sabato 16 aprile 2005

un reportage dal manicomio,
di Joseph Roth

La Stampa 16 Aprile 2005
UN REPORTAGE DAL MANICOMIO
Ho visto imperatori e profeti: ma i pazzi sono loro?
Joseph Roth

HO sentito di alcuni «casi» interessanti, e chiedo un appuntamento. Il dottore sarebbe disposto a ricevermi? Sicuro, molto volentieri. Mi accoglie un uomo alto, biondo, ben rasato, con lineamenti espressivi e simpatici occhi azzurri. «Dottor Theodosius Regelrecht, aspirante avvocato». Ha rinunciato al suo nome, della famiglia non vuol sentir parlare affatto, si presenta come «Regelrecht» e tanto basta. Sta scrivendo le sue memorie, afferma di averne viste di tutti i colori, e in ogni caso è un personaggio. «Lei è nel ramo “sfruttamento carta”?». La sua prima domanda è alquanto strabiliante, gli rispondo con un «sì» mogio mogio. «Ho perciò il dubbio onore» continua «di vedere in lei un esponente di quella non autorevole opinione che si dice “pubblica”? E uno di quei “liberi professionisti” che per una fatale svista della natura non possono battere il marciapiede e perciò battono articoli per i giornali? Allora, mi fa le sue domande?». «Che ne pensa della situazione politica dell'Austria, dottore?».
«L'Austria è un impero senza imperatore, non una repubblica. Il presidente, il cancelliere o come diavolo si chiama adesso il capo supremo, si convertirebbe al bolscevismo più spietato... in cambio di una corona regale. Tutte le nazionalità della vecchia Austria-Ungheria sarebbero pronte a far pace e a unirsi in una Federazione danubiana se solo potessero di nuovo prendere parte al corteo per il genetliaco dell'imperatore. E’ con grida di giubilo - come per una bufala andata a segno - che i giornali saluterebbero il procuratore di Stato dottor Mager, mi pare si chiami così, se potessero ripristinare la rubrica “La corte e il suo entourage”. Telepatici e lottatori al gran completo perderebbero di colpo l’intero loro pubblico, se una qualsiasi Altezza reale si degnasse di transitare ancora una volta a Grinzing davanti a un ospedale per feriti di guerra, e la nostalgia dei viennesi per la musica di Corte è così invincibile che, in mancanza di questa, si danno alle riunioni comuniste».
«Crede al comunismo, dottore?». «Forse verrà, ma in tal caso sarà un comunismo dal “cuore d'oro”. Del resto anche a Budapest gridano “Evviva Kun!” solo perché non possono più gridare “Evviva Kàrolyi!”». «Crede al ritorno della nronarchia?». «Ma che domanda è mai questa? Comunismo o monarchia - l'uno e l'altra sono austriaci, e non esistono. E comunque mi sono trattenuto abbastanza. Riferisca a quel manicomio che chiama se stesso “mondo” e per il quale lei scrive che io. dottor Theodosius Regelrecht, non ho la minima intenzione di tornarci. Non sono mica matto!».
E con ciò me ne sono andato. L'incontro successivo è con un dignitoso signore dalla barba grigia che porta sul capo una corona di carta colorata e si definisce «l'ultimo imperatore». Evidentemente anche lui legge il giornale perché esclama in continuazione: «Me, non mi deporranno!». La Sua triste Maestà è inavvicinabile, e perciò passo oltre.
Nel corridoio si fa avanti un omino magro magro. «Il dottor Regelrecht mi ha parlato di lei. Io sono qui, a sua disposizione. Ho sentito: la monarchia non esiste più, il Consiglio imperiale l'hanno mandato a casa e all'Assemblea nazionale un sottosegretario ha tenuto il discorso della Corona al posto dell'imperatore, spedito a tale scopo in Isvizzera. Oh, è la fine del mondo!». «Non è un po' troppo pessimista?». «Io? Al contrario! Vedo soltanto che il mondo abbraccia una nuova idea. Sono anni che lo vado predicando: “Il mondo è sottosopra”. Perciò mi hanno preso per pazzo. Ma adesso è sottosopra!». «Com'è arrivato qui?». «Oh, la casa è molto semplice! Sette prestiti di guerra li avevo tranquillamente sottoscritti. Ma quando mi invitarono ad aderire anche a un ottavo, mi prese un convulso di risa e gridai: “Il mondo è sottosopra!”. Se avessi avuto una crisi di pianto, di certo più adeguata alla circostanza, mi avrebbero sbattuto in prigione. Così sono arrivato qui e, intrattenendo per mesi e mesi rapporti con persone dotate di idee grandi e feconde e per questo definite “idiote”, ho avuto l'opportunità di approfondire la mia concezione del mondo. Le do un consiglio: venga da noi! Lei è uno scrittore, e non dovrebbe riuscirle difficile! Perché i medici non credono mai alla ragionevolezza altrui. Li capisco: gli studi che fanno e i colleghi che frequentano giustificano questa loro sfiducia. Ma lei venga da noi, fondi un giornale. Mi abbonerò subito. Deve essere un settimanale satirico, e lei non ha bisogno di inventare storielle spiritose! Le basterà pubblicare perizie psichiatriche e decreti ufficiali! E adesso la saluto!»...
CONGEDO. Detto francamente: mi pesa. Il blu della sera avvolge l'isola degli infelici - o dei beati? - nella foschia. Soltanto la cupola della splendida chiesa costruita da Otto Wagner brilla ancora. Che abbia ragione lui, il piccolo professore? Il mondo non è forse un manicomio? E non è utile assicurarsi per tempo un posticino caldo allo Steinhof? Forse lo farò. E - fonderò un giornale. Cerco collaboratori interessati...