venerdì 22 ottobre 2004

Avvenimenti da oggi in edicola
un'intervista a Fatema Mernissi

Avvenimenti n 41, da oggi in edicola

I NUOVI ARABI COSMOCIVICI
Intervista alla scrittrice e sociologa marocchina Fatema Mernissi, autrice di liberi su Sherazade e sulle donne nei paesi arabi. " Da noi - dice- è ci sono molti pacifisti, ma i vostri media non li vedono".
di Daniela Preziosi

In Marocco è in corso un “boom” della società civile. Un fenomeno enorme, in atto anche in altri paesi. Abbiamo 140 stazioni satellitari che ci mostrano quello che succede, ci avviamo a una vera cyberdemocrazia. Ma i vostri media non sono interessati. Hanno l’ossessione del terrorista, gli danno la caccia. E non vedono altro". Provocatoria come sempre, la scrittrice marocchina Fatema Mernissi. Sociologa, docente universitaria, studiosa del Corano e delle Mille e una notte, femminista, discendente di una genìa di donne vissute nell’harem. Che più? L’ultima volta che l’avevamo incontrata le avevamo chiesto, fra l’altro, se il velo per le islamiche non le sembrava un’imposizione patriarcale. Risposta: "E la vostra taglia 40 cos’è, una scelta di libertà femminista?". Esce in questi giorni il suo ultimo saggio Karawan. Dal deserto al web (Giunti, 250 pagine, 12 euro). Il mondo della globalizzazione, scrive Mernissi, è un mondo di gente che si sposta, dove il viaggiatore è "un magnifico potenziale" di conoscenza, di incontro di civiltà; rappresenta "la straordinaria possibilità, all’alba del XXI secolo, di scovare ai quattro angoli del mondo coloro che si battono per le stesse idee e cullano gli stessi sogni a proposito di un pianeta in cui i cittadini possano tessere mille dialoghi, un pianeta dove non ci sia posto per i terroristi". Karawan è una Carovana della società civile, un reportage su un ceto medio troppo spesso ignorato. Un viaggio nel Marocco dei villaggi che si autorganizzano per produrre artigianato, dei giovani che si inventano un’idea esportabile sul web, delle artiste tessitrici di tappeti, degli scrittori del deserto, degli insegnanti, dei medici. Lei sostiene che il “turismo civico” è la grande risorsa dei nostri tempi. Perché? Per guadagnarci da vivere ma più spesso per turismo tutti ormai debbono viaggiare. Al posto di passare attraverso le agenzia turistiche, che fanno marketing e pacchetti all inclusive, propongo di viaggiare attraverso le Organizzazione non governative. Viaggiare nel deserto con le associazioni civiche, per esempio quelle di Zagora, significa rendersi contro di quello che gli abitanti del posto hanno a cuore: non uccidere gli uccelli, non distruggere i palmeti. Si possono vedere le persone nella loro vita quotidiana, ci si può rendere conto, comunicando con loro, che questa gente ha gli stessi problemi vostri. Non è come andare in un hotel a quattro stelle, dove vi trattano a secondo del denaro che hai. Chi è quello che lei definisce il “ cittadino cosmocivico”? I sufi dicono che lo straniero è un riflesso nel proprio occhio, è il nostro specchio. Possiamo dire che lo straniero è una riflessione e per questo abbiamo bisogno di parlare con gli stranieri: perché è così che noi ci scopriamo. Il viaggio è la scoperta di sé parlando con il diverso. Il “cosmocivico” è chi sa che la differenza arricchisce. Pensiamo a un cowboy e a Sinbad:, per il cowboy lo straniero è il nemico e bisogna ucciderlo; per Sinbad lo straniero è l’occasione di scambio. Comprare i tappeti in un grande magazzino di Marrakesh non è la stessa cosa che comprarlo da un artigiano dell’Alto Atlante o del deserto. Tutto quello che ho indosso proviene dagli artigiani, mai del supermermercato. È più difficile scegliere i prodotti, ma lo stesso vestito ce l’ho da dieci anni, e parlare con gli artigiani è stato entrare in contatto con un altro ritmo di vita. A parte la dimensione commerciale, c’è lo scambio con l’altro. Viaggiando nel Marocco del sud per scrivere il mio libro ho imparato moltissime cose. Per esempio ho scoperto che la gente del Nord parla molto mentre nel Sud i mercanti non parlano molto. Non hanno l’energia da sprecare e quindi non mercanteggiano. Nel deserto bisogna essere sempre molto concentrati perché il pericolo può in qualsiasi momento coglierti di sorpresa. Così nel suq, quando stavo per iniziare un discorso, mi rendevo conto che il mio interlocutore non voleva parlare ma voleva capire quello che pensavo. E così anch’io ho imparato; ho cominciato a scegliere di parlare di meno per guardare la persona davanti a me e cercare di capire che cosa stava pensando. Lei descrive la società civile marocchina. Crede che lo stesso fenomeno si in atto anche negli altri del paesi arabi? Sì, e faccio un semplice esempio. Nel mondo arabo il satellite sta costruendo la cyber-democrazia. Prima del satellite e di internet gli Stati e i regimi controllavano l’informazione e censuravano i cittadini. Il satellite ha distrutto il controllo e