Yahoo! Salute giovedì 9 settembre 2004
Bambini iperattivi: sostenere le famiglie
Il Pensiero Scientifico Editore
Non è originato da una cattiva educazione il comportamento dei bambini affetti da ADHD, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività, ma da una disfunzione genetica complessa che è tuttora oggetto di studi.
Questa la dichiarazione rilasciata dagli studiosi in occasione del
congresso annuale della British Association for the Advancement of Science.
Antonella Sagone
Il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività, comunemente noto con l’acronimo ADHD, è considerato il più comune disturbo psichiatrico nei bambini e negli adolescenti: colpisce infatti dal 3 al 5 per cento dei bambini in età scolare e generalmente si manifesta prima dei 7 anni. I bambini con ADHD hanno problemi persistenti a mantenere l’attenzione sia a casa che a scuola, a concentrarsi, a stare fermi per più di qualche minuto. Si tratta di un disturbo più complesso della capacità di distrarsi fisiologica dei bambini, che deve presentarsi per almeno sei mesi in maniera continuativa e deve provocare un disagio sino ad una vera e propria compromissione delle attività scolastiche o delle relazioni familiari e sociali. La sindrome, secondo Eric Taylor, del Britain’s Institute of Psychiatry, viene sottostimata (come ad esempio avviene in Inghilterra) o sovrastimata (come negli Stati Uniti), a seconda della cultura di appartenenza. Le terapie, che in genere consistono in cure farmacologiche e terapia comportamentale, non sono risolutive ma possono contenere i sintomi; il rischio di non trattare il disturbo, secondo il ricercatore, può esporre il soggetto a sviluppare più gravi disturbi psichici in età adulta.
Oggi si è potuto verificare come l’iperattività e il disturbo di attenzione siano associati a fattori organici. Ricerche precedenti hanno ad esempio notato come i bambini vulnerabili all’ADHD lo siano anche all’epilessia. A detta di Taylor vi sono anche delle differenze morfologiche nel cervello dei bambini con ADHD: le aree cerebrali coinvolte nell’autocontrollo sono più piccole della media. Spesso in passato, e ancora oggi ove ci sia poca informazione su questo disturbo, si giudica il bambino iperattivo come semplicemente maleducato, viziato o comunque non disciplinato dai genitori, che vengono stigmatizzati per il comportamento del loro figlio. Questo non corrisponde alla realtà, anzi, i ricercatori inglesi hanno notato che i genitori che in passato sono stati essi stessi iperattivi sono più competenti nel rapportarsi a figli con lo stesso problema. Un ambiente caotico, invece, contribuisce ad aggravare il disagio del bambino con ADHD e ad esacerbare le difficoltà sue e di chi gli sta vicino.
“Quello di cui la famiglia ha bisogno”, sottolinea Taylor, “è accettazione e comprensione, per un disturbo che va considerato una sottile e persistente disabilità”. Lo studioso continua osservando che la valutazione di questa condizione non deve essere esclusivamente negativa. Le persone con ADHD, viste in una prospettiva evoluzionistica, hanno una loro funzione nella società umana, dove sono necessari anche gli individui incapaci di piani a lungo termine ma particolarmente reattivi, creativi e veloci nelle risposte.
Riferimento: 2004 BA Festival of Science, 4-11 settembre, Exeter, UK.
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