mercoledì 22 settembre 2004

Cina

Liberazione 22.9.04
Come sarà la Cina di Hu senza Jiang?
ANGELA PASCUCCI (il manifesto 21.9.04)

Sarà nuova era? Con tutto quello che è accaduto in Cina negli ultimi 25 anni, sembrano improbabili nuove, radicali svolte determinate dalle dimissioni di Jiang Zemin dalla guida della Commissione militare centrale, accettate domenica, con tanti ringraziamenti, dal Comitato centrale del Pc riunito per quattro giorni in un Plenum a porte chiuse.
E' certo tuttavia che un'era si chiude, con il completamento della transizione del potere dalla Terza alla Quarta Generazione politica, una delle più pacifiche mai vissute dalla Cina moderna. Hu Jintao, il 61enne leader ancora tutto da scoprire, è arrivato infine davvero al vertice di tutto: esercito, partito, stato. Gli ci sono voluti due anni, ma non era detto che tutto andasse così liscio. Da tempo uscivano dalle segrete stanze voci di scontri al vertice, provocati dalla volontà di Jiang di non cedere il proprio potere come capo della forza militare più vasta del mondo (2,5 milioni di uomini), in piena transizione quanto configurazione e strategia, in un'evoluzione geostrategica mondiale che assegna alla Cina un ruolo crescente e cruciale.
Infine Jiang ha ceduto. Più per pressioni esterne che per convinzione propria, anche se lasciava circolare la voce di pessime condizioni di salute. Diversi episodi avevano fatto capire all'anziano leader quanto sgradita sarebbe stata la sua riconferma fino al 2007. Un ritocco ben studiato lo aveva cancellato da una fotografia in cui Hu Jintao era ripreso insieme a Deng Xiaoping. Poi era trapelato lo scandalo di una cantante a lui vicina che, grazie a potenti buoni uffici, aveva ottenuto per una serata quanto 200 contadini cinesi guadagnano in un anno.
La lettera di dimissioni datata 1 settembre è stata resa nota ieri, quando il conclave le ha accettate. Un lungo comunicato ufficiale ha spiegato che «il Plenum all'unanimità concorda che il cambiamento condurrà al rafforzamento del principio fondamentale e del sistema di assoluta leadership del partito sui militari». Nonostante il lessico farraginoso, il Plenum non poteva essere più chiaro nel consegnare a Hu l'ultima chiave del potere, tanto più che il medesimo alla vigilia del consesso aveva tenuto a rassicurare tutti dichiarando il suo rigetto per il modello democratico occidentale che porterebbe il paese «in un vicolo cieco», criticando al tempo stesso l'esercizio del potere assoluto «senza supervisione e senza limiti». Perché così è Hu, animale di Partito e convinto che solo nella dialettica interna a questo possano e debbano trovare soluzione gli immensi problemi sociali, economici e politici che assediano la Cina. Una scommessa azzardata che Hu cerca di vincere senza badare ai modi. Direttori e giornalisti attribuiscono a lui una pesante stretta dei controlli sui media ed è certo che sia stato lui a decidere un duro giro di vite on line che spedisce in galera chi critica in Internet il governo.
Ma proprio le difficoltà del tempo presente devono infine aver convinto il Pc che qualunque antagonismo al vertice poteva essere pericoloso, e che Jiang, chiamato a «salvare» il paese nel momento terribile del massacro di Tienanmen, aveva fatto il suo tempo. Così tanto che non è riuscito neppure a collocare il suo grande protetto Zheng Qinghong alla vice presidenza della Commissione militare.
Cosa potrà fare ora Hu Jintao che Jiang gli avrebbe impedito? La sua posizione in politica estera, si dice, è meno dura, soprattutto nei confronti delle spine nel fianco Taiwan e Hong Kong. Propugna inoltre un rafforzamento «benevolo» del ruolo cinese nei confronti dei vicini asiatici e un avvicinamento all'Europa che insieme a Russia e Cina dovrebbe frenare «l'imperialismo Usa» e mettere in marcia «un vero mondo multilaterale». Il tutto riassunto nella formula della «pacifica ascesa» della Cina, che Jiang avversava.
Quanto all'interno, Hu ha acquistato la fama di leader «compassionevole» e attento alle classi più sfavorite. Sua la la triplice formula: «usare il potere in favore del popolo, mostrare preoccupazione per il popolo e cercare benefici per il popolo», che si contrapponeva alla teoria della «triplice rappresentanza» di Jiang, volta a promuovere le nuove classi trainanti dello sviluppo cinese. Ma quale sia davvero la Cina di Hu non è chiaro neppure ora che non c'è più l'ombra di Jiang.