venerdì 10 settembre 2004

Cina
aria nuova a Pechino

Repubblica 10.9.04
IL REPORTAGE
Il quartiere degli artisti è il centro della vita notturna della capitale: il regime tollera
Greenwich Village a Pechino
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
FEDERICO RAMPINI

LA chiamano la primavera culturale di Pechino o la glasnost cinese. L´arte spesso anticipa i tempi e segnala le nuove tendenze politiche: a giudicare da quel che succede nel Greenwich Village di Pechino qualcosa sta cambiando davvero. Il nome non va preso alla lettera. Il centro di questa rivoluzione creativa non assomiglia al quartiere alternativo di New York, né a Chelsea o al Marais parigino. L´esperimento attira un pubblico sempre più largo, nel quartiere, vicino alle gallerie d´arte aprono bar, discoteche e ristoranti.
Per uno scherzo del destino i ragazzi della 798 sono più minacciati dalla speculazione che dal partito unico.


PECHINO. Intorno al quartiere degli artisti ruota la vita notturna dei giovani nella capitale cinese. Il partito, per ora, tollera
Nel Greenwich Village di Pechino "Qui comincia la nostra glasnost"
È un luogo improbabile per veder fiorire l´arte d´avanguardia: una ex fabbrica d´armi costruita dalla Germania Est per i compagni comunisti cinesi, nella grigia periferia della capitale lungo l´autostrada per l´aeroporto. Anzi, ex-periferia. Al ritmo furioso dell´urbanizzazione di Pechino una selva di grattacieli ormai circonda anche la «798» - così si chiama la fabbrica, reperto diroccato dello sforzo bellico della guerra fredda. Sulle sue pareti di cemento scrostate si intravvedono tracce di affreschi dipinti tanto tempo fa per galvanizzare gli operai: faccione di Mao o scenografie da socialismo reale, lavoratori con gli strumenti in mano e lo sguardo all´orizzonte, irreali allegorie sulla costruzione di un futuro migliore. Mentre cammino verso gli hangar che ospitavano le catene di montaggio, da un magazzino laterale sbuca all´improvviso un giovane seminudo che si rotola per terra rovesciando barattoli di pittura: anziché i poliziotti, lo inseguono paparazzi coi flash e ragazzine che sembrano uscite da un concerto di tecnomusic. È una provocazione d´autore, uno happening di arte trasgressiva. Poco lontano in un cortile della fabbrica spuntano statue di dirigenti del partito comunista e a fianco una gigantesca gabbia in cui è rinchiuso un Tirannosauro dipinto di rosso vivace. La metafora si capisce senza fatica.
Della fabbrica 798 si sono impadroniti da due anni i giovani artisti della Pechino alternativa ed è diventato un luogo di culto, un pellegrinaggio obbligato per chi cerca le sorprese della nuova Cina. Perché proprio qui? «Avevo bisogno di molto spazio per creare - dice il pittore Huang Rui, uno dei primi a occupare la 798 due anni fa - affittare un magazzino qui non costava niente. All´inizio non c´era il progetto di creare una comunità di artisti.
Chi se lo sarebbe immaginato che sarebbe successo tutto questo?» Qualcosa è successo senza dubbio. Zhu Ming, artista noto per usare il proprio corpo nelle «performance» visive, al 798 si è esibito nudo in una enorme bolla di plastica trasparente a forma di guscio di lumaca. Gu Dexin ha esposto due container di cervelli e cuori d´animale surgelati. Chen Guang ha proiettato un video ad alto contenuto erotico. Scultura e pittura, cinema-realtà e balletto moderno, design e fotografia: per il linguaggio che usano, i giovani artisti cinesi del 798 potrebbero essere in un loft di Tribeca, in un atelier creativo di Londra o Berlino. Il fatto è che sono cinesi e sono qui perché la censura li lascia fare. Affrontano soggetti come il sesso che erano tabù nel puritanesimo ufficiale della Repubblica popolare cinese - non del tutto superato, visto che il governo di Pechino ha appena annunciato pene fino all´ergastolo per la pornografia su Internet. Ma perfino i burocrati del partito ormai distinguono fra pornografia e arte. I giovani provocatori della 798 da due anni stanno spostando, ogni giorno un po´ più in là, i confini di quello che è tollerato dal regime. L´eccitazione per questo esperimento attira un pubblico sempre più largo. Il 798 diventa un luogo di ritrovo e di vita notturna, un appuntamento mondano. Vi hanno aperto discoteche, bar, ristoranti di Nouvelle cuisine cinese annessi alle gallerie d´arte. In una di queste, Old Factory, si cena accanto alla scultura d´autore: tre statue di monaci buddisti che spazzano il pavimento. Aprono gallerie americani, inglesi, tedeschi, giapponesi. L´idea che l´avanguardia artistica può essere un business - secondo i più cinici - spiega la tolleranza dei leader politici. In vista delle Olimpiadi del 2008 a Pechino fa comodo avere le carte in regola come metropoli cosmopolita, incluso il lusso intellettuale della provocazione d´autore. Si dice che il ministro della pianificazione urbana Long Xingmin e il vicesindaco di Pechino siano diventati i protettori politici della 798, convinti a trasformarla in una copia della Soho di New York. Un´attrazione di alto livello per il turismo internazionale sempre più sofisticato che affluisce in Cina.
