sabato 16 aprile 2005

genialità:
Leonardo da Vinci

Panorama.it 15.4.05
Creazioni geniali
di Giorgio Ieranò

Un modellino creato sulla base dei disegni e degli appunti di Leonardo da Vinci.
Migliaia di disegni e progetti di Leonardo, molti dei quali mai compresi o analizzati, rivivono nelle pagine di un volume affascinante: macchine per librarsi in cielo, micidiali dispositivi per andare in guerra, ponti dal design modernissimo, elaborati strumenti musicali. Un viaggio da non perdere nella mente di un inventore unico nella storia

Per Leonardo da Vinci la guerra era «pazzia bestialissima». Ma, da uomo pratico qual era, sapeva benissimo che Ludovico il Moro, lo spietato signore di Milano, di quella pazzia era un appassionato. Così, nell'anno 1482, presentandosi al «Signore illustrissimo» della dinastia sforzesca, sa quali corde deve toccare. Nella lettera in dieci punti scritta a Ludovico, Leonardo, già famoso come artista e pittore, si offre infatti come ingegnere militare. E promette bombarde potentissime, ma anche «comodissime et facili da portare», propone di costruire «ponti leggerissimi e forti», suggerisce mirabolanti macchine da assedio e da battaglia: «Farò carri coperti, securi e inoffensibili, e quali entrando intra li inimica con le sue artiglierie, non è sì grande moltitudine di gente d'arme che non rompessimo. E dietro a questi potranno seguire fanterie assai, illese e senza alcun impedimento».

Il bellicoso Moro fu sedotto da queste prospettive. E prese Leonardo al suo servizio, per 17 anni, fino al 1499. Quando l'artista deve lasciare Milano perché Ludovico è stato travolto dalla sua stessa sete di battaglie, sconfitto sul campo e trascinato in prigione dai francesi. «Il Duca perse lo Stato e la roba e la libertà» annota sconsolato lo stesso Leonardo «e nessuna opera si finì per lui».

Nessuna, almeno, delle meraviglie ingegneristiche che Leonardo aveva promesso. E neanche la monumentale statua equestre di Francesco Sforza, padre del Moro, di cui ci restano molti disegni: il bronzo necessario a costruirla fu spedito da Ludovico a Ercole d'Este per farne cannoni contro i francesi. Ma a memoria del primo soggiorno milanese resta, tra l'altro, e non è poco, il grande affresco dell'Ultima cena in Santa Maria delle Grazie.

Comunque, del grande lavoro di progettazione di Leonardo, delle macchine portentose che egli andava pensando in quegli anni, danno testimonianza i numerosi fogli di disegni. Soprattutto quelli contenuti nel celebre Codice Atlantico, oggi conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. C'è di tutto in quei fogli: progetti avveniristici e probabilmente irrealizzati se non irrealizzabili.

Non solo macchine da guerra, come il primo abbozzo di un carro armato, ma anche macchine per volare, un'ipotesi di automobile, barche a pale come se ne vedranno un giorno sui fiumi d'America, strumenti musicali che suonano da soli. Che senso avevano quei progetti? Quanto erano visioni oniriche, astrazioni, creazioni dell'intelletto per l'intelletto, e quanto invece Leonardo si proponeva davvero come ingegnere e «profeta dell'automazione», come è stato scritto?

Due esperti italiani in disegno industriale, Mario Taddei ed Edoardo Zanon, hanno provato a raccontare visivamente trenta macchine leonardesche, estrapolandole dai disegni con l'aiuto delle nuove tecnologie informatiche e arrivando a modelli che, a differenza di quelli esposti in molte parti del mondo, sono perfettamente funzionanti. Ne è uscito un libro sorprendente, pubblicato ora dall'editore Giunti, Le macchine di Leonardo, Segreti e invenzioni nei Codici da Vinci, con i testi di Domenico Laurenza, esperto di iconografia scientifica rinascimentale.

