Repubblica 6.1.05
Un miliardo e trecento milioni sulla Terra uno su 5 è cinese
E la demografia diventa una risorsa per il boom economico
In realtà sarebbero già almeno 200 milioni in più: molti gli immigrati nelle città e i bambini non registrati
Nell'era della delocalizzazione possedere un'immensa quantità di lavoratori è un vantaggio
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE FEDERICO RAMPINI
PECHINO - L'ufficio statistico centrale di Pechino lo annuncia con certezza: proprio questo 6 gennaio la popolazione della Cina raggiunge la cifra tonda di un miliardo e 300 milioni. Anche senza contare l'esercito dei cinesi della diaspora, emigrati da generazioni nel sud-est asiatico o nelle Chinatown occidentali, oggi più di un essere umano su cinque è cinese, e il mandarino è di gran lunga la lingua più parlata nel mondo, con una diffusione molto superiore all'inglese. Nonostante il controllo delle nascite l'aumento degli abitanti nella nazione più popolosa del pianeta si stabilizzerà solo fra trent'anni. La Cina prevede la «crescita zero» solo quando avrà raggiunto il miliardo e mezzo.
Un singolare «giallo» statistico circonda l'annuncio ufficiale di oggi. Secondo molti esperti, sia occidentali che cinesi, il censimento demografico sottovaluta la dimensione della popolazione. In realtà i cinesi potrebbero essere addirittura 200 milioni in più. È la stima a cui giungono alcuni demografi americani e la Cia, usando vari indicatori tra cui il consumo totale di grano e riso. Il professor Xu Jin, direttore dell'Istituto di studi sulla popolazione all'Accademia delle Scienze sociali di Pechino, ammette che «il censimento è sicuramente difettoso, perché nelle aree rurali molte coppie di contadini non rispettano la regola del figlio unico, e quindi hanno interesse a non rivelare la vera dimensione del nucleo familiare». La sua collega He Qinliang, una economista della provincia dello Hunan, ha scritto di recente un saggio sulla rivista del partito comunista "Problemi e Ideologia", per denunciare il fatto che nelle campagne i leader chiudono un occhio sulla nascita del secondo o terzo figlio in cambio di bustarelle: «I villaggi dove i dirigenti di partito hanno le case più belle sono quelli dove il controllo delle nascite non funziona».
Un'altra fascia di popolazione che almeno in parte sfugge al censimento sono gli immigrati poveri che lasciano le campagne e vanno a lavorare in città senza un regolare permesso di residenza, quindi in una semi-clandestinità. Se fosse vero che in realtà la Cina ha già raggiunto il miliardo e mezzo, osserva l'economista Oded Shenkar, «a quota 200 milioni i cinesi sommersi sarebbero da soli la quarta nazione più grande del mondo».
Anche a prendere per buone le statistiche ufficiali, la crescita demografica della Cina è comunque uno dei fenomeni che cambiano gli equilibri del pianeta. Ancora cinquant'anni fa la Cina aveva appena superato la soglia del mezzo miliardo, pesava tre volte e mezzo gli Stati Uniti e 12 volte l'Italia. Oggi la sua popolazione è il quintuplo di quella americana e 23 volte la nostra. Eppure mezzo secolo fa le dimensioni cinesi erano considerate un handicap. Si parlava di sovrappopolazione, di «bomba» demografica, si temeva che la Cina non sarebbe riuscita a sfamare tutte quelle bocche. Oggi invece il mondo guarda la Cina come una replica degli Stati Uniti del primo Novecento: un paese che ha davanti a sé un secolo di sviluppo, ed è destinato a diventare il nuovo centro dell'economia globale. Le sue dimensioni sono diventate un elemento di forza. Perché? Abbracciando il capitalismo dopo la morte di Mao i dirigenti di Pechino hanno accelerato la modernizzazione del paese: da un gigante contadino la Cina è diventata la «fabbrica del pianeta». Oggi se la sua agricoltura non produce abbastanza riso, la Cina lo compra sullo stesso mercato mondiale su cui vende jeans, scarpe e computer. La globalizzazione ha reso molto più facile e vantaggioso di una volta trasferire le fabbriche e le tecnologie nei paesi emergenti.
Nell'era della delocalizzazione, possedere una immensa forza lavoro diventa un vantaggio.
La Cina urbana - 520 milioni di persone - attira gli investimenti delle multinazionali occidentali, che pagano salari molto più alti del magro reddito dei contadini. Già oggi il ceto medio delle grandi città cinesi è il primo mercato mondiale di acquirenti di telefonini (310 milioni di abbonati), ha il più alto numero di accessi online con banda larga (32 milioni di "broadband" per 87 milioni di utenti Internet) ed è il quarto paese per il numero di personal computer nelle case.
La riserva di forza nascosta del dragone cinese è la sua popolazione rurale, che da sola supera gli abitanti di Europa e Stati Uniti messi assieme. «Il guadagno di un contadino - dice il demografo Xu Jin - non arriva a un terzo del più povero salario urbano. Perciò la spinta a emigrare verso le grandi città continuerà ad essere irresistibile. Ogni anno venti milioni di cinesi abbandonano definitivamente le campagne per cercare lavoro nelle zone più avanzate del paese. È un meccanismo di sviluppo che avete conosciuto: prima voi in Europa, poi gli Stati Uniti. Da noi però accade tutto su scala molto più grande, e in un'epoca in cui l'economia mondiale è più aperta e integrata. Grazie a questo serbatoio di manodopera a buon mercato, per almeno altri vent'anni avremo un vantaggio competitivo su di voi». La popolazione cinese si può considerare come la più grande «risorsa naturale» del pianeta. Il modo in cui verrà utilizzata, determinerà gran parte della storia del XXI secolo.
Uno dei grandi punti interrogativi riguarda tutte le altre risorse naturali necessarie per alimentare la crescita cinese. Questo paese deve mantenere più di un quinto della popolazione mondiale su una superficie che è solo poco più grande degli Stati Uniti. Le terre arabili a sua disposizione sono ancora più ridotte: sul suo territorio la Cina ha appena il 7% della superficie coltivabile del pianeta, il 3% delle foreste, e il 2% del petrolio. Il 94% degli abitanti si affollano nella Cina del sud-est - dove si concentrano sia le megalopoli del boom economico, sia le terre fertili - mentre aree immense dal Tibet alla Mongolia interna sono quasi deserte. Grazie a uno sviluppo vorticoso, la Cina ha valuta pregiata in abbondanza per comprare materie prime all'estero, ma i suoi bisogni insaziabili mettono a dura prova gli equilibri ambientali del pianeta. Appena dieci anni fa la Cina non importava neppure una goccia di petrolio, nel 2004 è diventata il secondo importatore mondiale e incalza gli Stati Uniti. Oggi la Cina ha dieci milioni di auto private, nel 2020 saranno 120 milioni. Le riserve petrolifere mondiali, e l'ossigeno nell'atmosfera che respiriamo, non sono illimitati.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»