mercoledì 24 marzo 2004

i classici dell'arte del '900

Corriere della Sera 24.3.04
I colori di un secolo
PICASSO
dietro foto e design
di Carlo Arturo Quintavalle


Come capire l’arte contemporanea, quella del secolo appena trascorso, quella dell’astrazione, quella delle forme sconvolte, dei colori violenti, quella delle immagini sospese, estraniate, quasi dei sogni rappresi davanti a noi? In ogni tempo l’arte ha raccontato le ideologie, le immagini hanno trasmesso agli altri quello che era il progetto, la volontà del potere, ma adesso da oltre un secolo, l’arte esprime tensioni diverse, quelle contrapposte delle diverse classi. Gli artisti, che non sono più una élite, che vivono insieme a tutti, che non dipingono per il «principe», dialogano con un pubblico molto ampio, scoprono le idee degli intellettuali più avanzati, dunque vogliono gettare un ponte verso tutti coloro che l’arte non l’hanno ancora conosciuta, oppure verso coloro che vivono esistenze parallele, filosofi, musicisti, psicoanalisti, e che sentono l’arte come un grande problema umano, ma anche civile. Si chiamava «Il ponte» quel movimento sorto nel 1905 a Dresda che con Heckel, Kirchner, Nolde, voleva collegare artisti e grande pubblico, ed erano stati battezzati «Fauves», fiere, in senso dispregiativo, quegli artisti a Parigi che, da Matisse a Braque a Dérain, rivoluzionavano col colore violento l’immagine. Oggi c’è chi continua a giudicare l’arte di un intero secolo pensando alla tradizione accademica, quella dall’arte greca al Neoclassico, ma loro, i pittori del ’900, hanno creato un’arte che parla a tutti, aprendo un dialogo nuovo con le ideologie, naturalmente quelle rivoluzionarie.
Pensate, i futuristi sognano, da Boccioni a Balla, la trasformazione delle macchine nell’Italia contadina e savoiarda prima del 1915; i cubisti, con Picasso e Braque, scompongono le forme, inventano il tempo dentro la pittura attraverso la filosofia di Henry Bergson e, forse, alludono anche alla teoria della relatività di Einstein. Un russo e un tedesco, Wasilij Kandinsky e Franz Marc, pubblicano a Monaco nel 1912 un almanacco, «Il cavaliere azzurro» che vuole il ritorno al primitivo, all’originario, un sogno che hanno in comune con i musicisti, come Schriabin e Mussorskij, e dove primitivo coincide anche con popolare.
Mentre i cubisti e i pittori della Brùcke puntano sull’arte negra, Chagall reinventa la sua pittura pensando al perduto villaggio ebreo Vitebsk e alle fiabe di un popolo di esclusi, e uno svizzero, Paul Klee, ritrova nel segno grafico ridotto, nella immagine infantile, un senso nuovo, concludendo anche se in lui, molte volte, questo mondo si fa disordine, cosmica angoscia. Certo, le avanguardie sono anche tensione politica, violento contrasto, sempre contro l’accademia, ed è questo il senso della rivolta proposta in Russia da Malevitch, Tatlin, la Gonciàrova, la Exter fra il 1917 e il 1925 circa, tutti poi messi a tacere da Stalin. Essi volevano dunque creare un’arte per il mondo contadino e operaio usando le antiche lingue popolari, la fiaba, le immagini dei popoli più lontani dall’arte del civile Occidente, per loro l’arte doveva cambiare il mondo.
L’arte del ’900 è dunque rivoluzione, spesso più efficace di quelle armate. Si pensi a Giorgio De Chirico che trasferisce il vuoto senza tempo della riflessione di Nietzsche nell’arte fra il primo e secondo decennio, creando un modello di immagine - estraniata - che sarà ripreso nel film, nelle pubblicità, fino ad oggi. Lo capisce anche Marcel Duchamp per il quale arte è inventare qualsiasi oggetto come arte, nel nome, ancora una volta, del rifiuto della figura, delle forme banali che si copiano dal vero. Per capire l’arte di oggi dobbiamo pensare alla musica, infatti Kandinsky dialoga con Schönberg, l’uno inventa la pittura astratta, l’altro la musica atonale, che innervano il mondo di oggi.
Ma l’arte del ’900 è stata molto di più di questo, è stata avanguardia della libertà, Picasso con Guernica, certo, ma, prima di lui, tutti coloro che hanno vissuto l’arte come mezzo per scoprire l’inconscio, da Max Ernst a Magritte, oppure l’arte come mediatrice fra le lingue e le culture. Dobbiamo conoscere l’arte del ’900 perché è la chiave del mondo contemporaneo, sono qui infatti le matrici delle immagini che ci circondano, dai manifesti alle fotografie, dalle architetture al design.
L’arte del ’900 evidenzia la crisi di un mondo, quello tradizionale, ma scopre nuovi mondi, dove l’arte dei popoli un tempo subalterni trionfa: il mito del primitivo ha trasformato l’Occidente.