venerdì 24 giugno 2005

giochi di ruolo

La Stampa 24.6.05
LE STORIE
QUELLE CHE SIMULANO
«Con mio marito fingo da una vita»

La simulazione di Meg Ryan nel film «Harry ti presento Sally» è impressa nella memoria di noi tutte. Ma non sempre le finzioni sono così allegre, anzi. Sprofondata in una vecchia poltrona del suo salotto, quasi alla ricerca di una protezione fisica, Annalisa - 43 anni, commercialista - accende una sigaretta dietro l’altra. «È una vita che recito a letto. Non so perché. Ho avuto una brutta delusione d’amore a 16 anni, tre anni fa ho iniziato una psicoterapia, spero mi aiuti». E intanto? «Cambio uomo in continuazione, alla ricerca di quel piacere che nessuno finora, a parte quella primissima esperienza da adolescente, mi ha regalato».
Slanciata, mani curate, sguardo bruno e appassionato, Annalisa non ha nulla in apparenza che tradisca la sua frustrazione. Difficile immaginarla in una condizione di costante insoddisfazione. Lo sguardo, la voce sono sensuali: «La mia carta vincente per ingannare gli uomini», sorride, solo con le labbra però. Perché è un inganno che la ferisce e l’annoia. «Vengono confusa con una mangiauomini. Invece mi chiedo: possibile che nessuno di loro si accorga che non provo piacere? La verità è che gli uomini sono noiosi. Io avrò pure il mio problemino, ma da parte loro mai un guizzo creativo».
Decisamente più ironica e spiritosa è Carla, 51 anni, insegnante. «Quella bellissima vignetta di Ellekappa, la ricorda? Recitava così: “Vedi cara, l’amore è una cosa, il sesso un’altra” “E la roba che facciamo noi come si chiama?”. Come vede, il piacere per noi donne non è ancora un diritto ma un optional». Carla ha una carica di simpatia che certo l’aiuta anche in un luogo così delicato come la zona notte. «Conosco mio marito da 36 anni - dice - ci vado a letto da 33, permetterà che non mi senta ancora assalita dal fuoco sacro della passione. Per lui è diverso, ancora mi desidera, anche se non è un grandissimo amante, e io non posso negarmi sempre». Quindi? «Quindi fingo. Non ho altra scelta, lui la finisce di stressarmi, in fondo non mi costa tantissimo. Mi tengo il marito al quale voglio bene e con cui ormai sono diventata un’attrice perfetta. E per convincerlo, prima dei rapporti uso un gel vaginale. Lui è contento, e io non patisco troppo».
All’amor proprio del suo fidanzato è destinata la simulazione di Sandra, 28 anni, cameriera in una pizzeria al taglio, aspirante architetto. «Lo so che non è bello fingere a letto, soprattutto alla mia età, ma non voglio ferire il mio ragazzo: credo si sentirebbe responsabile, invece lui non c’entra per niente». Come fa ad esserne così sicura? «Per due motivi. Uno di carattere fisico, nel senso che per un po’ ho sofferto di vaginismo. Sono stata seguita da un bravo sessuologo, che mi ha aiutata a superare i sensi di colpa che avevo a causa dell’educazione religiosa ricevuta in famiglia».
E l’altro motivo? «Negli ultimi due anni sono stata molto sotto stress perché ho deciso di finire l’università e intanto lavoravo, anzi ancora lavoro, come cameriera. Arrivo a letto stanca morta, per il lavoro e per lo studio. Per questo, quando il mio ragazzo mi cerca a letto faccio finta di stare bene anch’io. Ne ho parlato con alcune amiche e mi hanno detto di farmi furba, perché la stanchezza non c’entra, e che forse lui dovrebbe essere più attento ai preliminari. Ma io sinceramente non me la sento di perderlo, ho paura che se mi metto a fargli quei discorsi va a finire che mi molla. Chissà, forse davvero sono solo troppo stanca per concentrarmi sul mio corpo, sul mio piacere. Vedremo come andrà al mare».

