giovedì 12 febbraio 2004

un articolo di Livia Profeti
sulla legge sulla fecondazione assistita

clicca qui per vedere l'articolo sul sito dove esso è stato pubblicato

Fondazione Di Vittorio (CGIL)12.2.04
Fecondazione assistita
La libertà negata dalla legge che tutela l'embrione
di Livia Profeti


Il Parlamento italiano ha approvato la legge sulla fecondazione assistita, una legge che, accogliendo le richieste della chiesa cattolica, afferma nel primo articolo la tutela prioritaria dell’embrione.
Fino al varo di questa legge si poteva sostenere che fosse solo l’esecutivo attuale ad essere cieco e sordo di fronte ai problemi concreti della popolazione, ora, tristemente, si può sospettare che anche la maggioranza dei componenti il Parlamento, indipendentemente dai loro diversi schieramenti politici, non rifletta, almeno per quanto concerne le problematiche etiche, il sentire comune della società civile.

Infatti, secondo i più recenti sondaggi, il numero dei cattolici praticanti è una minoranza del paese in costante diminuizione, ma anche la stragrande maggioranza delle persone che si dichiarano cattoliche intendono il senso religioso in un modo sempre più personale, svincolato nei comportamenti dalle indicazioni ecclesiastiche. Tutto questo però per 277 parlamentari, tra i quali anche alcuni dell’opposizione (Rutelli in testa), non conta. Quello che conta è la “tutela prioritaria dell’embrione” voluta dalla chiesa cattolica.

In base a questa volontà religiosa si è negato qualcosa che dovrebbe essere ovvio dopo più di 200 anni trascorsi dalla rivoluzione francese: la libertà privata. Ed ora in Italia esiste una legge che vieta alle persone che vogliono avere figli di accedere alle conquiste della scienza, che vieta alle persone malate di sperare, per la loro vita, nei progressi di quella stessa scienza. Come ai tempi di Galileo, Copernico, Giordano Bruno, un capo religioso sentenzia “tu non puoi”, e gli uomini obbediscono. Le donne meno, però non contano, e quindi la legge passa lo stesso.

E’ un errore però considerare che questa legge violi solo i diritti delle donne, perché in realtà essa coarta i diritti di entrambi i sessi, o meglio ancora, del rapporto tra i due, in quanto è la sfera stessa della sessualità interumana ad esserne attaccata, perché secondo il fondamentalismo cattolico di casa nostra fare l’amore deve servire solo alla procreazione: uomini e donne, a letto, si devono solo riprodurre, come gli animali. E che non passi il sospetto che, se per fare figli può bastare una fecondazione in vitro, allora forse per gli essere umani fare l’amore potrebbe servire ad altro. Per far scattare questo dubbio basterebbe l’ovvia constatazione che la specie umana su questo è piuttosto particolare: può scegliere se, come e quando fare l’amore, a differenza delle altre specie animali che non “fanno l’amore”, bensì “si accoppiano”, solo se, come e quando la loro biologia glielo consente, per riprodursi.
Questa legge quindi si pone come ostacolo alla possibilità che donne e uomini, insieme, scoprano” una sessualità senza il fine di “produrre” un bambino, una sessualità apparentemente senza scopo, ma che potrebbe condurci ad un amore e ad una conoscenza dell’altro che ci renderebbe meno violenti verso il “diverso” in genere.

Dunque non solo le donne, però bisogna ammettere che la resistenza in questo senso non è stata uguale tra i parlamentari dei due sessi. Mentre gli uomini sono sembrati un po’ più inclini ad accettare questo volere “sacro”, le donne di entrambi gli schieramenti politici lo sono state decisamente di meno. Se volessimo cercare di comprendere questo fenomeno aldilà della considerazione ovvia che il problema maternità indubbiamente tocca maggiormente la sensibilità femminile, dovremmo connettere a quanto detto una ulteriore riflessione che parte dalle seguenti questioni: perché la tutela “prioritaria” dell’embrione? Un embrione è un essere umano? Cosa fa di un essere umano un essere “umano”?

La concezione laica e moderna di umanità affonda le sue radici nel valore illuminista di un’uguaglianza basata sulla centralità della ragione, e quindi sull’elaborazione della originale definizione greca di essere umano come animal rationale, secondo la quale né la donna (passionale e domestica), né il bambino (senza coscienza), lo erano.
Da un punto di vista strettamente teorico a questo scotoma filosofico di non riconoscere la natura umana aldilà della razionalità e del linguaggio (che se si fosse tradotto in legislazione avrebbe dato il diritto di uccidere bambini e donne come fossero polli), ha rimediato per millenni la religione cristiana con l’assunto che l’essere umano è tale sin dal concepimento, anzi no, dallo sperma, oppure chissà, forse dal momento stesso che a un uomo o una donna viene in mente di fare l’amore? Insomma, quando? E perché? Non è dato saperlo, perché la vita appartiene a dio e dio, si sa, è imperscrutabile. E siccome è imperscrutabile è meglio andare sul sicuro.

