sabato 8 gennaio 2005

Cina

Repubblica 8.1.05
Il colosso pubblico Cnooc in pista per rilevare lo storico gruppo californiano
La Cina marcia sul petrolio Usa maxi offerta per Unocal Pronti 13 miliardi di dollari per la prima Opa di Pechino Raffica di acquisizioni in Canada e trattative in Russia per entrare nell'affare Yukos
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE FEDERICO RAMPINI


PECHINO - A dicembre la divisione personal computer della Ibm passava sotto il controllo di un'impresa di Stato cinese, Lenovo. Appena un mese dopo è di nuovo l'invasione cinese a fare notizia in America, questa volta con le voci di scalata a una compagnia petrolifera. Il nome non ha lo stesso potere simbolico dell'Ibm, ma il valore dell'operazione è dieci volte più alto: 13 miliardi di dollari. Se andrà in porto, segnerà un record assoluto (per ora) nelle acquisizioni cinesi all'estero. Lo scalatore si chiama Cnooc, è una società controllata dal colosso pubblico China National Offshore Oil Corporation. La preda è Unocal, un nome storico dell'industria petrolifera sulla West Coast americana. Per un secolo si è chiamata Union Oil of California. Fece parte del grande cartello di società petrolifere che operò sotto la regìa dei Rockefeller, e i cui eccessi portarono gli Stati Uniti a varare la legislazione antitrust un secolo fa.
Le origini della Unocal risalgono al 1890, a Santa Paula nella Ventura County. Per il pubblico americano è un nome familiare: in California i distributori di benzina con il marchio Union 76 fanno parte del paesaggio locale, per le strade di San Francisco e Los Angeles o sulla Highway 1 celebrata da Jack Kerouac. In realtà quei distributori la Unocal li vendette qualche anno fa per concentrarsi su un'attività più redditizia: la ricerca e l'estrazione di petrolio nei giacimenti che controlla in Texas, nel Golfo del Messico, e soprattutto in tre paesi del sud-est asiatico: Indonesia, Thailandia e Bangladesh. È questo il patrimonio che attira i cinesi, al punto che per la prima volta nella storia un'azienda di Stato controllata dal partito comunista di Pechino studia come lanciare un'Opa: Unocal infatti è una public company quotata a Wall Street e per comprarla i cinesi dovranno rastrellare le sue azioni sul mercato.
La puntata verso l'industria petrolifera americana è l'ultima conferma del formidabile appetito della Cina per le materie prime: il boom economico nel 2004 ha fatto salire del 40% le sue importazioni di petrolio. Con una crescita del Pil che nel 2005 dovrebbe attestarsi all'8%, l'approvvigionamento di greggio continuerà ad essere una priorità. Non potendo puntare all'autosufficienza, le autorità di Pechino cercano di controllare le fonti di energia con una logica capitalistica, cioè con una campagna di acquisizioni all'estero. Il progetto di scalata a Unocal è il più significativo perché coinvolge una compagnia petrolifera americana, ma non è l'unico. Negli ultimi mesi l'attivismo delle «tre sorelle» petrolifere cinesi - Cnooc, Sinopec e Petrochina - ha avuto una accelerazione in tutte gli angoli del globo. Il paese su cui cinesi hanno puntato di più è il Canada: Pechino e Ottawa stanno per firmare un accordo-quadro che darà alla Cina un accesso senza precedenti alle riserve energetiche canadesi. Tra i progetti più importanti che verranno varati c'è l'investimento delle «tre sorelle» cinesi nelle sabbie petrolifere dello Stato di Alberta. In un altro settore, la China Minmetals Corporation è in trattative per comprare la società mineraria canadese Noranda, terzo produttore mondiale di zinco e nono produttore mondiale di rame.
Un altro fronte di avanzata è in Russia. Di recente il presidente Putin ha rivelato che la China National Petroleum Corporation sarà autorizzata ad acquistare una grossa partecipazione di minoranza nella Yuganskneftegaz, il gigante petrolifero della Siberia che da solo estrae tanto greggio quanto l'intera Indonesia. Yugansk era una filiale della Yukos che è stata messa in vendita e di fatto rinazionalizzata forzosamente da Putin pochi giorni prima di Natale. Dando il benvenuto ai cinesi nel capitale della società, Putin ha ceduto alle avances che la Cina faceva da tempo per garantirsi un accesso privilegiato alle forniture russe.
Anche in Africa Pechino accumula le teste di ponte per il controllo delle materie prime. La Cina ha acquistato giacimenti in Sudan, si è garantita diritti estrazione in Gabon e Angola, in Sudafrica ha formato una joint venture per la liquefazione del carbone. In America latina gli investimenti diretti della Cina hanno raggiunto l'anno scorso la soglia di 4,6 miliardi di dollari: Sinopec e Petrochina sono ormai presenti in Argentina, Venezuela e Ecuador.
Se verrà lanciata l'Opa su Unocal, l'interesse sarà anche un altro. La Cina sta muovendo le sue pedine a Wall Street, in un apprendistato che i mercati americani seguono con attenzione.
Avendo una classe di manager abituati a dirigere imprese di Stato, solo di recente quotate in Borsa, per i cinesi questi «ballon d'essai» possono anche finire male, ma sono comunque dei percorsi di iniziazione al grande gioco della finanza globale. Finora i politici e l'opinione pubblica americana sembrano meno allarmati di quanto lo erano negli anni 80 di fronte all'invasione del capitalismo giapponese.