venerdì 28 gennaio 2005

a Mosca: la prima mostra d'arte moderna nella storia della Russia

La Stampa 28 Gennaio 2005
«NON PROFANATE IL TEMPIO DELLA RIVOLUZIONE»: SI APRE NEL DISSENSO LA PRIMA «BIENNALE» FINANZIATA DALLO STATO. PARTECIPANO 41 ARTISTI DA 22 PAESI
L’arte moderna nel museo Lenin: e Mosca insorge
di Francesca Sforza
corrispondente da MOSCA


IL Museo Lenin, nel cuore di Mosca, è stato in disarmo per più di dieci anni. «Closed forever», rispondevano le guardie della Piazza Rossa al turista in cerca di indicazioni. Chiuso per sempre.
Da ieri, però, gli spazi che in epoca sovietica custodivano i cimeli della rivoluzione - oggi trasferiti nella cittadina di Leninskie Gorki - si animeranno di nuovo grazie alla Prima Biennale dell'Arte Contemporanea di Mosca. «Il vero gesto artistico è stato quello di cominciare dal Museo Lenin, in cui per anni non è entrata anima viva, per poi allargarsi a macchia d'olio su tutta Mosca», ci dice Iosif Backstein, coordinatore della Biennale. «Se non fosse per queste ragazze bellissime che servono vodka - dice un giornalista americano alla conferenza stampa di presentazione - sembrerebbe di essere a Londra, a Berlino, a New York». Ci si ricorda di essere a Mosca solo pochi minuti prima dell'inaugurazione, quando una folla rumorosa si addensa davanti alle porte del Museo Lenin gridando al sacrilegio: «Non profanate il tempio della rivoluzione, tenete Lenin fuori dai vostri quadri», dicono i cartelli dei nostalgici.
Nove luoghi espositivi, quarantuno artisti provenienti da ventidue paesi, più di venti progetti speciali con autori di prestigio internazionale come Christian Boltanski, Yuri Vassiliev o Bill Viola e oltre trenta manifestazioni parallele nelle gallerie della città (tra cui il padiglione italiano al Museo di Storia Contemporanea della Russia). La prima Biennale di Arte Contemporanea di Mosca è costata 53 milioni di rubli (2 milioni e mezzo di dollari), tutti pagati dallo Stato: «Non c'è stato neanche uno sponsor che si sia lasciato convincere a investire nell'operazione», ha detto il capo dell'Agenzia Federale della Cultura Mihail Shvidkoy.
Quello degli sponsor non è stato l'unico «niet». La Direzione della Metropolitana di Mosca ha rifiutato di prestare la stazione «Vorobiovy gory» alle videoistallazioni e uno dei curatori, Viktor Misiano, è stato allontanato dal gruppo per dissensi sulla direzione culturale. Problemi di censura? «Massima libertà per gli artisti - ha detto Shvidkoy - ma visto che era lo Stato a pagare, una certa selezione c'è stata». Alcuni lavori, in altre parole, sono stati finanziati dagli stessi artisti perché lo Stato non li aveva «selezionati».
«Inutile nasconderlo, questa prima biennale moscovita è un grande gioco - dice Iosif Backstein -. C'è l'arte, c'è la politica, c'è la memoria, ci sono i tabù da infrangere e la curiosità da risvegliare».
Tutti a chiedersi se Putin verrà all'inaugurazione. Il Cremlino tace fino all'ultimo, ma Putin alla Biennale c'è lo stesso, in forma d'arte. Dmitri Shubi, fotografo di San Pietroburgo, ha intitolato la sua opera Mosca negli occhi del presidente: una rassegna serrata e puntuale di ciò che Putin vede dal finestrino della sua auto nel tragitto che separa la sua abitazione dal Cremlino. I palazzi del Kutusovsky Prospekt, le insegne luminose del Nuovo Arbat, le persone che chiedono un passaggio per qualche centinaio di rubli. «La mia preferita - dice Shubi - è quella di una donna che guarda l'obiettivo da dietro le spalle di un barbone, e sembra avere paura di quello che vede».
L'immagine di Putin ricorre con insistenza anche nel progetto speciale «Rossia2», che si propone di presentare «la cultura parallela al sistema ufficiale». In questa Russia una Madonna con Bambino è una ragazza seduta su una poltrona di teatro, con in grembo un ordigno pronto a esplodere, e il Salvatore è un ragazzo con la faccia di Putin, che dà da accendere a Cristo. Il culto della personalità è una specialità dei russi, ma questa volta non si tratta di matrioske o di magliette.
«Vorrei che Mosca diventasse la Venezia d'Inverno» - dice Rosa Martinez, tra i curatori di questa Biennale e curatrice di quella veneziana. Anche il Lido risentirà dell'esperienza moscovita? «Qualche artista che oggi è qui, domani sarà a Venezia». Quanto al resto, «segreto assoluto».
I moscoviti stanno a guardare, indecisi se lasciarsi prendere dall'entusiasmo, arrabbiarsi o tenersi da parte: «Si fa presto a dire "la prima biennale di Mosca" - scrive ad esempio il tabloid popolare Moskovsky Komsomolets -. Per essere Biennale deve durare almeno due anni. Dunque sapremo solo nel 2007 se l'esperimento ha funzionato».