lunedì 2 febbraio 2004

la critica americana su "The Dreamers"

Repubblica 2.2.04
Esce negli Usa "The Dreamers" dopo molte polemiche su eventuali tagli. E il Museum Of Moving Image dedica al regista una retrospettiva
Bertolucci sbarca in America "La mia lotta contro la censura"
L'entusiasmo del "New York Times", i dubbi del "New Yorker"
"La mia vicenda dice che qui ancora si difende la libertà"
ANTONIO MONDA


NEW YORK - L´uscita di The Dreamers negli Stati Uniti senza alcun taglio è caratterizzata da una vittoria importante di Bernardo Bertolucci nei confronti della censura imposta in primo luogo dal mercato, una retrospettiva completa dei suoi film organizzata al «Museum of Moving Image», ed un riscontro critico dell´ultimo film che va dall´entusiasmo del "New York Times" («Bertolucci è il più grande poeta cinematografico dell´erotismo, del narcisismo e dei bambini viziati») alle riserve del "New Yorker": una recensione a firma di David Denby, intitolata «They like to watch» esalta le «folgoranti idee di regia» (in particolare la scena in cui i protagonisti rivivono al Louvre una sequenza di "Band à part" di Jean Luc Godard) ma critica l´approccio «esplicito» di un «maestro che ha sempre adattato la tecnica alle proprie ossessioni» ricordando che la grandezza dell´"Ultimo tango" non è nelle scene di nudo, ma nella «rabbia e violenza emotiva dell´intera vicenda». Nel passaggio più velenoso dell´articolo arriva a dire che «si pensa con amarezza che il regista dà l´impressione di essere un direttore di circo che invecchia e gioca con la pornografia con degli adolescenti».
All´interno di questo dibattito su un film che lo stesso Denby ha definito come un´opera che «mette la cinefilia al centro della vita» si inserisce il decano della critica americana Andrew Sarris, il quale celebra sul "New York Observer" l´approccio da cinefilo («il lavoro di omaggio e montaggio fatto sul cinema del passato vale il prezzo del biglietto»), ma ritiene che il film non avrà in America lo stesso impatto dell´"Ultimo tango", che fu salutato sul "New Yorker" da Pauline Kael con una recensione che fece epoca: «l´importanza della prima di questo film è paragonabile alla prima rappresentazione della "Sagra della Primavera" di Stravinsky.
«Non commento mai le recensioni, e mi sottraggo alla discussione sia a quelle elogiative che a quelle meno benevole» spiega Bertolucci, «ritengo tuttavia che sia più interessante analizzare la vicenda del mio film riguardo a quello che è successo con la censura».
Cosa intende?
«Che in un primo momento The Dreamers sarebbe dovuto uscire in una versione tagliata. Poi ci sono stati infiniti dibattiti, ma io sono convinto che alla fine la saga sul "rating" si sia conclusa bene».
Lei ha rifiutato di tagliare alcune scene per ottenere la classificazione «R», ma così il suo film ha ottenuto un «NC-17», il divieto assoluto ai minori. Da un punto di vista commerciale è un handicap grave.
«Mi auguro ovviamente di no, e comunque lo vedremo nelle prossime settimane. Ma il discorso importante è un altro: per la prima volta una major accetta di distribuire un film vietato ai minori e quindi scommette sulla libertà espressiva dell´autore. Il dato ha una valenza che va ben oltre la mia vittoria personale e manda un segnale importante a tutte le altre major. The Dreamers esce in America con la Fox Searchlight, la divisione della Twentieth Century Fox che distribuisce il cinema personale e d´autore. Non esiste studio americano che non abbia oggi analoghe divisioni, e non esiste dirigente che non abbia seguito le vicende del film rispetto ad una scelta che influenzerà il rapporto odierno tra libertà di espressione ed esigenze commerciali».
Il film esce in America in un momento segnato da conflitti esterni ed un irrigidimento evidente sul piano delle libertà personali.
«Credo che alla base delle infinite discussioni sulla sorte statunitense del mio film c´era da parte dei miei interlocutori anche la consapevolezza di questo nuovo ordine sociale. Non posso che sottolineare l´importanza rassicurante del risultato, ed un segnale che inevitabilmente è politico in un paese che ha sempre difeso le libertà».
Dreamers ha avuto un´ottima accoglienza in Italia ma un riscontro deludente in Francia.
«Solo in parte: "Liberation" gli ha dedicato la prima pagina, e buona parte delle critiche sono state positive. Perfino "Le Monde", che era stato negativo in occasione del Festival di Venezia ha fatto una vera e propria retromarcia. Nelle sale invece il film è andato meno bene che in Italia, ma è interessante notare come la versione originale in inglese sia stata apprezzata molto più di quella doppiata in francese».
È un film che testimonia un grande amore per il cinema americano, sia di genere che d´autore.
«È un amore che non ho mai nascosto: tra i cineasti odierni penso ad esempio a Scorsese, che considero tra i più grandi in assoluto, o ai registi che cito nel film, come Fuller».
Lei inserisce anche una discussione su chi sia più grande tra Keaton e Chaplin. Oggi come la pensa?
«Per molti anni ho privilegiato Keaton, come esempio di cinema puro. Poi mi sono stato conquistato dalla grandezza di Chaplin. Ora non riesco a fare differenza. Quello che ho capito è che nella vita si cambia».