la censura, e ha permesso ai cittadini di cominciare ad esprimersi. Oggi ci sono 140 satelliti arabi, e in ogni canale c’è un grande dibattito, e per ogni avvenimento c’è il capo dello Stato che esprime il suo commento ma anche il cittadino che prende in mano il telefono e dice la sua. Questo ha rovesciato i rapporti di potere. Oggi nel mondo arabo il popolo diventa sempre più forte. Il signor Bush dice che ci vuole portare la democrazia con le bombe: ma non è al corrente della rivoluzione che il mondo arabo vive dagli anni 90. Nella prima Guerra del Golfo si poteva solo vedere le bombe su Bagdad sulla Cnn. Oggi nessuno più guarda la Cnn, siamo più dipendenti dai media occidentali, gli arabi producono la loro informazione. Il signor Bush non lo sa, ma sarebbe utile che guardasse al Jazeera prima di bombardarla. Ma la diffusione del satellite significa anche che i terroristi hanno scelto i canali tv per farsi pubblicità e diffondere terrore. Il terrorista che manda in onda un filmato dove sta per tagliare la testa a qualcuno per un arabo è un criminale,un assassino. E soprattutto, ha già perso. I terroristi hanno già perso nel mondo arabo, diversamente da quello che pensano gli occidentali. Però per noi terroristi sono tutti quelli che uccidono, anche i soldati dello stato italiano o americano. Secondo le informazioni di fonte araba, nel settembre 2004, l’armata americana che il signor Bush ha inviato in Iraq ha perso mille uomini e ucciso 20mila iracheni. C’è nel mondo arabo il movimento pacifista più forte forse del mondo, perché gli arabi sono le vittime della violenza, quelli che ogni giorno rischiano di morire. Uccidere non è un atto che dà forza, è un atto criminale, e il miovimento pacifista musulmano condanna tutte le violenze, terroristi e militari. Ma diciamo anche che al confronto dei militari non c’è nessun terrorista che abbia ucciso 20mila persone, come invece hanno fatto i nordamericani. Nei nostri paesi da una parte ci sono gli uomini armati, dall’altra i cittadini disarmati. La soluzione è fermare tutti gli assassini. La mobilitazione della società civile e cosmocivica è una forza enorme che si sta manifestando nel mondo arabo, eppure voi con le vostre telecamere non la riprendete. Ma questo è un vostro problema, non nostro. I vostri media vedono solo i terroristi. Per questo credo nell’importanza del viaggio individuale: che ogni italiano debba trasformarsi in un Sinbad. Forza, viaggiate, vedete voi stessi, muovetevi per andare a scoprire. I media sono uno dei “nostri” problemi. Ma uno dei “vostri” problemi è: cosa nutre il terrorismo islamico? Il terrorismo arabo non è musulmano. Il terrorismo è legato al controllo del petrolio. Mettetevelo in testa. Dicendo musulmani si fa una divisione che non esiste. Proviamo a dire “petrolio musulmano”: tutti gli italiani consumano petrolio musulmano. Le compagnie vogliono controllare il petrolio e per farlo debbono uccidere la democrazia nel mondo arabo, perché la democrazia crea attori politici, e invece così poche persone possono decidere per tutto il petrolio arabo. Le compagnie petrolifere hanno creato il terrorismo che non è un fenomeno arabo: è un “fenomeno petrolifero”. Europei, superate la divisione infantile fra l’Islam e l’Occidente. Non c’è occidente: tutti i paesi che consumano petrolio arabo sono paesi musulmani. Che ne dite di cominciare a pensare che siete già nel mondo musulmano? Attenzione: l’idea non quella è di privare gli europei del petrolio ma di trattare. Questo è il futuro, non ci sono frontiere, l’insicurezza è per tutti, anche per noi arabi. La guerra dimostra che per avere il petrolio non si possono più ammazzare gli arabi. La società civile marocchina è piena di donne che si danno da fare. Perché? Perché le donne sono comunicatrici. Sharazade (la protagonista delle Mille e una notte, ndr) usa la parola per salvare la vita. Questo spiega anche la enorme presenza di donne nei media. Il modello marocchino, e cioè la costruzione di una rete della società civile, è esportabile agli altri paesi arabi, almeno a quelli moderati? Certo. Le Ong agiscono in tutto il mondo, ma da noi è forte la tradizione della autogestione delle comunità, che nel sud del Marocco, nelle montagne e nel deserto è ancora praticata. In questo momento nei paesi arabi, per esempio in Algeria e in Tunisia c’è il boom della società civile, anche se non la sente parlare. Il paese dove ci sono più Ong è la Palestina. Qual è l’atteggiamento della monarchia nei confronti dell’emergere della società civile? Il giovane re ha capito che il Marocco non ha il petrolio e che non può competere sui servizi. Così ha fatto una cosa intelligente: privatizzare Maroc Telecom. Questo ha permesso che ci fosse una competizione e che si abbassassero le tariffe di telefono e internet. La gente improvvisamente ha scoperto internet e si collegata con il mondo. Ed è stata una rivoluzione.