venerdì 7 maggio 2004

«Cesare o dio?»
la vocazione teocratica di cristianesimo e islamismo

La Stampa 7.5.04
IL WORLD POLITICAL FORUM OGGI ALLA KERMESSE TORINESE. TEMA: STATO E RELIGIONI, RAPPORTO DI INCONTRI E SCONTRI
PADRONI del SACRO
di Mario Baudino


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Il filosofo Emanuele Severino porta al dibattito una analisi piuttosto spietata su quella che chiama la "vocazione teocratica" delle religioni. "È indubbia per l'Islam - dice -, ed è meno accentuata in altri culti, ma ben presente nella tradizione cristiana". Non come qualcosa di estraneo al messaggio evangelico. Anzi: "Sta proprio nell'affermazione di Gesù di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio".
Questa frase è stata letta perlopiù come un rivoluzionario invito alla divisione dei poteri, ma una lettura del genere, spiega Severino, rappresenta solo "l'intenzione esplicita della Chiesa, a partire da quanto diceva San Tommaso sull'autonomia di fede e ragione. Nonostante questo, il cristianesimo in sé persegue una teocrazia, e i fondamentalismi ne sono la prova. A Cesare non si può dare qualcosa che sia contro Dio, perché Gesù dice anche che non si possono servire due padroni, Dio e mammona. Quindi lo Stato non può essere contro Dio, e Cesare non può che essere cristiano". Per il filosofo Ragione, Stato, Fede, Dio sono le categorie su cui si sviluppa la nostra storia. E il modo in cui si strutturano ci riguarda da vicino. "Il nemico dell'Islam non è allora l'Occidente, cui peraltro appartiene. È la contemporaneità filosofica che dice: "l'agire umano è destinato a procedere senza vincoli". Sembra un problema antico, e invece è attualissimo: Cesare e Dio, Cesare o Dio?
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