Il Gazzettino di Venezia 19.9.04
Un’esistenza straordinaria, ebbe protettori illustri tra nobili e letterati. Era apprezzata non solo per la sua avvenenza, ma anche per le notevoli capacità artistiche
Poetessa di valore e cortigiana di professione
Espedita Grandesso
Veronica Franco sconvolse il perbenismo del XVI secolo: bella, intelligente e colta, si dava agli uomini per denaro
Quando il Tassini pubblicò una brevissima, ma ben documentata biografia di Veronica Franco, poetessa di valore e cortigiana di professione, si prese un monte di rimproveri da un altro illustre signore, che non voleva ammettere l'attività poco dicibile della poetessa.
Ancora agli inizi del XX secolo, qualcuno non si capacitava che la bella Veronica, oltre che colta e sensibile autrice di poesie, fosse stata una meretrice e s'inventava l'ipotesi peregrina che la Franco si fosse dichiarata cortigiana per un capriccio, magari per rendersi interessante agli occhi del mondo, quasi che intelligenza, cultura e bellezza non bastassero da sole a farla emergere dalla massa di appassionate delle chiacchiere vuote e dei vestiti alla moda.
Veronica nacque in una famiglia cittadinesca, ossia di quelle iscritte nell'Albo d'argento, ma non è detto che la sua famiglia possedesse anche i contanti; è probabile che i Franco che dettero i natali a Veronica abbiano conosciuto dei rovesci di fortuna, dato che il padre, la maritò "giovinetta" con un tale Paolo Panizza. La Franco ebbe anche tre fratelli, ma non sembra abbiano inciso molto sulla sua vita.
Tassini, dopo l'accenno al matrimonio di Veronica, taglia corto e afferma che "l'inesorabile destino trascinolla al libertinaggio".
Non è molto e sarebbe stato più importante sapere perché una ragazza, appena adolescente nel momento delle nozze, quindi senza alcuna esperienza, si sia data "a tamburo battente" niente meno che al libertinaggio. Viene da chiedersi: e il felice consorte, nel frattempo, dov'era? E il padre? E il resto della famiglia? Mistero.
Non chiediamoci dove fosse la madre, Paola Fracassa, perché la troviamo accanto alla figlia nella poco onorevole funzione di "pieza" (garante), pronta a intascare i due scudi per ogni prestazione di Veronica, che era davvero modesta sul prezzo, dato che Paulina Filacanevo pretendeva 30 scudi; Livia Azzalina 25 e solo Elena Rossa si accontentava di mezzo scudo, mentre altre cinque signore accettavano "quel che si vol". È vero che, tra queste, Lauretta Cavalcadora, avendo per garante suo figlio, doveva essere una "nave scuola" per esperienza, ma anche per età.
Malgrado le prese contenute, Veronica Franco, ebbe protettori illustri tra nobili e letterati, molti dei quali, evidentemente, largheggiarono in doni e denari ben oltre la modestissima tariffa che risulta dall'elenco. Veronica fu molto stimata non solo per la sua avvenenza, ma per l'intelligenza e le notevoli capacità artistiche. Ebbe anche sei figli, uno dei quali, Enea, aveva per padre un Tron e un'altro, Achille, un ricco mercante raguseo. Ebbe, però, dei nemici. Qualcuno, infatti, l'accusò presso la Santa Inquisizione di essere ricorsa a sortilegi per ritrovare due oggetti d'argento, che due suoi servitori avevano rubato. Insomma, una cosa da niente, che permise a "chi poteva" di far insabbiare il processo.
Veronica ebbe il suo momento di gloria nel 1574 quando, in un'afosa giornata di luglio, si presentò alla sua porta il giovane re di Francia Enrico III di Valois, di passaggio per Venezia e ospite del doge (o Alvise) Morosini. Al giovane re la colta e sontuosa cortigiana dedicò una raccolta di poesie e un pregevole ritratto, opera di Jacopo Tintoretto.
Col volgere dell'età Veronica Franco desiderò chiudere con il suo mestiere e mettersi in pace con Dio e con la coscienza. Pensò alle molte donne che, per mancanza di mezzi, non potevano abbandonare la prostituzione e ideò quella che sarebbe diventata l'Opera di S. Maria del Soccorso ossia una casa di ospitalità e assistenza non solo per ex prostitute, ma anche per spose maltrattate dai consorti che sarebbero state protette da quelle mura fino a che il marito fosse diventato più ragionevole (e meno manesco).
Il bel progetto della Franco fu accolto con favore da alcune nobildonne e portato a buon fine mentre Veronica era ancora in vita, cioè prima del 22 luglio 1591 in cui morì a soli 45 anni di età.
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