Corriere della Sera 19.9.04
L’ identificazione dell’area «dei sogni» si deve a un gruppo ...
L’ identificazione dell’area «dei sogni» si deve a un gruppo di ricercatori dell’Ospedale Universitario di Zurigo, diretti dal neurologo Claudio Bassetti, che hanno studiato una paziente ipertesa di 73 anni. Lesione strategica
La donna, dopo essere stata vittima di un ictus dell'arteria occipitale, non poteva più sognare, pur riuscendo benissimo a dormire.
La lesione che bloccava i suoi sogni si era verificata nel giro linguale inferiore, una circonvoluzione cerebrale che si trova nella corteccia parieto-occipitale (dietro e lateralmente nel cranio) l'area che controlla le funzioni visive.
Non a caso, la paziente, oltre ai sogni, aveva anche perso altre funzioni correlate alla vista, come la percezione dei colori e parte del campo visivo.
Individuata l'area d'ischemia cerebrale (quella cioè dove era venuto a mancare per un certo tempo l’apporto di sangue), i medici hanno potuto risolvere con un normale trattamento farmacologico questi ultimi problemi nel giro di due giorni.
I sogni, però, a distanza di oltre un anno, non erano ancora tornati.
Fase REM
I ricercatori hanno anche monitorato la donna con un polisomnografo (uno strumento per studiare le onde cerebrali durante il sonno) per sei settimane, ma non hanno riscontrato alcuna interruzione delle fasi del suo sonno e, soprattutto, hanno verificato che era sempre presente un normale sonno REM (da Rapid Eye Movement , cioè movimenti oculari rapidi), quello associato ai sogni, che in genere insorge dopo due ore dall'addormentamento e viene definito "paradosso" perché, pur essendo il più profondo dei cinque stadi che si attraversano ogni notte, all'elettroencefalogramma presenta un’attività con frequenze miste e di basso voltaggio, che ricorda lo stadio di veglia.
Anche se alla paziente svizzera non accadeva mai, l'80 per cento dei soggetti risvegliati durante la fase REM riferisce che stava sognando e questo sonno viene da sempre associato alla produzione onirica.
Lo studio svizzero ha però messo in evidenza che le due attività cerebrali (sonno e sogno) sono controllate da due sistemi differenti.
Sistemi di controllo
«Siamo abituati ad assimilare fra loro questi due processi - puntualizza Pasquale Montagna, professore di Neurologia al Dipartimento di Scienze Neurologiche dell'Università di Bologna, uno dei maggiori studiosi italiani di sonno - ma invece si tratta di due fenomeni apparentemente diversi».
«Si potrebbe considerare il sonno REM come una sorta d'interruttore che, per così dire, "accende" il sogno», prosegue lo specialista. «Secondo accreditati studiosi, l'unica struttura cerebrale capace di sognare non può che essere la corteccia prefrontale. Tuttavia, è noto che l'interruttore del sonno REM si trova nel tronco encefalico, a livello del ponte dorso-laterale (si veda il disegno). E lo studio svizzero mi sembra importante più per quanto ci dice sul sonno REM che non sul sognare, che, adesso, diventano due processi differenti (ma non indipendenti), dove il sonno REM "contiene" e "permette", per così dire, il sogno come processo mentale».
Amnesie oniriche
Già prima di questa ricerca diversi dati clinici indicavano come le lesioni che maggiormente disturbano la produzione dei sogni sono quelle che si verificano nelle aree posteriori del cervello, le parieto-occipitali.
«Ma rimane una domanda da farsi: questi pazienti perdono la capacità di sognare o di ricordare i sogni?» incalza il professor Montagna. «Non è la prima volta che si affronta questo problema».
Due circuiti
«Alla luce dei risultati del gruppo di Zurigo si potrebbe comunque ipotizzare che i sogni abbiano due registi: i circuiti della corteccia prefrontale dove risiedono facoltà intellettive superiori connesse, ad esempio, alla rievocazione dei ricordi, i quali organizzano e regolano l'attività onirica generata un po' disordinatamente dai circuiti della corteccia posteriore che, per la sua specifica funzione, impartisce alle immagini oniriche una connotazione prevalentemente visiva» conclude Montagna.
