venerdì 24 giugno 2005

il relativismo di Giulio Giorello
«Di nessuna chiesa»

Corriere della Sera 24.6.05
Nel pamphlet «Di nessuna chiesa» l’epistemologo critica le tesi di Benedetto XVI e di Marcello Pera
In nome dell’Illuminismo
Per il filosofo laico anche Dio è relativista
di PIERLUIGI PANZA

Il titolo, Di nessuna chiesa. La libertà del laico, richiama da subito il pasoliniano non sentirsi legato a «nessuna delle religioni che nella vita stanno... istituite a ingannare la luce, a dar luce all'inganno». Il testo è un pamphlet sul laicismo - inteso non come ateismo ma come esperienza di libertà - scritto da Giulio Giorello, filosofo che «senza se» e «senza ma» si è espresso a favore dei «sì» ai referendum, degli Ogm e contro le critiche di Benedetto XVI e del collega Marcello Pera al «relativismo». La «luce», naturalmente, è quella dell’Illuminismo o, meglio, del «fallibilismo» di Peirce e Popper. Giorello ha scritto un libro per chiamare i laici a una controcrociata: «Laici, basta difendersi, è tempo di attaccare», dice. Ma contro chi? «Contro l’assolutismo, che è l’opposto del relativismo. Il relativismo - spiega - non si oppone all’oggettività o alla verità scientifica, ma all’assolutismo. E nella storia umana, i disastri li hanno fatti sempre gli assolutismi e i fondamentalismi. Anche la chiesa, con l’apparato repressivo della Controriforma. Solo liberandosi dalla Controriforma è nata l’Europa moderna e democratica».
La sua tesi è di un «illuminismo estremo»: il vero peccato, anche per le religioni, non sarebbe il relativismo, bensì l’assolutismo. E per dimostrare che la religione «deve essere relativista» Giorello muove da un passo biblico: «Lo Spirito soffia dove vuole». Che cosa vuol dire questo? «Vuol dire che lo Spirito soffia al di sopra di qualsiasi fondamento. L’assolutismo è un peccato contro lo spirito: è ostile all’autentico pensiero cristiano, ebraico e islamico». Insomma, per Giorello, ogni Dio è relativista.
Il filosofo cerca di dimostrarlo dall’interno, partendo dalla storia della chiesa. «I primi esempi di società aperta si realizzarono in Inghilterra quando i rappresentanti delle varie chiese incominciarono a pensare che la loro forma di vita fosse una delle vie possibili da seguire, e non la via, la verità. Così si fondarono le società aperte» e, come conseguenza, la possibilità di una cultura fatta di congetture e confutazioni che la civiltà vaglia e seleziona.
Nel libro traspare poi un forte richiamo al darwinismo, come nocciolo duro del pensiero illuminista. Proprio il contrario di quanto l’allora cardinale Joseph Ratzinger scrisse in «Verità cattolica» su MicroMega nel 2002: «La teoria evoluzionistica si è andata cristallizzando come la strada per far sparire definitivamente la metafisica, per rendere superflua l’ipotesi di Dio (Laplace)... è diventata una specie di filosofia prima» che tende a non «consentire più nessun altro livello di pensiero». «Il darwinismo non è il fondamento - sostiene di contro Giorello -, ma la più plausibile chiave di lettura biologica e culturale».
Insomma, come scriveva John Locke, per Giorello siamo costretti a scegliere «non nel chiaro meriggio della certezza, ma nel crepuscolo delle probabilità», in quel crepuscolo dove le teorie, per essere scientifiche, devono essere falsificabili. A scegliere in pieno «relativismo».
Ma che sapere è un sapere senza fondamento? Tanto vale, allora, spendere l’aforisma prêt-à-porter di Wittgenstein: ciò di cui non si può parlare si deve tacere? «Sì, dovremmo tacere - afferma Giorello -, ma possiamo anche riconoscere che il senso della vita è un insieme di congetture ed esperienze, una verità velata». Non rivelata.
Ciò che appare carente, in questo discorso, è l’aspetto etico. Combattere la «dittatura del relativismo» va forse inteso solo come necessità di manifestare con coraggio ciò in cui si crede... «Se uno uccide o fa violenza è sempre in nome di un credo, di un fanatismo. Per me - afferma Giorello - si può essere morali se Dio non c’è; ma, mi chiedo: si può essere morali se Dio c’è? Se Dio vuole imporre qualcosa a chi non crede? Il relativismo ammette che qualsiasi concezione possa avere un difensore pubblico; anche gli assolutisti possono averlo? No».
Il libro sfiora anche temi di attualità, come l’origine della vita, l’embrione. «Per me l’embrione è un aggregato di cellule e la vita inizia con la nascita». Ovvero con l’esperienza. Ma viene in mente, a questo proposito, un interrogativo che arrovellò Sant’Agostino: se muore un feto, il giorno della resurrezione rinascerà come feto o come uomo formato? «Non coltivo l’idea di una rinascita personale - continua Giorello -. È un problema da porre ai cattolici. Bisogna chiedere a loro come rinasceranno l’80 per cento degli embrioni che non vengono portati a buon fine e che, per loro, sono vita. Bisogna chiedere se rinasceranno anche gli spermatozoi, che sono vita potenziale».
È un Illuminismo, questo, che ci porta dritti verso il postumanesimo. Nessuna incertezza signor filosofo? Eppure, era il 1947, Horkheimer e Adorno nella Dialettica dell’illuminismo già avevano messo in guardia su come la dea Ragione si trasformi, talvolta, in controprassi. «L’Illuminismo migliore è quello che sottolinea i rischi delle scelte. Basta leggere David Hume per capire che l’Illuminismo non è la luce accecante della Ragione. La Ragione assoluta è una caricatura dell’Illuminismo. Qualunque grande cambiamento che agisce sul vivere fa paura. Ma non voler servirsi della scienza per correggere la casualità della natura è stolto».
La storia dell’uomo, del resto, è storia della manipolazione della Natura: il giardino è una manipolazione del bosco, la città è una manipolazione della campagna. E lo sapeva bene l’illuminista Voltaire che, dopo aver letto il Contratto sociale di Jean-Jacques Rousseau gli scrisse: «Signore, vien voglia di camminare a quattro zampe quando si legge la vostra opera».

Il libro «Di nessuna chiesa. La libertà del laico» di Giulio Giorello
è pubblicato da Raffaello Cortina editore (pagine 79, 7,50)
L’autore Giulio Giorello è nato a Milano nel 1945. Insegna Filosofia della scienza all’università degli Studi di Milano
La frase «Troppo spesso si dimentica che il contrario di relativismo è assolutismo»