domenica 9 maggio 2004

«l'indifferenza di Caino»

Corriere della Sera 9.5.04
L’indifferenza di Caino
di ENZO BIAGI


Tema di questi giorni: la tortura. Protagonisti: gli Usa. Vittime della crudeltà: i prigionieri iracheni. Certe storie si ripetono. Trent’anni fa, a Parigi, andai a trovare Henri Alleg, alla redazione dell’ Humanité . Lo avevano arrestato ad Algeri durante l’estate 1957. Fu preso dai paracadutisti di Massu, lo portarono a El Biar, che era un posto di raccolta per quelli del Fronte di liberazione.
Alleg, piccolo, un po’ rotondo, sorridente, mi raccontò: «I fatti? Venivamo denudati, legati a un’asse marcia per i vomiti di quelli che c’erano passati prima, e poi lasciati così per ore, con certi tipi attorno che ci incitavano a parlare. Speravano bastasse la paura. Niente? E allora si passava agli esercizi, all’elettricità. Appendevano il prigioniero per i piedi, lo bruciavano con torce di carta: lo hanno fatto anche con me. Quando si sono contemplate delle cose orribili, quando le hai guardate, vissute su di te, si spera soprattutto che ciò non debba mai accadere ai tuoi figli, a nessuno su questa terra».
Ne parlai con Pierre Vidal-Naquet: insegnava storia romana all’università e aveva pubblicato un saggio sul problema. «Sono le ideologie stesse che prendono un aspetto totalitario. Si può torturare quando si crede di avere ragione, e sono molti quelli che credono di essere possessori della verità. E, quando si è tutori di una certezza, si ha la tendenza a imporla a chi non la riconosce».
La sociologia, la psicologia, la scienza spiegano quasi tutto, anche l’indifferenza e lo spirito di legittimità di cui è pervaso Caino che in qualche modo si presenta addirittura nelle vesti del salvatore e sempre dell’idealista.
Si è inventato anche un linguaggio: in gergo militare si dice «assumere informazioni», in quello giuridico e poliziesco «porre domande»; «torturare» è un verbo che si coniuga soltanto riferito ad altri.