Passi per i cattolici, ma possibile che a nessun “illuminista” o “materialista” venga in mente di porsi seriamente la domanda? Eppure non sembra una questione di secondaria importanza. Al momento del concepimento, a tre mesi da questo, a sei … Si pensa a un’infinità di variazioni, ma ben pochi pensano, almeno solo per riflettere, ad una cosa che sembrerebbe ovvia: nel continuum temporale dello sviluppo esiste un momento di assoluta cesura, la nascita.
Da un punto di vista filosofico, nella modernità solo Hannah Arendt, inascoltata, ha dato importanza a questo fatto. E, non a caso caso, dopo il totalitarismo nazista e i suoi campi di sterminio, quell’evento che, nelle sue parole, ha rischiato di «distruggere l’essenza dell’uomo», e che, sorgendo nel cuore di una cultura che riteneva, evidentemente a torto, di aver ormai acquisito gli ideali umanitari, ha dimostrato ineluttabilmente che «la dignità umana ha bisogno di una nuova garanzia».
Chi scrive ritiene che la Arendt abbia cercato questa “nuova garanzia” nella categoria fondante della nascita, una categoria che, come sostiene il filosofo Hans Jonas, è stata «curiosamente trascurata nella riflessione tradizionale sul nostro essere»(1).
Al contrario la Arendt ha sostenuto che alla base di tutte le attività specificamente umane ci sia la cosiddetta «facoltà del cominciamento», quell’«abisso di pura spontaneità» aperto dall’evento della nascita umana, la quale, rispetto alla nostra nascita biologica, si pone «come una seconda nascita». Agostino d’Ippona è, a parere dell’autrice, l’unico filosofo nell’ambito della cultura occidentale che abbia messo in evidenza il valore della nascita umana, sostenendo che «il tempo e l’uomo furono creati insieme, e tale temporalità era confermata dal fatto che ogni uomo deve la sua vita non semplicemente alla moltiplicazione della specie, ma alla nascita, l’ingresso di una creatura nuova che, come qualcosa di completamente nuovo, fa il suo ingresso nel mezzo del continuum temporale del mondo. Lo scopo della creazione fu di rendere possibile un inizio […] La capacità stessa del cominciamento ha le sue radici nella natalità».

La Arendt però non ha fornito chiarimenti circa questa “misteriosa” facoltà umana, anzi, ha ammesso di essere «del tutto consapevole che anche nella versione agostiniana l’argomento resta in certo qual modo poco trasparente»(2). Nonostante questo è rimasta sempre pervicacemenrte convinta della grande importanza politica della categoria della nascita.
Per percorsi completamente diversi uno psichiatra italiano, Massimo Fagioli, ha invece formulato una teoria precisa sulla fisiologia della mente umana fondata sulla nascita (3), la quale parimenti garantisce l’uguaglianza di tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro età, sesso, capacità di “fare” o “dire”. Inoltre la dinamica fagioliana della nascita può fornire importanti spunti di riflessione sul tempo umano, sino ad ipotizzare, come aveva intuito Hannah Arendt, che essa sia la condizione di possibilità della storia stessa, perché ciascuna nascita apre il tempo di una storia esistenziale e fonda le sue categorie psichiche: il passato come traccia mnesica del liquido amniotico, il presente come immagine interna, il futuro come speranza e desiderio.
Tempo lineare e libertà, non potrebbero essere queste le caratteristiche fondamentali che fanno di un essere umano un essere “umano”? E in ogni caso, non sarebbe il caso di tornare a riflettere su queste questioni piuttosto che piegarci, proni, ai dettami di un ordine religioso che vorrebbe imporci se, come e quando fare figli, se, come e quando fare l’amore?
(1) Hans Jonas, Agire, conoscere, Pensare: spigolature dall’opera filosofica di Hannah Arendt in “aut-aut” 239-240, settembre-dicembre 1990, p. 51.

(2) Le citazioni di Hannah Arendt sono prese da:
- Le origini del Totalitarismo, Edizioni di Comunità, Torino 1999, pagg. LXXXI;
- La vita della mente, Il Mulino, Bologna 1987, pp. 545-546.

(3) Massimo Fagioli: Istinto di morte e conoscenza, Nuove Edizioni Romane, Roma 2002; La marionetta e il burattino, Nuove Edizioni Romane, Roma 2002; Teoria della nascita e castrazione umana, Nuove Edizioni Romane, Roma 2003.