La moglie Lella: Fausto, vai in pensione. E lui: lo farò
Il capo del Prc: non dico che si può lasciare la politica, ma i posti di direzione sì. Lo fa anche la Chiesa con i vescovi
di Maria Latella
Lella Bertinotti rivela invece di non sostenere il marito nella sua scelta di candidato alle primarie. «Sono per qualsiasi cosa lo porti a casa». Ovvero a una «vita in campagna e marmellatine fatte in casa»ROMA - In via Santi Apostoli Romano Prodi riunisce il centrosinistra. Dall’altra parte della strada, Gianfranco Fini discute di Europa e America con gli ospiti della Fondazione Rebecchini. A poche decine di metri, intanto, in via Nazionale, Fausto Bertinotti parla di Brecht: lo fa a teatro, in quell’Eliseo tanto caro ai devoti della Proclemer, della Malfatti, della Moriconi. Roma è così, concentra molti e diversi eventi in poco spazio e certo il segretario di Rifondazione Comunista pare a suo agio qui, in quest’atmosfera che, per farsi più brechtiana, schiera anche una mendicante cinquantenne davanti all’ingresso del teatro. «Regina povertà» si intitola l’incontro dedicato al musicista Kurt Weill e all’autore di teatro Bertold Brecht, icone di una certa fase culturale, citatissimi, amatissimi negli anni Sessanta-Settanta: lo conoscevano perfino i liceali di provincia e, racconta Lella Bertinotti, loro due, sposati da poco, addirittura partivano da Novara, in 500, per andare a Milano, la sera, a vedere Strehler e il suo Brecht, al Piccolo Teatro. Innamoramenti remoti, saranno almeno vent’anni che di Brecht non parla più nessuno e invece adesso spunta, o rispunta, in un pomeriggio di quelli che all’Eliseo cura il giornalista Curzio Maltese. Il soggetto stimola Fausto Bertinotti, convinto che Brecht abbia, da intellettuale visionario, tutto anticipato e previsto, anche la globalizzazione: «C’è in lui un elemento profetico che consiste nel vedere l’umanità a un bivio, di qui la catastrofe, di là la salvezza». Del drammaturgo tedesco, Bertinotti apprezza «la critica al potere tout court». Eppure, si potrebbe osservare, eppure anche lui, anche Bertinotti, di questo sistema è parte, se non altro perché inserito nell’ingranaggio ansiogeno dei media... L’altro giorno, al Riformista , la moglie Lella ha confessato un privatissimo obiettivo: convincere il marito ad andare in pensione. Cederà Fausto alla coniugale insistenza? Oppure, come tanti altri, politici, giornalisti, imprenditori, resterà sulla breccia anche oltre gli ottanta, perché lasciare la ribalta è doloroso, troppo perché si arrivi a deciderlo da soli? «Anche su questo vi sorprenderà - sorride Lella Bertinotti - Perché? Perché, come dice Prodi, Fausto è strampalato».
Tra una riflessione su Brecht e una sull’Opera da tre soldi, pure il segretario di Rifondazione sembra condividere il punto di vista della moglie. «Lella vuole mandarmi in pensione? Sono d’accordo. Non ho detto che si lascia la politica, la politica è una scelta di vita, ma si possono lasciare i posti dai quali la politica si organizza, si dirige. Se lo prevede la Chiesa per i suoi vescovi, perché non possono prevederlo i partiti?». Far parte di organi direttivi richiede quotidiana fatica, riflette il segretario di Rifondazione Comunista, e tempo, soprattutto, tempo. «Mentre a lui piace leggere, piace studiare - confida ancora Lella Bertinotti - Io ci ho pensato, anch’io mi rendo conto di quanto possa lasciare spaesati trovarsi senza più riflettori, senza cronisti, senza taccuini...». Ci ha pensato ed è arrivata alla conclusione che Bertinotti sarebbe felice comunque, «purché possa studiare, leggere e magari essere chiamato, di tanto in tanto, a dibattere di quel che sa». «L’impegno quotidiano deve aver un termine - aggiunge lui - Vale per tutti i campi, perché non deve valere per la politica?». E poi, citando l’Ecclesiaste: «C’è un tempo per e un tempo per...». Ma quella parola lì, «pensione», ecco, quella proprio non gli viene.
IL GIORNALE DI BRESCIA 28.1.2005
Bertinotti: «Non mi ritiro neanche se lo chiede il Papa»
Corrado Martucci
La moratoria sulle primarie chiesta da Prodi e Fassino è in atto nelle sedi ufficiali, ma ciò non toglie che se ne parli in dichiarazioni e interviste. E per quanto Bertinotti abbia affermato più volte di non voler compiere il ’’passo indietro’’ da qualcuno richiesto, da molti auspicato, ha fatto rumore l’ultimo intervento del leader di Rifondazione Comunista: «Non mi ritiro dalle primarie neanche se me lo chiede il Papa». Un’asserzione categorica, tanto più che alla domanda provocatoria di un giornalista, «e se glielo chiedesse Prodi?», il segretario del Prc ha replicato: «Nella mia gerarchia personale il Papa è più di Prodi». Ad ogni modo coloro che sono abituati a leggere tra le righe hanno attribuito notevole valore a un’ulteriore chiosa del parlamentare: «Se esiste un problema politico da parte di alcune forze, lo si ponga alla luce del sole e io sono prontissimo a discuterne». Il che potrebbe rappresentare una minaccia, ma pure una apertura. La condotta di Bertinotti è stata duramente criticata da Marco Rizzo, dell’alleato ma antagonista Pdci, il quale ha esortato il leader di Rifondazione a «smettere di rimirarsi allo specchio per cominciare a pensare alle cose serie, innanzitutto a vincere le elezioni». Rizzo ha citato un recentissimo sondaggio il quale «dà oggi alla Gad qualche punto di vantaggio rispetto al centrodestra». Dell’indagine demoscopica, realizzata da Demos-Eurisko su incarico del gruppo ’’L’Espresso’’ risulta che «l’entusiasmo per la squadra del Governo Berlusconi scende al 36 per cento, ma il giudizio dell’elettorato nei confroni del centro sinistra rimane comunque poco benevolo». Dall’autunno a oggi i due schieramenti si sarebbero riallineati nelle previsioni degli elettori, passando per l’Ulivo dal 45,8 per cento di settembre al 35,4, la Casa delle Libertà sarebbe risalito dal 34,2 per cento al 36,2, mentre l’area degli incerti si sarebbe allargata dal 20 al 28 per cento. Di questo sondaggio si è parlato al vertice dei leader della Federazione dell’Ulivo svoltosi nello studio di Prodi con i dirigenti dei Ds, della Margherita, dello Sdi e dei Repubblicani europei. È stato deciso che alle regionali i partiti federati si presenteranno con lo stesso simbolo ’’Uniti per l’Ulivo’’. Il 26 gennaio in una manifestazione a Roma saranno presentati i 14 candidati presidenti, mentre il 27 l’assemblea plenaria della Federazione eleggerà presidente e comitato esecutivo. Non è stato trattato il problema delle primarie.