A ogni buon conto dopo un anno la paziente della Svizzera tedesca ha ricominciato a sognare, ma con non più di un sogno alla settimana (prima la signora sognava, in media, almeno tre-quattro volte alla settimana).
I suoi sogni, comunque, non sono più stati vividi e intensi come prima, un po' come se adesso guardasse la pellicola sbiadita di un vecchio film in bianco e nero….
Il Messaggero 19.9.04
«Freud smentito, si può vivere anche senza sogni»
Scoperta di un gruppo di neurologi: lo stop dell’attività onirica non altera l’equilibrio della mente
di GIOVANNI SCAFURO
ROMA - Dottore, mi scusi: «La vita è un sogno, o i sogni aiutano a vivere?». Ride, divertito, Claudio Bassetti, neurologo dell'ospedale universitario di Zurigo in Svizzera. Forse non conosce Gigi Marzullo, ma coglie ugualmente l'ironia della domanda. Eh, sì perché il sogno è l'elemento portante di una sua recente pubblicazione su Annals of Neurology. Il Sognare, ritenuto, dalla psicanalisi freudiana, elemento fondamentale per liberare le sensibilità represse dell'individuo, sembra non essere così essenziale per garantire l'ottimale equilibrio delle funzioni mentali. Detto in altri termini: si può vivere anche senza sogni. «Insieme al professor Bishop e ad altri - spiega Bassetti - abbiamo studiato il caso di una paziente settantatreenne che, dopo un incidente, aveva subito un improvvisa interruzione del flusso sanguigno nel lobo occipitale del cervello. Tra le varie cose, ne è emersa una che ci ha davvero sorpresi». Per i ricercatori, la cosa più sorprendente è stata quella di constatare che la paziente mantenesse intatte le proprie capacità funzionali mentali, nonostante non registrasse più attività di sogno da oltre un anno! «E' vero - prosegue il neurologo - che inizialmente la signora aveva avuto sia problemi visivi che di deambulazione da un lato. Eppure il sintomo più netto è stata la scomparsa, qualche giorno dopo, dei sogni nel paziente». La signora riferiva di sognare almeno 3 volte a settimana; dopo l'incidente, invece: niente!
Il team guidato da Bassetti ha controllato le onde cerebrali della donna durante il sonno per oltre 6 settimane. Il paziente non ha segnalato di aver mai sognato neanche durante la fase del sonno (Rem), normalmente associata con il sognare, in cui si muove l'occhio più rapidamente. Eppure, con sorpresa dei ricercatori, il paziente mostrava un modello di sonno perfettamente normale. Questo indica - secondo Bassetti - che la fase Rem e il sognare non vanno sempre di pari passo. «La parte del cervello danneggiata - afferma il professor Jim Horne dell'università di Loughborough, nel Regno Unito - il lobo occipitale svolge, probabilmente, un ruolo importante nel sognare. Riteniamo, però, che siano altre zone neurali differenti, il tronco cerebrale ed la zona mediana del cervello, quelle che controllano il sonno Rem». Lo studio, inoltre, dà ulteriori speranze a quei pazienti che smettono di sognare e di avere la fase Rem dopo lunghe assunzioni di farmaci antidepressivi. «Questa gente non è pazza», dice Horne. «E' completamente normale e non ha problemi di memoria». Cosa significa professore: gli esseri umani possono vivere senza sogni? «Non penso che abbiano uno scopo reale, piuttosto ritengo che i sogni sono il ”cinema della mente”. Contribuiscono a mantenere il cervello in allenamento mentre siamo addormentati». Bassetti, tuttavia, è attento a non generalizzare per banalizzare il tema. «Comprendere come i sogni sono generati e che scopo potrebbero avere, sono domande completamente in sospeso a tuttoggi», conclude Bassetti.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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