domenica 14 novembre 2004

sinistra
su Liberazione di martedì scorso un articolo citava l'incontro di villa Piccolomini

una segnalazione di Anna Maria Novelli

Liberazione 9.11.04

Dibattito con Bertinotti, Revelli, Menapace, autori del libro edito da Fazi
Nonviolenza, la speranza della sinistra radicale

«La nostra ricerca sulla nonviolenza ha sicuramente un vantaggio: ci si accompagna bene». Alla presentazione del libro Nonviolenza. Le ragioni del pacifismo (Fazi Editore, euro 10) con saggi di Fausto Bertinotti, Lidia Menapace, Marco Revelli, il segretario di Rifondazione comunista inizia dai compagni di strada, dal percorso che fa della nonviolenza un concetto frutto dell'intelligenza collettiva. «Oggi siamo qui con Lidia e Marco, venerdì scorso stavamo con Ingrao e tanti giovani che si interrogano. E' un elemento interessante di verifica».

Nel dibattito, coordinato dal direttore di Liberazione, Piero Sansonetti, arriva l'eco delle polemiche sulle manifestazioni di sabato. Il segretario del Prc prima di entrare nella Protomoteca del Campidoglio ribadisce la posizione del partito a proposito del cosiddetto "esproprio proletario", ma durante la discussione l'eco diventa solo l'occasione per tracciare con nettezza che cosa significhi "qui e ora" la nonviolenza.

Nel saluto iniziale il sindaco Walter Veltroni, che in mattinata ha condannato le azioni di sabato, ritorna sull'attualità: «Il libro ripropone la scelta senza riserve di una pratica politica ispirata alla nonviolenza. Non c'è mai nessuna ingiustizia che giustifichi l'uso della violenza». Veltroni chiarisce la sua posizione: non necessariamente, a differenza da quanto sostenuto da Bertinotti all'inizio del suo saggio, la nonviolenza è sposata a una critica radicale del mondo. Per il sindaco di Roma è importante sottolineare che «il rispetto delle leggi non è un optional della democrazia», che la legalità non può essere infranta. Nel corso del dibattito la risposta arriva direttamente da Revelli: «L'assimilazione della nonviolenza a posizioni concilianti o moderate, ad un abbassamento della guardia, è quanto di più sbagliato si possa sostenere». Revelli si serve degli scritti di Aldo Capitini: la nonviolenza è lotta, è assunzione di responsabilità, è dire no all'ingiustizia.

Che cosa sia la nonviolenza lo spiega bene il libro che riassume nove mesi di dibattito, squadernandone tutti i temi ancora aperti, con tre approcci diversi. Bertinotti analizza il rapporto tra nonviolenza e la sfida che questa rappresenta per la sinistra. Menapace ricostruisce la storia del movimento pacifista in relazione soprattutto con il movimento delle donne. Nel saggio di Revelli si affronta l'aspetto filosofico del rapporto tra nonviolenza e marxismo.

Il direttore di Liberazione fa la prima domanda a Revelli. A partire da un'obiezione di fondo sul titolo del libro: «Perché far coincidere nonviolenza e pacifismo, quando non si tratta della stessa cosa?». E poi una seconda domanda: «Invece di compiere lo sforzo di inscrivere la nonviolenza dentro la filosofia della prassi, non era meglio cogliere l'occasione per una revisione profonda della marxismo?» Revelli non sfugge alle questioni. «E' vero - risponde alla prima domanda - le due cose non coincidono. Ma fotografano bene il clima del seminario del Prc sulla nonviolenza del febbraio scorso a Venezia. Si è creato un cortocircuito tra una rete di persone, che, pur essendo tutte contrarie alla guerra, non hanno le stesse posizioni sulla nonviolenza. Si aveva l'idea che eravamo davanti a un nuovo inizio. E' qui che si colloca il rapporto con la filosofia della prassi: di un pensiero che si misura con la storia. Dobbiamo interrogare il rapporto tra mezzi e fini: se facciamo nostro l'obiettivo di un nuovo mondo possibile, non possiamo servirci dei metodi di questo brutto mondo impossibile. Si deve inventare una nuova prassi».

La sfida diventa sempre più radicale. «Si può - chiede Sansonetti a Menapace - costruire la politica senza l'idea del nemico?». L'intellettuale femminista rilancia: «Non solo si può ma si deve». Il riferimento è a San Francesco. Esempio di un pacifismo capace di mediare e di proporre le gradazioni necessarie. Menapace fa due esempi. Uno sul passato: «San Francesco non dice a papa Innocenzo di non fare le crociate, ma gli propone di offrire gli stessi vantaggi a chi invece va in pellegrinaggio ad Assisi. In molti seguono questa seconda strada». Un secondo esempio: «Se, in Usa, i referendum sui matrimoni per gli omosessuali fossero stati fatti sulle unioni civili, probabilmente la sconfitta non sarebbe stata così schiacciante».

La nonviolenza per Bertinotti è uno dei pilastri su cui costruire una nuova ideologia della sinistra. «Perché - gli chiede però Sansonetti - non considerarla di per sé l'ideologia di questo secolo?». Il segretario del Prc spiega: «In questi anni ci siamo fatti convincere che le ideologie erano morte, mentre la destra ha costruito una ideologia forte. Grazie a questa Bush ha vinto. Dobbiamo però stare attenti - avverte Bertinotti -. Dobbiamo evitare di rispondere in maniera speculare, proponendo un sistema compatto in cui noi facciamo come loro. A loro non interessa costruire un senso comune, una egemonia. Gli interessa vincere. La nonviolenza fa invece riferimento a una sistema di relazioni, a una comunità. Non è una ideologia: è "quasi una ideologia". Come è quasi un'"ideologia" l'idea di uguaglianza. La non violenza è quello che dicono gli zapatisti con la frase "camminare domandando"». Rispondendo a Veltroni, Bertinotti rivendica la radicalità della critica alla società capitalistica. La nonviolenza inscrive questa radicalità dentro la società, i suoi processi, dentro una idea di convivenza: è una griglia critica che permette di mettere in discussione la cultura della "presa del potere", senza rinunciare alla trasformazione della società.