La Stampa 24.6.05
Non lo fo per piacer mio
Elena Loewenthal

Quante parole per il dire il sesso delle donne: liberato, dichiarato. Mai più represso. Esigente. Insoddisfatto. Confuso. Sdoganato, insomma, nel suo ruolo dentro la vita, al di là della procreazione e dei doveri coniugali. Soprattutto e più che mai, argomento di chiacchiera e discussione: di sesso si parla.
Eppure c'è anche, e c'è ancora, un sesso delle donne sottaciuto. Quasi un tabù, in un'epoca come la nostra di strenua consumazione dei tabù. E' il sesso doloroso. Non - o non necessariamente - quello reduce dal trauma di una violenza subìta magari tanti anni addietro. E nemmeno il sesso rifiutato per gravi patologie dell'animo e del fisico. E' invece un sesso più banale, che in fondo non dovrebbe fare notizia: condito di disturbi piccoli ma tenaci, trasforma il desiderio in un fastidio, il piacere in una immancabile frustrazione.
Ne parla Alessandra Graziottin in un libro appena uscito, intitolato «Il dolore segreto. Le cause e le terapie del dolore femminile durante i rapporti sessuali» (Mondadori editore, pp. 295, euro 17,00). L'autrice, forte di una lunga esperienza nel campo della sessuologia, parte da una lunga serie di casi «clinici» per raccontarci questo dolore di fare l'amore. Vi sono donne giovani e altre mature, ragazze alle prime esperienze e madri reduci da parti difficoltosi: «Sei una piaga! Possibile che un rapporto che alle altre dà solo piacere a te faccia venire un male cane per tre giorni?». Racconta Marianna (26 anni) esasperata dal sentirsi dare dell'isterica. Invece è «espareunia», cioè «persistente o ricorrente dolore genitale associato al rapporto sessuale»: non un’inibizione né una forma di rifiuto inconscio. Un male fisico, da curare. Perché nella sofferenza sessuale, ci spiega Graziottin, succede una cosa davvero singolare. Il dolore non è (quasi) mai psicogeno: ha solide basi biologiche, di competenza medica. Però dalle donne viene spesso confuso e considerato «semplicemente» alla stregua di una sorta di risonanza fisica della psiche.
Lo si ritiene un fenomeno psicosomatico, insomma, mentre è esattamente il contrario: il dolore sessuale ha cause fisiche, ma nella coscienza delle donne - che ne parlano di rado e ancor più di rado decidono di rivolgersi agli specialisti - viene avvertito come un disagio psicologico. Una fisima. Diana, 33 anni: «Mi aspettavo che far l'amore fosse una cosa meravigliosa. Invece ho provato sempre dolore, fin dalla prima volta. Passerà, mi dicevo. Invece il dolore è peggiorato negli anni». Prima di pensare che c'è qualcosa che non funziona nel corpo, in casi come questi si chiamano in causa la testa, i sentimenti.
Disapreunia, vaginismo, cicatrici retraenti, anomalie anatomiche, sono invece alcuni fra i nomi di questo dolore, la cui componente fisica è stata per tanto tempo trascurata. Vi è un motivo ben chiaro, in tutto questo: la sessualità femminile è stata sempre vista come un'espressione psicologica e affettiva. Come qualcosa di assai meno fisico della sessualità maschile: le ragioni del corpo di lui sono riconosciute da sempre, mentre quello di lei ha appena acquisito la dignità di soggetto. E ha, a dire il vero, ancora tanta, tanta strada da fare.
Angelicato, vocato soltanto a quella specie di miracolo che è la procreazione, il corpo della donna non ha quasi mai avuto voce in capitolo; la sua sessualità è stata per millenni ignorata e poi, a emancipazione in corso, confinata alla sfera psicologica e agli impulsi della volontà. Il corpo, ridotto al silenzio.
Oggi, uno studio condotto dal Primary Care Sciences Research Centre della Keele University (Gran Bretagna), ci spiega che per una donna su tre l'orgasmo si configura come una specie di chimera pressoché irraggiungibile. Ben poco di nuovo, si dirà, in questa ricerca. Se non che, la responsabile di questo studio, Kate Dunn, rivela che il 34-45 per cento della variazione individuale nella capacità di raggiungere l'acme del piacere dipende dalla variabilità genetica individuale. Questa specie di determinismo tale per cui nasciamo condannate o no ad appagarci facendo l'amore, non deve però diventare il pretesto per gettare la spugna.
Perché tanto il dolore sessuale quanto questa presunta vocazione genetica al piacere sono il segno che il nostro corpo chiede rispetto. Anche soltanto un poco di attenzione prima di rivolgerci prontamente, con una specie di automatismo indotto, alla tanto coccolata psiche.