sabato 14 maggio 2005

villa Maria...
dieta e depressione

Kataweb Salute 13.5.05
La dieta mediterranea per battere la depressione
Valentina Alfieri

Risiede nelle membrane cellulari la chiave per una diagnosi affidabile di stato depressivo, un disturbo che, secondo il Ministero della Salute, riguarda 1 milione e mezzo di italiani e sembra sia in costante crescita. Secondo la ricerca presentata nel corso di ‘Brain and Nutrition’, il Seminario internazionale presieduto dal premio Nobel per la chimica Kary Mullis, che si è tenuto nella Villa Maria Cecilia Hospital, infatti, esiste uno stretto legame tra la composizione delle membrane cellulari ed il livello di un acido grasso in particolare, e la depressione.
La comunicazione tra le cellule, finemente regolata con l’invio di neurotrasmettitori e ‘ascolto’ tramite recettori sulle membrane cellulari, influenza la stabilità dell’umore. Nel momento in cui le cellule perdono una delle loro principali caratteristiche, la fluidità, l’equilibrio può spezzarsi, la neurotrasmissione perde colpi e questo può portare il soggetto a sbalzi di umore e a sindrome depressiva. Lo studio presentato organizzato dalla Fondazione Villa Maria, ha portato alla scoperta del ruolo di un acido grasso che risulterebbe coinvolto nella stabilità delle membrane, dal cui livello è possibile stabilire con certezza se un individuo è sano, borderline o affetto da depressione: l’Acido Arachidonico.
“Possiamo dire con una certa sicurezza di avere scoperto il più importante marker biochimico della depressione ossia quell’indicatore che ci permette di capire con un semplice esame di laboratorio quando una persona è depressa e quando non lo è”, ha dichiarato Massimo Cocchi, coordinatore della ricerca e Direttore del Centro di Biologia Molecolare della Fondazione Villa Maria. “Dai nostri dati è emerso come un eccesso di questo tipo di acidi grassi sia caratteristico dello stato depressivo”.
Il disegno dello studio
Lo studio effettuato presso la Clinica Psichiatrica Villa Baruzziana di Bologna, ha preso in considerazione 350 persone tra depresse (con diagnosi di depressione clinica maggiore) e sane. Per tutti i soggetti è stato calcolato con analisi gascromatografica il livello di specifici acidi grassi nelle membrane delle piastrine e i dati sono stati elaborati tramite la Rete Neurale Artificiale (RNA), un software molto avanzato, che mette in relazione il livello di acidi grassi e lo stato depressivo.
La RNA ha permesso di classificare correttamente i soggetti tra sani, depressi e per questi ultimi a classificare anche il rischio tra debole e forte. L’eccesso di acido arachidonico nelle membrane delle piastrine del sangue è risultato il parametro più significativo correlabile allo stato di depressione.
“Questa scoperta spiega anche la fortissima correlazione tra la depressione maggiore e le patologie cardiovascolari come l’arteriosclerosi, infarto o cardiopatie” asserisce Cocchi.
“Un eccesso di acido arachidonico in circolo, infatti, favorisce i processi infiammatori che rappresentano uno dei principali fattori scatenanti delle patologie cardiovascolari”.
Sembra inoltre più chiaro il ruolo della vitamina E, i cui livelli sono sempre stati considerati direttamente collegati allo stato depressivo. Secondo l’équipe di Cocchi, i livelli di vitamina E nelle membrane cellulari del depresso sono maggiori rispetto al soggetto normale (e non minori come è stato dimostrato in alcuni studi precedenti) e questo sembra dovuto alla necessità da parte delle cellule di una maggiore ‘protezione’ a fronte dell’eccesso di acido arachidonico.
Il ruolo della dieta
Alla luce di questa novità, un ruolo più che importante per prevenire lo stato depressivo e per ristabilire la corretta neurotrasmissione e quindi la composizione delle membrane cellulari potrebbe essere ricoperto da una dieta che permetta di diminuire i livelli di acido arachidonico e arricchire di omega 3, noti stabilizzatori di membrana e già considerati antidepressivi naturali, e vitamina E.