Finora la primavera artistica di Pechino è un esperimento tenuto sotto controllo dai vertici dello Stato, sempre pronti al giro di vite se la trasgressione giovanile dovesse cominciare a far paura. A maggio la quinta edizione del Midi Rock Music Festival di Pechino, che stava diventando la Woodstock cinese, è stata cancellata all´improvviso «per problemi di pubblica sicurezza». Ma non sempre questi diktat dall´alto funzionano. Ne sa qualcosa Lin Zhaohua, autore e regista della controversa commedia intitolata «Bagni pubblici» che quest´estate ha fatto il tutto esaurito al teatro Tianqiao di Pechino. «Bagni pubblici» è una sequenza di dialoghi tra personaggi che s´incontrano in una toilette di quartiere - un´istituzione ancora diffusa nonostante il benessere urbano - nel corso degli ultimi trent´anni. Con il tempo cambia la qualità delle toilette, cambiano i personaggi, cambia la natura dei loro dialoghi via via che l´evoluzione capitalistica crea nuovi mestieri e scava le diseguaglianze sociali nel paese. Anche se «Bagni pubblici» non affronta temi politici considerati scabrosi - come il ricordo del massacro di Piazza Tienanmen - tuttavia è una satira pungente della società cinese con i toni amari della black-comedy. Pur senza ricorrere alla censura, il governo all´inizio ha provato a sabotare lo spettacolo in maniera soft. Con discrezione i giornali di Pechino sono stati invitati dall´alto a stroncare «Bagni pubblici», o a ignorarlo. Ma molti critici teatrali si sono rifiutati di obbedire alle direttive. Alla fine di fronte al successo di pubblico perfino il semi-ufficiale segretario generale del Sindacato attori, Yang Qianwu, ha dovuto dare la sua benedizione: «Anche se la pièce contiene molte volgarità questo non significa che sia di cattiva qualità, perché ha un effetto drammatico e catartico».
Gli autori di questa nuova generazione sanno che la glasnost di Pechino ha dei limiti ancora invalicabili. La repressione sanguinosa della protesta studentesca del 1989; i diritti umani calpestati in Tibet; le relazioni con Taiwan; la setta religiosa Falun Gong: sono temi da non toccare per non subire i fulmini della censura. Questo non significa che i giovani della 798 si accontentino di «parlar d´altro» e si rifugino nella provocazione estetizzante fine a se stessa. C´è un´arte impegnata che interpella le carenze della leadership nazionale. Alla 798 Photo Gallery in questi giorni tutti possono visitare una meravigliosa e straziante esposizione fotografica del grande Xie Hailong, che da anni percorre la Cina delle campagne povere con un solo obiettivo: raccogliere le immagini dei bambini che vanno a scuola in condizioni di miseria spaventose. Tetti sfondati, pavimenti di fango, ragazzini vestiti di stracci e senza neppure i quaderni. Sono foto in bianco e nero che sembrano parlare di un´epoca lontana e invece sono scattate ieri, parlano di una Cina dimenticata da chi vive tra i concessionari della Ferrari e i negozi di Armani a Shanghai e Pechino. La mostra di Xie Hailong, «fotografo umanista», non si limita ad alludere. Ai visitatori sbatte in faccia le cifre dello scandalo: 200 milioni di analfabeti, 4 milioni di bambini all´anno che abbandonano la scuola dell´obbligo perché troppo poveri.
Per uno scherzo del destino oggi la minaccia più immediata per la 798 non è la censura del partito unico, ma lo stesso successo dell´arte d´avanguardia.
La zona della fabbrica ha guadagnato valore, il prezzo del metro quadro sale a vista d´occhio, i proprietari progettano speculazioni. Nel piano regolatore la ex fabbrica militare è destinata ad un polo tecnologico e i terreni ora appartengono alla società Seven-Star Huadian Science and Technology Group. Che ha l´intenzione di radere al suolo la 798 per costruire uffici hi-tech e appartamenti di lusso. Gli artisti si difendono con grinta. Uno di loro, lo scultore Li Xiangqun, è anche deputato al Congresso del Popolo e ha presentato al governo un contro-progetto per salvare il quartiere creativo. «Ho visto trasformarsi quest´area - dice - da un cimitero di fabbriche abbandonate a una comunità artistica in piena fioritura. Il futuro dipende dal governo. Non sono ottimista, ma non ci arrenderemo facilmente». Li ha ottenuto una tregua: fino al 31 dicembre 2005 ogni sfratto degli artisti è sospeso. Neanche il potere economico dei palazzinari si rassegnerà docilmente.
L´ex complesso industriale della 798 è così grande che non tutto è diventato Greenwich Village. Con quella sciatteria che rimane un tratto distintivo di Pechino, attorno alle gallerie post-moderne c´è una terra di nessuno di capannoni tuttora occupati da fabbrichette, qualche atelier di vestiti, e artisti-artigiani che con l´avanguardia non hanno niente a che vedere. Lì entro in uno hangar semibuio dove mi accoglie una scena spettrale. Una dozzina di giovani scultori con le tute impolverate lavorano attorno a gigantesche statue di generali della Lunga Marcia maoista. Qui, a differenza dal Tirannosauro rosso, non c´è traccia di satira, non un velo d´ironia.
«Lavoriamo su commissione, queste ce le comprano dei musei di provincia», mi comunica il capomastro. Quando escono da qui le grandi statue dei padri della rivoluzione ancora si mettono in viaggio verso la Cina dove i bambini vanno a scuola a piedi nudi, dove i maiali razzolano tra i banchi, e dai soffitti sfondati piove nelle aule.