mercoledì 13 ottobre 2004

cattolici U.S.A. con Bush

Corriere della Sera 13.10.04
I vescovi dal pulpito: votare John K. è peccato
E nascono le polizze scontate per i cattolici che si impegnano a non utilizzare le pratiche mediche proibite
DAL NOSTRO INVIATO
Massimo Gaggi

NEW YORK - Non è visibile come il bombardamento di spot elettorali in tv al quale da settimane sono sottoposti gli americani, soprattutto negli Stati in bilico tra democratici e repubblicani, ma lo scontro tra Bush e Kerry per conquistare il voto cattolico - un bacino potenziale di 60 milioni di cittadini, circa un quarto di quelli con diritto al voto - è ormai di un'asprezza senza precedenti.
Il partito del presidente ha addirittura istituito il sito Internet KerryWrongFor Catholics.com per convincere i seguaci della Chiesa di Roma che votare per il senatore del Massachusetts è sbagliato e dannoso. Alcuni vescovi sono andati molto più in là: non si sono limitati a condannare le posizioni del candidato democratico, ma hanno addirittura sostenuto che chi lo vota commette un peccato che va confessato prima di fare la Comunione. I democratici chiedono a Bush di arrestare quella che considerano un'aggressione e chiedono che vengano dichiarati illegali gli sforzi degli attivisti repubblicani per ottenere dalle parrocchie un elenco aggiornato dei loro fedeli, in modo da poterli contattare direttamente.
Nel 1960 John Kennedy, ultimo politico della costa atlantica ad essere eletto presidente degli Stati Uniti, la spuntò per un soffio su Richard Nixon anche grazie al voto dei cattolici che lo sostennero in larga maggioranza (il 78 per cento, secondo le stime più attendibili).
Per Kennedy il problema principale non fu catturare il voto cattolico ma convincere gli altri elettori che la sua politica non sarebbe stata condizionata dal Vaticano. Quarantaquattro anni dopo John Kerry ha tutt'altro problema: evitare che la posizione laica, tollerante, da lui assunta sull'aborto e i matrimoni tra gay («sono un cattolico e da ragazzo ho fatto anche il chierichetto, ma non posso pretendere di imporre agli altri per legge ciò che per me è un atto di fede», ha spiegato durante il dibattito televisivo di venerdì scorso) e la durissima campagna condotta dai repubblicani, facciano trasmigrare la maggioranza dei voti cattolici nel campo di un presidente di religione metodista. Un tema che probabilmente tornerà anche stasera nell'ultimo confronto tra Bush e Kerry, quello dedicato alle questioni interne dell'America.
In realtà molti sondaggisti negano addirittura che si possa parlare dei cattolici come di un gruppo con un contorno elettorale ben definito: storicamente hanno votato soprattutto per i democratici, ma valutando di volta in volte le piattaforme. E a volte hanno scelto i repubblicani: per esempio votarono per Bush-padre nel 1988. La loro articolazione interna rispecchia divisioni che si registrano anche al di fuori delle varie confessioni: i cattolici ispanici sono ad esempio in larga misura democratici, mentre i tradizionalisti si sentono più garantiti da un presidente che, soprattutto sulla bioetica, ha scelto posizioni molto rigide.
In realtà gli strateghi elettorali della Casa Bianca concentrano i loro sforzi su sette-otto milioni di cattolici tradizionalisti che sperano possano essere decisivi sia perché dovrebbero votare in modo abbastanza compatto per il presidente, sia perché sono abbastanza concentrati negli Stati - come l'Ohio e il Missouri - in cui la battaglia è più incerta.
Negli ultimi anni lo sforzo dell'Amministrazione è stato quello di creare un clima favorevole alla diffusione dei valori sostenuti da Bush: non solo il no ad aborto e matrimoni tra persone dello stesso sesso, ma anche i limiti alla ricerca basata sulle cellule staminali, all'inseminazione artificiale, la sterilizzazione, la contraccezione. Un'azione che ha portato perfino alla nascita di assicurazioni sanitarie con una polizza scontata per cattolici di stretta osservanza che si impegnano a non utilizzare le pratiche mediche proibite dalla loro religione. Ma anche un'azione che sta condizionando l'attività di molti laboratori nel campo della genetica.
Bush ha incassato le dure critiche degli scienziati ed anche dei repubblicani che non accettano condizionamenti religiosi alla ricerca medica. Il caso più clamoroso è quello di Nancy Reagan, impegnata da anni a sostenere la ricerca contro la malattia che dieci anni fa colpì l'ex presidente repubblicano, scomparso pochi mesi fa. Ma Bush pensa di aver fatto una buona «semina». Ed ora ha incaricato della raccolta l'esercito dei 52 mila team leader cattolici, volontari reclutati già da molti mesi e sparpagliati in tutto il Paese per convincere gli elettori di questa fede a registrarsi e a votarlo.
Un lavoro che in alcune realtà è stato oggettivamente agevolato da esponenti della Chiesa che hanno assunto posizioni di chiusura totale nei confronti di Kerry: «Se voti per lui cooperi con le forze del male. Non è questo un peccato da confessare?», ha dichiarato al New York Times l'arcivescovo Charles Chaput, la più alta autorità cattolica del Colorado. Affermazioni analoghe sono venute da prelati di altri Stati, dal Missouri all'Ohio al West Virginia.
Altre voci nel mondo cattolico si sono levate per contestare queste posizioni integraliste e per sostenere che se Kerry è criticabile sull'aborto, Bush lo è per la pena di morte e la guerra in Iraq.
Difficile dire chi la spunterà, anche perché la battaglia non si decide nelle grandi città dove forse prevalgono posizioni laiche anche tra i cattolici. I sondaggi di fine settembre vedevano favorito il presidente tra l'elettorato cattolico (il Pew Research Center gli attribuiva un margine di sette punti percentuali, più che raddoppiato rispetto ai dati di agosto), ma i dibattiti televisivi possono aver cambiato la situazione.