Alle spalle c'è il lavoro di ricerca di Taddei e Zanon, i quali si occupano dell'interpretazione e divulgazione del genio fiorentino (con il progetto Leonardo3), e la collaborazione con il Museo di storia della scienza di Firenze, diretto da Carlo Galluzzi, che presenterà il volume il 18 maggio nell'iniziativa Leggere per non dimenticare (il volume sarà in libreria il 20 aprile). E i risultati sono per certi versi straordinari: non solo perché le ricostruzioni virtuali permettono di comprendere meglio gli stessi disegni leonardeschi, ma anche perché il senso di alcuni marchingegni risulta diverso da quanto comunemente si pensava.

Prendiamo, per esempio, la celebre automobile. È stata vista spesso come una specie di anticipazione del secolo XX, quasi che Leonardo fosse un antesignano di Henry Ford. Ebbene, l'ipotesi di Taddei e Zanon, basata su un riesame degli schizzi, è che questo marchingegno a molle non fosse altro che una macchina scenica, uno di quei congegni mirabolanti che si usavano spesso per le grandi feste rinascimentali. Rimase famoso, l'allestimento di una favola scenica sul mito di Orfeo ed Euridice, che Leonardo da Vinci fece rappresentare durante il suo secondo soggiorno milanese, per conto del nuovo governo francese. Una cupola che rappresentava una scenografia montana si apriva all'improvviso, mentre dal basso, tramite una botola, appariva a sorpresa un attore, come se arrivasse dagli inferi.

Del resto, anni prima, Leonardo si era presentato a Ludovico il Moro portandogli in dono una stranezza da usare proprio nelle feste, una lira a forma di teschio animale. E si può aggiungere un altro strumento musicale, la «pianoviola» automatica, creazione bizzarra ed estremamente complessa: un suonatore poteva indossarla sfilando in corteo, facendola suonare grazie allo sfregamento delle gambe contro un sistema di corde e crini di cavallo collegati a un meccanismo interno, e mantenendo entrambe le mani libere.

Le feste e la guerra: erano questi i due grandi universi dei signori rinascimentali, ed era a essi che Leonardo guardava, uomo del suo tempo piuttosto che profeta di un remoto futuro. Forse disegni bellissimi come quello dei «carri falcianti», un capolavoro proveniente da un codice conservato alla Biblioteca Reale di Torino, accompagnavano la lettera a Ludovico il Moro. I carri falcati erano macchine da guerra in uso fin dall'antichità: ma nella visione leonardesca la silhouette elegantissima del carro, la bellezza delle falci rotanti che dovevano fare strage di nemici, fa sembrare la guerra più che una «pazzia bestialissima» un'elegante parata.

Più ardita l'idea del carro coperto, fornito di cannoni, in un disegno conservato al British Museum di Londra: è il prototipo del carro armato. Prototipo, senza dubbio, mai realizzato: anche qui sulla vocazione ingegneristica prevale il genio visivo e visionario dell'artista. Quanto ama i chiaroscuri e gli sfumati nelle pitture, tanto Leonardo cerca linee nitide, nette e astratte nei disegni. Sfumature e chiaroscuri appartengono alla realtà, l'astrazione all'intelletto.

Come nota Laurenza nell'introduzione al volume dalla Giunti, «molte macchine progettate da Leonardo, le più spettacolari, non sono altro che forme di visualizzazione o materializzazione delle sue teorie scientifiche». È così anche per le molte macchine del volo, un tema su cui il grande inventore ha iniziato a ragionare partendo non tanto dai congegni ma dallo studio della dinamica e delle forze del corpo umano. Nelle ali meccaniche è evidente l'imitazione della natura, la fantasia di ricreare il volo degli uccelli. E anche alla famosa «macchina volante» Leonardo si riferirà chiamandola semplicemente «uccello».

È singolare vedere le macchine di Leonardo ricostruite con la computergrafica, in una dimensione che, come dicono gli stessi Taddei e Zanon, sta a metà tra il mondo del Rinascimento e quello della Playstation. Viene da chiedersi quello che avrebbe fatto Leonardo se avesse avuto davanti a sé un computer. Forse avrebbe inventato macchine perfette come un bravo disegnatore industriale. O forse, più probabilmente, avrebbe continuato a sognare i suoi sogni di uomo del Rinascimento.