venerdì 28 gennaio 2005

referendum sulla fecondazione
dopo la trasmissione di Ferrara con Cossu e Vescovi

Liberazione 28.1.05
Alle "Otto e mezzo" tra scienza, polemiche e propaganda

Caro Curzi
sono rimasto sbalordito dal programma "Otto e Mezzo" di mercoledì sera, per l'argomento interessante trattato in maniera faziosa da Ferrara, che non lasciava parlare chi osava contrapporsi al prof. Vescovi, fosse pure il suo superiore prof. Cossu. Ferrara non solo si arrogava il diritto di riassumere lui le posizioni dei partecipanti, deformando abilmente quelle dei radicali e del loro rappresentante alla trasmissione, ma pur di sostenere le sue tesi a favore dell'ovulo fecondato = uguale persona umana, ha irriso al documento firmato da un certo numero di scienziati Premi Nobel, insultando questi ultimi col dire "Voi avete sempre pronti tanti Nobel, sia che si tratti del Vietnam che della fecondazione artificiale" come se i firmatari fossero degli utili idioti assoldabili da chiunque. E sbeffeggiando il Nobel col dire sarcasticamente "pure Fo è Nobel, figuriamoci" (le parole forse non sono esatte, ma il significato sì). Poi ha criticato chi si serve degli esempi personali, come il Coscioni, per fini di propaganda, ma lui stesso ha invitato alla trasmissione un signor Brunetta che è portatore di un male ereditario, per fargli dire che è ben felice di essere vivo nonostante la malattia, mentre non lo sarebbe se qualche amico della scienza avesse all'epoca suggerito o imposto di eliminare il suo embrione perché malato. Forse tu non pubblicherai questa lettera perché sei amico di Ferrara e più volte hai detto che lo stimi come giornalista, ma questo è un tuo problema di coscienza.


Nuccio Massari e mail

Nessun problema di coscienza. Ferrara è un collega che sa il fatto suo, il che non significa che svolga la professione ineccepibilmente e che anzi troppo spesso interpreti assai male la sua funzione di introduttore e moderatore, trasformandosi per eccesso di autostima e di facilità verbale nella vera controparte di chi pure è stato invitato a "Otto e mezzo", ma non condivide la sua posizione. Mercoledì sera ha, come suol dirsi, passato il segno, e proprio in un campo nel quale la funzione della informazione è essenzialmente quella di rendere chiari i termini di un problema dalle molte facce, difficilmente accessibile a chi non sia uno specialista o non abbia seguito l'accesissimo dibattito che ha preceduto e seguito l'approvazione della legge 40, per l'abrogazione della quale, o la cancellazione delle norme più oscurantiste, si è mobilitato l'intero Paese, con l'apporto anche di personalità della scienza e dell'umanesimo, ivi compresi dei Premi Nobel che da parte di tutti meritano, se non condivisione, certamente rispetto. Ma l'uomo è questo. Per amore di polemica e per faziosità sarebbe capace di negare il sole. Tanto è vero che invita Luca Coscioni a non strumentalizzare la propria orribile malattia, per ora senza salvezza, mentre è stato lui Ferrara il primo a tirare in ballo l'esperienza personale. Forse non sei un ascoltatore abituale di "Otto e mezzo", ma nella prima trasmissione dedicata appunto alla legge 40 e alle sue storture, Ferrara ha dichiarato al microfono, inutilmente ripreso da Ritanna Armeni, che lui era ben felice di essere così com'è al mondo, e che nessuno, sua madre o altri, abbia potuto decidere di non far proseguire la sua vita, immaginando che avrebbe avuto problemi nel crescere. L'esempio, come vedi, oltre a essere destituito di fondamento, non è solo prova di furbizia ma volutamente spiazzante e dunque prova di cinismo. Anche l'altra sera ha impedito, dopo un ipocrita invito iniziale a non abbandonarsi alle polemiche personali e a discutere serenamente, al prof. Cossu, che si diceva favorevole alla sperimentazione sugli embrioni esistenti (destinati alla morte entro breve perché non richiesti da coppie sterili) a sviluppare il suo discorso perché dalle di lui parole si poteva capire che l'illustre medico sarebbe stato favorevole anche alla sperimentazione su embrioni creati in sopranumero non volontariamente). La legge che il referendum avrebbe voluto abrogare, infatti, prescrive che per ogni donna che voglia ricorrere alla fecondazione assistita, possano essere fecondati in provetta tre ovuli, i quali tutti debbono essere impiantati nell'utero materno, senza verificare se l'uno o l'altro di essi è portatore di una qualche malattia genetica o di un qualche "difetto" che ne impedirebbe il normale sviluppo. Se, dopo l'impianto nell'utero, ci si accorgerà che qualcosa va male, la donna sarà libera di ricorrere all'aborto. Chi tentava di argomentare questo aspetto è stato zittito dicendo che non si stava parlando di quello, e per buon peso l'impareggiabile conduttore ha anche detto che non si facesse finta di parlare di salute della donna, perché intanto si parlava del diritto a vivere (o a essere buttato, in verità) dell'embrione non impiantato. Meglio la morte del sacro embrione, portatore di un diritto sembrerebbe superiore a quello della donna che lo nutre nel suo grembo, piuttosto che usarne a fini di ricerca. Mi fermo qui, caro Nuccio, e forse sono andato oltre, perché la legge è stata ampiamente illustrata e criticata su "Liberazione", da altri più di me titolati a farlo. Per finire, un semplice augurio: che anche su "La 7" si torni ad affrontare il delicato argomento, con l'unico scopo di fornire informazioni esatte e far discutere, a parità di tempo e di rispetto, persone di opinioni diverse.

Alessandro Curzi
alessandro. curzi@liberazione. it