giovedì 24 giugno 2004

cultura tolemaica 2:
alcuni articoli dal Corsera

Corriere della Sera 24.6.04
GLI ITALIANI Ansioso 1 su 3


Un italiano su tre soffre di ansia o depressione e uno su due ne ha sofferto almeno una volta. Lo rivela un’indagine dello psichiatra Marcello Nardini dell’Università di Bari su un campione di oltre duemila persone
I MODI : Insonnia e fobie. L’ansia si presenta sotto forma di tensione, preoccupazioni, insonnia, difficoltà a concentrarsi, attacchi di panico, fobie
LE CURE: I farmaci. Sono efficaci varie forme di psicoterapia, in particolare la cognitivo comportamentale. I farmaci sono di aiuto, purché sotto stretto controllo

Corriere della Sera 24.6.04
Addio alla paura, il segreto nel cervelletto
Ricerca italiana scopre nei topi la proteina che fa ricordare i traumi. «Potrebbe servire contro l’ansia»
di Margherita De Bac


Un brutto incidente, una violenza sessuale, uno scippo. La reazione a esperienze sgradevoli è la paura. E la paura genera ansia. Quando ci ritroveremo in una situazione che richiama esperienze già vissute, o avremo il timore di riviverle, saremo colti da un senso di angoscia, con ricadute a livello psichico. Colpa della memoria. La «memoria della paura». Uno studio pubblicato sull’ultimo numero della rivista internazionale Neuron fa intravedere una cura (tutta da verificare e comunque lontana) per cancellarla. Per impedire che ricordi traumatici vengano immagazzinati, processo che richiede due o tre giorni a partire dall’evento. Scienziati italiani hanno infatti scoperto nel cervelletto del topo la funzione di una proteina la cui assenza determina la rimozione dei ricordi recenti. In parole semplici, gli animaletti geneticamente privi di questa sostanza non imparano la paura. «Sia chiaro, è molto prematuro immaginare una pillolina antiansia - evita ogni tipo di semplificazione Piergiorgio Strata, neurologo di Torino che ha coordinato la ricerca condotta presso la Fondazione ricerca Santa Lucia, a Roma -. Però è molto importante aver individuato il meccanismo che permette di dimenticare». La pasticca, se davvero venisse sintetizzata, funzionerebbe un po’ come la pillola del giorno dopo, che annulla il rischio di gravidanza dopo un rapporto sessuale. Esempio: torno a casa la notte, dall’ombra spunta un uomo che mi aggredisce. Il giorno successivo prendo il farmaco e prevengo l’ansia che mi catturerebbe scorgendo in un’altra occasione un’ombra nella notte, seppur innocua.
Strata si è sempre occupato del cervelletto, una regione cerebrale che, come hanno confermato una serie di studi recenti, non solo sovrintende ai movimenti, ma allo stesso tempo coordina alcune funzioni superiori, psichiche. E’ coinvolto anche nelle emozioni. In questo piccolo organo è stata individuata una sinapsi, cioè il punto di contatto tra due neuroni, che produce una proteina essenziale per la memoria. Di fronte a un evento che innesca paura questa proteina si trasforma e la sua trasformazione resta evidente almeno per le successive 24 ore. I topi che geneticamente non la possiedono hanno la fortuna di rimuovere i traumi, di non immagazzinarli. «In teoria riproducendo lo stesso meccanismo nell’uomo si potrebbe fargli dimenticare le esperienze spiacevoli che sono alla base di ansia, nevrosi, sindromi post traumatiche. In questo caso si cancellerebbe un ricordo molto recente, non le paure innate che costituiscono la nostra difesa contro i pericoli dell’ambiente», spiega Strata. La ricerca, fa notare Carlo Caltagirone, direttore scientifico della Fondazione Santa Lucia, è stata possibile anche dal fatto che «la Fondazione, attraverso l’Istituto europeo di ricerche sul cervello, l’Ebri, ha stabilito una rete di laboratori con progetti in comune per lo sviluppo di tematiche che difficilmente un unico gruppo potrebbe portare avanti».
Strata sta lavorando con un gruppo giapponese che ha messo a punto una molecola sintetica capace di inattivare la proteina che fa sedimentare la paura. Verrà provata su topi sani per verificare se davvero si riesce a prevenire l’ansia.

