Repubblica 22.9.04
UNO SGUARDO INEDITO SUI DRAMMI PRIVATI DEL COMPOSITORE
Gaia Servadio racconta la vita e i guai del grande musicista
ROSSINI GENIO DEPRESSO
LEONETTA BENTIVOGLIO
Arriva un´altra biografia di Rossini, «quel poveruomo di genio», come lo definì Stendhal. Ne esistono già talmente tante, fin dall´epoca del compositore, che in vita fu una superstar, celebrata tra l´altro da una biografia dell´autore de La Certosa di Parma, che è naturale interrogarsi sul senso di un ennesimo ritratto. Va quindi subito premesso che di un suo speciale senso, al di là della cornice svagata e pettegola, sembra fornito il nuovo Rossini (Dario Flaccovio Editore, pagg. 317, euro 23) di Gaia Servadio, scrittrice e giornalista che vive da molti anni a Londra (il libro è già uscito in inglese l´anno scorso). Il senso del nuovo testo si riflette nel suo interrogativo centrale: perché Rossini, ancora giovane e ai vertici della gloria, decise di smettere di comporre opere, abbandonando il teatro dopo il Guillaume Tell, nel 1829? In tanti hanno risposto: perché fu devastato dalla depressione, incoronandosi come uno tra i più grandiosi ed emblematici depressi della storia. Da parte sua la Servadio, su questo tema, ha avuto l´abilità di raccogliere una messe generosa di informazioni derivandole in gran parte da un epistolario emerso solo di recente: 250 lettere scritte da Rossini ai propri genitori e alla prima moglie, la cantante Isabella Colbran. Messo all´asta da Sotheby nel 2001, l´incartamento fu subito acquistato dalla Fondazione Rossini di Pesaro e dalla Regione Campania, che lo pubblicarono nel febbraio scorso (Gioachino Rossini, Lettere e Documenti, volume III a, Lettere ai genitori, 1812-1830, a cura di Bruno Cagli e di Sergio Ragni). Affollata di notizie e strafalcioni (l´autore del Barbiere di Siviglia aveva un rapporto a dir poco grossolano con l´uso della lingua italiana), la corrispondenza giunge a illuminare vari aspetti del periodo della depressione, solitamente collegata dagli storici all´incapacità del musicista di rinunciare alla sua concezione classica del teatro per adeguarsi ai nuovi dettami del romanticismo.
La biografia della Servadio segnala invece con concretezza, e al di là delle più plateali motivazioni estetiche, che c´è molto di emotivo, e di legato alla storia più personale, nel dramma di Rossini. Dal libro, per esempio, si apprende che Gioachino, a cui numerose biografie hanno attribuito un´infanzia spensierata, fu in realtà un bambino «danneggiato», afflitto dalla lacerante consapevolezza di essere «figlio di un corno», come egli stesso non esitava a confessare. Ignorava chi fosse suo padre: quello legittimo, Giuseppe, era un buontempone prestatosi a un matrimonio riparatore con la bella Anna Guidarini, rimasta incinta giovanissima. In più Rossini visse la sorte esaltante ma notoriamente faticosa dell´enfant prodige, cominciando a scrivere musica a poco più di dieci anni e debuttando come operista a 18, con La cambiale di matrimonio. Dotato di un talento impressionante e di una prodigiosa velocità di scrittura, a 24 anni aveva già scritto 19 opere, e nell´arco di un ventennio scarso ne vantava al suo attivo alcune decine.
Quando il magico flusso s´interrompe Rossini ha 37 anni. Il male oscuro prende il sopravvento, provocandogli attacchi di panico, ansie persecutorie, insonnie massacranti e ossessioni suicide. Nel nuovo libro c´è dell´altro: il suo humour feroce, il genio gastronomico, il conservatorismo in politica, l´avvicendarsi tumultuoso delle amanti, gli incontri con Stendhal, Beethoven, Balzac, Verdi e Wagner, il rapporto con l´opera buffa e l´opera seria. Però è il ritratto dell´artista mesto ed adiposo, di una pigrizia cronica e dominato dalla seconda moglie, Olympe Pélissier, infermiera più che compagna, a regalare all´ultima tra le biografie di Rossini, pur non immune da approssimazioni e inesattezze (sbadata la traduzione dall´inglese, svariati gli errori di terminologia musicale, inutilizzabile l´indice dei nomi), un suo alone di conturbante umanità.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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