporre a favore della tesi cristiana, del senso religioso celato nelle pieghe del racconto; ma suona anche di critica agli anatemi ecclesiali che, a partire dalla Chiesa costantiniana, hanno rigettato i miti, le credenze e le cosmogonie dell’umanità cosiddetta pagana; che Tolkien, invece, accoglie come grandioso preambolo dell’era cristiana.
Una via per dirimere la questione è cercare nella saga valori affini o estranei al cristianesimo: impresa ardua perché la solidarietà, il perdono, la lealtà, il sacrificio, la stessa provvidenza non si trovano solo nella Bibbia. Altra, e più utile via è consi derare l’insieme, l’impianto della creazione tolkeniana a partire dal Silmarillon, dal creatore Iluvatar agli Ainun fino agli Elfi, agli Uomini e agli Hobbit. "Il signore degli anelli" si ferma alla fine della Terza Era, quando gli Elfi si ritirano su altri piani dell’essere e comincia l’era degli Uomini. L’incarnazione di Cristo, dunque, si manifesta in un’era a venire rispetto alla saga e quindi non vi figura, anche se tutto scorre entro un’aura di sacralità non sapremmo dire quanto «profetica».
Per capire il nesso fra paganesimo e cristianesimo in Tolkien è utile, piuttosto, la vicenda del suo amico Clive S. Lewis, grande scrittore fantastico e studioso di mitologie nordiche: perché, si chiedeva da buon ateo, non considerare la storia di Gesù alla stregua di altre remote letterature?
Nel 1931, però, ebbe luogo una storica riunione in casa Tolkien: e prima dell’alba, pressato dall’amico, Lewis si convertì e si convinse che «in quei racconti pagani era sempre Dio ad esprimersi attraverso voci ispirate. Erano l’intuizione poetica di un mito a venire: quello narrato in forma meravigliosa da Isaia e dai profeti biblici, non diverso dagli altri, ma che divenne fatto nella nascita di Cristo». Il cattolico Tolkien non abrogò, quindi, ma fece amare i miti precristiani; e volle scrivere il Pater Noster in Sindarin , la lingua elfica.
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