domenica 14 novembre 2004

nuovi libri
una giovane donna, in Palestina

La Stampa 14 Novembre 2004
IL ROMANZO DELLA GIORNALISTA RULA JEBREAL
Visioni di donne dalla Palestina
di Francesca Paci

La Palestina non compare su nessun atlante geografico ma si estende, definita come uno Stato reale, nelle mappe mentali dei palestinesi, quelli che vivono in Cisgiordania e nella striscia di Gaza e gli esuli della diaspora. Nomi di villaggi scomparsi e tramandati oralmente, costumi tradizionali da museo etnografico, volti e paesaggi spesso poco più nitidi di un ricordo infantile. Evocazioni, come le protagoniste di Rula Jebreal, la bella conduttrice del telegiornale della 7 che ha raccontato le sue origini e l’infanzia a Haifa, in Israele, in un romanzo appena pubblicato da Rizzoli, La strada dei fiori di Miral.
Dall’attualità alla memoria. La giornalista Jebral rendiconta ogni giorno le cronache dal Medio Oriente, dove la violenza è routine e l’appuntamento con la pace tarda da un secolo. Eppure, con gli occhi della fantasia, la palestinese Jebreal vede una terra capace ancora di produrre storie d’amore, amicizia, solidarietà, una Gerusalemme liberata dal destino bellicoso, «con le sue pietre ancora bianchissime nonostante fossero state imbrattate di sangue innumerevoli volte nel corso dei secoli».
La strada dei fiori di Miral comincia nel 1948 con la nascita dello Stato d’Israele, la nakba secondo gli arabi, che con questa parola descrivono la «catastrofe» seguita a quell’evento, e attraversa il ‘900 tracciando, contromano rispetto al conflitto permanente, un percorso di speranza.
Miral è il nome di un fiore del deserto ma anche quello di una giovane palestinese che vive in Israele e viene accolta nel collegio-orfanotrofio Dar Al Tifel fondato da Hind Husseini, una fanciulla di straordinario coraggio appartenente a una delle maggiori famiglie arabe di Gerusalemme. Nella giovane vita della protagonista confluiscono i destini di tante donne infelici. La mamma Nadia, adolescente ribelle morta in circostanze misteriose. La zia paterna, responsabile di un grave attentato a causa del quale Miral deve cambiare cognome. Fatima, la prima palestinese a piazzare un ordigno in un cinema frequentato da soldati israeliani, che paga con l’ergastolo l’illusione di porre fine all’odio con l’odio. La compagna di classe Amal costretta ad abortire dopo che il suo ragazzo è rimasto ucciso durante uno scontro tra civili e militari a Ramallah. La sorella Randa che in silenzio segue da vicino il suo debutto nel teatro della prima Intifada. La stessa Hind, dolcissima ma ferma madre adottiva che prende Miral per mano e l’allontana dalla tentazione dell’estremismo politico.
La storia si apre con i funerali di Hind Husseini e sfuma sulle note del suo corteo funebre. La scomparsa della maestra, che insegnava alle studentesse come «il vero leader è colui che lascia eredi», riporta Miral alla realtà. Tante volte, nelle visite da volontaria nei campi profughi palestinesi, Miral aveva ripetuto, citando Hind, che la rabbia non avrebbe portato alla vittoria: «Siamo nati nel posto sbagliato nel momento sbagliato, ma non dobbiamo rinunciare a farci una vita, conquistandola ogni giorno, con fatica e sacrifici. Un popolo che non riesce a vedere un futuro per sé e per i suoi figli ha perso in partenza». Eppure, poi, adolescente appassionata, si era lasciata dominare dall’istintiva reazione alle ingiustizie, aveva lanciato pietre contro i tank israeliani, aveva incitato le compagne di collegio alla rivolta. Alla morte di Hind, la ragazza decide di continuare a combattere lasciando il paese: andrà a studiare in Europa in compagnia dell’amica Lisa, la nuova fidanzata israeliana di suo cugino Samer con cui ha maturato l’insofferenza comune per un destino che le divide nonostante siano tanto simili.