Le Scienze maggio 04
Il tempo prima del tempo
di Enrico Bellone
Ci sono domande che sembrano non avere età. Esistono, infatti, sin da quando Homo sapiens ha lasciato documenti scritti sulla natura circostante. Hanno cambiato forma di generazione in generazione: ma la loro sostanza è un’invariante dei nostri codici di comprensione, e tale rimane anche nei periodi in cui questi codici subiscono mutamenti forti.
Nell’età di Galilei si stampavano immagini in cui un essere umano cercava di far passare un’asticciola o una mano al di là dei confini dell’universo. E l’immagine conteneva un quesito che ancora oggi permane nel senso comune: ovvero, se il cosmo ha un confine, quali cose popolano lo spazio situato al di là del confine stesso? Nel 383 a.C. nasceva a Stagira il grande Aristotele, secondo il quale il mondo non aveva avuto un principio. Il cosmo era eterno, e non aveva allora senso parlare di un istante iniziale prima del quale non fosse esistito il tempo. Anche oggi, quando qualcuno parla dell’universo in espansione, molte persone si chiedono che cosa c’era prima del big bang, e dove stava. E quando si dice «prima», «che cosa» e «dove», si evocano il tempo, la materia e lo spazio. Come aveva scritto Einstein, nel nostro linguaggio siamo abituati a usare queste tre parole come nomi di entità che si possono pensare come se fossero tra loro indipendenti. Ed è noto che, a suo avviso, avremmo dovuto invece imparare a dire, più semplicemente, che «il mondo è, e non diviene». Una lezione difficile da apprendere, anche nella chiave ottimistica per cui, come Einstein annotava, la scienza è un affinamento del senso comune, anche quando ci appare da esso estranea.
Se ora torniamo al big bang, incappiamo in buone ragioni per credere che si stiano aprendo nuovi scenari post-einsteniani. Ce ne parla Gabriele Veneziano nell’articolo che pubblichiamo a pagina 40. È un articolo che esce in contemporanea con «Scientific American», e che si inserisce nel quadro dei contributi che la nostra rivista regolarmente dedica al problema cosmologico. Vi si inserisce con una doppia valenza: è innovativo, ed è scritto in modo magistrale. Per quanto riguarda l’aspetto innovativo, veda il lettore. Ricordando però che, se oggi si può discutere in forme nuove del big bang, ciò dipende dal fatto che sul finire degli anni sessanta fu lo stesso Gabriele Veneziano a elaborare un modello sulle particelle nucleari che sta alla radice della teoria delle stringhe. Sulla magistralità, essa poggia sulla semplicità argomentativa. Veneziano dimostra infatti che si può scrivere bene di faccende intricate, a patto di conoscere benissimo il problema e di voler farsi capire.
Capire da chi? Da tutti coloro che, pur non lavorando sulle frontiere della fisica, possiedono quella cultura di sfondo che consente loro di porsi domande profonde e di cercarne non soluzioni definitive tra le braccia di qualche filosofia prima, ma soluzioni sempre più generali nella tradizione classica della filosofia naturale. La tradizione, per l’appunto, degli Aristotele, dei Galilei e degli Einstein.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»