domenica 7 marzo 2004

Cina

Apcom) 06/03/2004 - 18:55
CINA: GOVERNO IN LOTTA CONTRO SURRISCALDAMENTO ECONOMICO
di Maria Weber

docente di Relazioni internazionali e Politica comparata all'università Bocconi


Roma, 6 mar. (Apcom) - Cifre da fare invidia a qualunque ministro delle Finanze. Sono quelle rese note oggi dal ministro cinese Jin Reqing e da Ma Kai, capo della commissione per lo Sviluppo economico; i due, rivolgendosi all'Assemblea Nazionale del Popolo, hanno annunciato che nel 2004 il pil della Repubblica popolare sarà in crescita del 7%, il deficit rimarrà stabile, le spese per l'agricoltura aumenteranno del 20% e quelle per la difesa dell'11,6%. L'espansione economica cinese procede quindi a grandi falcate, suscitando più di qualche preoccupazione presso i rappresentanti delle altre grandi economie del mondo. Ma in che modo si articola questa ascesa? E in che direzione si muove il governo cinese? Maria Weber, docente di Relazioni internazionali e Politica comparata all'università Bocconi, collaboratrice del sito Lavoce.info e autrice di numerosi scritti sulla Cina, ravvisa due punti fondamentali nelle scelte dell'esecutivo: il tentativo di evitare il 'surriscaldamento della crescita' e l'esigenza, impellente, di risolvere la grave questione della disoccupazione.

"Negli ultimi anni - spiega Weber - la crescita si è fatta sempre più tumultuosa, e nel 2003 ha raggiunto il 9%. Il premier vuole arginare alcuni aspetti di questo fenomeno, in primis l'incremento del credito interno legato al settore edile, che si sta espandendo a ritmi rapidissimi sulla scia del forte sviluppo urbanistico. Inoltre bisogna rilevare che c'è un forte squilibrio tra l'entroterra del paese e la costa, e il divario diventa addirittura spaventoso se si confrontano le zone rurali e quelle urbane. Almeno due terzi degli 800 milioni di abitanti nelle zone rurali vive infatti al di sotto della soglia di povertà, ossia con meno di un dollaro al giorno. Il premier vuole rimediare a questa situazione detassando i contadini e investendo in modo massiccio nell'agricoltura".

"Il secondo aspetto - prosegue la studiosa - riguarda la disoccupazione, soprattutto presso gli ex dipendenti delle aziende di Stato. Esistono delle aziende statali che sono state rinnovate bene, soprattutto nei settori strategici come le telecomunicazioni, ma altre hanno prodotto solo disoccupazione: si calcola che 70 milioni di ex dipendenti statali siano rimasti senza lavoro. Un numero impressionante - osserva -, ma occorre ricordare che ogni anno bisognerebbe creare 30 milioni di nuovi posti solo per assorbire i giovani che entrano nel mercato del lavoro. Il disoccupato statale è molto spesso sull'orlo della pensione e ha un livello di formazione e di specializzazione molto basso, per cui è difficile che riesca a trovare un nuovo collocamento. Il governo sta quindi cercando di introdurre dei sistemi, che io chiamo "camere di compensazione", che al posto degli ammortizzatori sociali consentano un livello minimo di sussistenza, poiché ci sono delle regioni in cui tre lavoratori su cinque sono disoccupati".

Finanziamento a difesa non ha finalità offensiva

Roma, 6 mar. (Apcom) - In primo piano spicca inoltre la questione del sistema bancario, "ancora molto controllato dallo Stato", che "negli anni '90 ha dovuto finanziare numerose aziende statali in perdita, al punto che nel 2003 la banca centrale ha stanziato 45 miliardi di dollari per risollevare le banche, che avevano accumulato una quantità enorme di non performing loans". Uno dei problemi maggiori dei leader cinesi è quindi quello dei prestiti in sofferenza, che ammontano a 240 miliardi di dollari.

"Una novità di rilievo - prosegue Maria Weber - riguarda invece le forme di tutela della proprietà privata, che andrebbero a modificare la Costituzione del 1949. Non è altro che una presa di coscienza, da parte della politica, di ciò che avviene nella realtà, anche se le aziende non statali non sono necessariamente private, e talvolta sono organizzate come cooperative. La crescita economica è stata quindi trainata dalla crescita delle imprese non statali, che oggi sono 2 milioni e 400 e impiegano 130 milioni di lavoratori".

L'annunciato aumento delle spese riservate alla difesa riflette, per Weber, la "consapevolezza della necessità di un esercito moderno, e non, come alcuni pensano, una volontà offensiva. Non bisogna dedurne che la Cina voglia diventare aggressiva oppure attaccare Taiwan. Una cosa, quest'ultima, che a mio avviso non farà mai, anche perchè la convergenza economica tra Cina e Taiwan è ormai tale da rendere molto improbabile qualunque soluzione armata dell'annosa controversia tra le due entità cinesi".

Infine, in materia di politica monetaria, "il cambio fisso tra yuan e dollaro esiste da 10 anni, nonostante le forti pressioni esercitate per ottenere almeno delle bande d'oscillazione più ampie. Lo yuan - spiega la studiosa - è sottovalutato, secondo alcuni esperti tra il 20 e il 40%, e ciò risulta comodo per le aziende che producono in Cina per poi esportare. Il governo è sempre stato attento a non lasciare un'oscillazione troppo ampia sul dollaro, e men che meno ha contemplato l'ipotesi della convertibilità. Bisogna ricordare - conclude - che la Cina è il secondo paese al mondo per riserve in valuta estera, dopo il Giappone, che proprio oggi ha annunciato di aver raggiunto la quota di 770 miliardi di dollari".

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