La dieta ideale? Quella mediterranea. “La dieta mediterranea prevede, infatti, un moderato consumo di carne (ricca di acido arachidonico) e prodotti animali in genere – sono da preferire comunque carni bianche e carne di maiale povera di colesterolo – un discreto consumo di pesce, ricco di omega 3, e non sostituire mai l’olio extravergine d’oliva con quello di semi che contiene l’acido linoleico che nell’organismo si trasforma in arachidonico. Infine – continua Cocchi che è anche Presidente dell’Arna, l’Associazione Ricercatori Nutrizione e Alimenti – è fondamentale un elevato apporto di vegetali che hanno azione antiossidante. Modificando la composizione degli acidi grassi bisogna, infatti, garantire la maggiore protezione possibile dai fenomeni ossidativi”.
Le applicazioni future
La scoperta mette nelle mani della comunità medica un potente strumento predittivo che permette di classificare meglio la patologia depressiva. Tramite una semplice analisi di laboratorio, che può essere effettuata in un migliaio di laboratori in tutta Italia, si possono classificare tra sani, depressi e borderline tutti quei soggetti che si recano nei centri di psichiatria senza avere una diagnosi affidabile. Sarà possibile con i risultati delle analisi non solo confermare con precisione la diagnosi clinica di depressione maggiore, ma anche individuare i diversi tipi di borderline e stabilire quindi se si tratta di borderline sano e quindi da non trattare oppure se si tratta di bordeline a rischio depressione e quindi da sottoporre a trattamento. Il metodo permette, infine, di intervenire tempestivamente modificando i lipidi della dieta in modo da riequilibrare la composizione delle membrane cellulari riducendo i rischi di depressione di patologia cardiovascolare.
Il Seminario ‘Brain and Nutrition’ è stata un’occasione per indagare a fondo le strette connessioni tra nutrizione e cervello, in quanto oggi è chiaro che ci sono effetti precisi sul sistema nervoso centrale da parte di determinati nutrienti. Tale seminario si inserisce in un ciclo di Seminari Scientifici Internazionali organizzati dalla Fondazione Villa Maria, che ogni anno riunisce un board scientifico internazionale per affrontare tematiche attuali.
La Fondazione Villa Maria, che ha sede a Lugo di Romagna, Ravenna, ha istituito un Centro di biologia molecolare (di cui ha affidato la direzione al professor Cocchi), con lo scopo di identificare per ogni patologia i markers biochimici-molecolari più significativi, tipizzanti quelle patologie che sono fortemente condizionate dalla sviluppo dei fenomeni ossidativi. In questa maniera si sarà in grado di fotografare la situazione di una patologia e quindi di identificare in maniera più rapida e meno costosa il soggetto malato. L’applicazione della rete Neurale Artificiale (RNA) laddove sarà possibile consentirà lo sviluppo di diagnosi revisionali.
Cos’è una Rete Neurale Artificiale
La rete neurale artificiale (RNA) è un modello matematico, applicato ad un software, costruito su una base di algoritmi che per risolvere il problema per cui viene creato prende a modello la corteccia cerebrale e la capacità di imparare dall’esperienza e in maniera totalmente autonoma. La maggior parte dei programmi OCR che permettono di riconoscere le lettere di un testo inserito in uno scanner è basata su tecnologia di reti neurali artificiali.
Nel caso specifico della depressione si è utilizzata una RNA particolare che simula l’autorganizzazione della corteccia celebrale sensoriale, che è in grado di imparare da sola, in base alle informazioni ricevute, la legge per classificare degli oggetti in base a determinati parametri.
Tale Rete Neurale Artificiale, passando in rassegna i risultati delle indagini gascromatografiche dei 350 volontari arruolati per lo studio, ha trovato delle similitudini tra i sani e tra i depressi e ha classificato i soggetti in due gruppi corretti.
Depressione in Italia
In Italia sono almeno 1,5 milioni gli adulti che soffrono di depressione, mentre quasi 5 milioni, oltre il 10% della popolazione, ne hanno sofferto almeno una volta nel corso della vita. Sono depressi 6 bambini su mille, mentre le donne sono colpite tre volte più degli uomini. L'aumento dei ricoveri ospedalieri e l'incremento nell'uso dei farmaci specifici dimostrano che il fenomeno è in crescita progressiva e necessita di un'attività di prevenzione e cura a tutela dei quattro gruppi più a rischio: anziani, bambini ed adolescenti, donne in gravidanza e individui esposti ad eventi traumatici. Tali dati hanno spinto il Ministero della Salute ad organizzare a marzo un vertice per definire una strategia operativa contro la depressione.