Corriere della Sera 24.6.04
IL VALORE DELL’ESPERIENZA
di Massimo Piattelli Palmarini


Puntualmente, le notizie dal mondo della biologia ci ricordano che, grazie alle raffinate tecniche di ingegneria genetica, le specie viventi costituiscono ormai una biblioteca di testi complessi, che i ricercatori più smaliziati riescono non solo a leggere, ma anche a riscrivere, fino nei minuti dettagli. Nell’ultima ricerca pubblicata su Neuron si parla di topi geneticamente manipolati, i quali risultano incapaci di ricordare eventi spaventosi recentemente subìti. Già si sapeva che la memoria duratura di un evento si basa su modificazioni chimiche ed elettriche stabili di alcune connessioni nervose, cioè di alcune sinapsi. Il meccanismo principale di tale modifica consiste nella sintesi e nella fissazione, sulle membrane delle cellule nervose, di particolari proteine. Bersaglio della ricerca del gruppo torinese è la proteina codificata da un gene chiamato GRID2. Modificando questo gene, e quindi il suo prodotto, l’animale impara sul momento la reazione di paura acquisita, ma poi la dimentica. Continuano a funzionare le associazioni paurose innate, come quelle a un colpo di pistola o alla presenza di un serpente, ma gli abbinamenti nuovi, per esempio con uno shock elettrico o un elevato livello di rumore, si disciolgono abbastanza rapidamente nel tempo in questi topi mutanti. Il centro cerebrale specificamente coinvolto è il cervelletto, tradizionalmente ritenuto il direttore d’orchestra per la coordinazione dei movimenti, soprattutto nella marcia e nella corsa, ma recentemente accreditato anche per un controllo di connessioni per svariate altre funzioni, compresi alcuni compiti linguistici. Il suo coinvolgimento nella formazione e la stabilizzazione delle memorie a lungo termine è il risultato scientifico più notevole di questa nuova scoperta.
Il cervelletto dialoga con la cosiddetta amigdala, ben noto centro cerebrale molto profondo, molto antico, che i mammiferi hanno in comune con i rettili. L’amigdala è notoriamente connessa con la paura, l’ansietà, i segnali di pericolo, la reazione ad un animale che si avvicina troppo e, come recentemente mostrato, nell’uomo, anche al dispiacere di perdite economiche. Alcune patologie dell’amigdala inducono, negli esseri umani, autismo, depressione e particolare suscettibilità ad attacchi di ansia. Il gene adesso manipolato dagli studiosi italiani è coinvolto nelle connessioni tra cervelletto ed amigdala e si rivela indispensabile al processo di memorizzazione e apprendimento attraverso esperienze paurose. I film di fantascienza ci hanno abituato ad immaginare situazioni nelle quali memorie particolari vengono impiantate o rimosse chimicamente dall’esterno. Questa scoperta rimuove un po’ del prefisso «fanta» e avvicina tali possibilità almeno di un primo timido passo, verso la scienza vera e propria. Il gene in questione è presente, infatti, anche nell’uomo ed esso assomiglia a quello del topo per ben l’ottanta per cento, nella sua sequenza di Dna, e le sue sregolazioni sono legate a una patologia chiamata atassia cerebellare. Inevitabile domandarsi se si avrebbe il diritto, potendolo fare, di rimuovere selettivamente certe memorie spaventose dal nostro cervello e dalla nostra mente.
Le memorie fanno parte integrante di ciò che costituisce una persona come quella persona e sono parte della nostra privata sensazione di identità. Inoltre, ci serve imparare dalle memorie delle nostre esperienze molto negative. Manipolarle appare, quanto meno, di dubbia legittimità etica, perfino se lo facessimo con il pieno consenso dell’interessato. D’altro canto, i reduci dalle guerre, le prigionie, le torture, i sequestri e altre immense sciagure limitate nel tempo, spesso trovano arduo reinserirsi in un’esistenza normale. In tali casi estremi, si sarebbe tentati, se mai tale tecnologia divenisse veramente accessibile, di rimuovere selettivamente i ricordi spaventosi.
Il professor Strata si dichiara prudentemente favorevole, in linea di principio, a tali interventi, in casi estremi. Una volta di più, l’etica delle manipolazioni genetiche e farmacologiche stenta a seguire il passo delle ricerche. Dovremo procedere caso per caso, soppesando anche le possibili controindicazioni cliniche, per ora del tutto ignote. Chi beveva per dimenticare, forse, inconsapevolmente e goffamente, anticipava solo i tempi.