mercoledì 29 giugno 2005

il manifesto, Liberazione, Vittorio Foa: troppo poco
"disagio" a sinistra su Radetzky

Corriere della Sera 29.6.05
«Dubbi su Ratzinger: è intervenuto su questioni politiche»
Maria Latella

ROMA - Un’intera pagina sul manifesto, totalmente devoluta ai rapporti tra Stato e Chiesa dopo la recente visita di papa Ratzinger al presidente Ciampi. «La laicità - scrive sul quotidiano Giovanni Miccoli - si basa sulla consapevolezza dei diversi protagonisti di rispettarne e attuarne fino in fondo i principi e i criteri. Principi e criteri costantemente messi alla prova», giacché «... la tradizione politica italiana presenta, non da oggi, una particolare fragilità». Anche Liberazione, quotidiano di Rifondazione comunista, affronta lo stesso tema con un accorato editoriale firmato da Rina Gagliardi. Comincia con un dubbio retorico, l’editoriale di Liberazione: «Sbaglieremo, chissà. Ma l’escalation della Chiesa cattolica, ovvero dei suoi massimi vertici, ci preoccupa e ci allarma». Termina con una cifra secca, una denuncia pesante e una condanna senz’appello: «Novecentotrentasei milioni di euro, estorti ai contribuenti italiani grazie alla truffa dell’otto per mille: tanto è costato a tutti noi il nuovo Catechismo».
A sinistra insomma, come scrive Rina Gagliardi, si vive con un misto di allarme e preoccupazione l’intenso attivismo della Chiesa, soprattutto in campo italiano. E dunque, vale la pena di ascoltare le riflessioni di Vittorio Foa, voce autorevole della sinistra che, a differenza di altri, non sempre sceglie di dare ragione alla sua parte. Quale opinione avrà, Foa, sull’argomento? Per citare una sua posizione eterodossa: nel ’93, quando i radical chic di casa nostra si guardavano bene dal considerare Gianfranco Fini un interlocutore, ebbene, nel ’93, Foa dichiarava che il Msi lo preoccupava meno della Lega e che dal giovane leader bolognese si sarebbe aspettato una Predappina, una svolta a imitazione della Bolognina di Occhetto. Previsione peraltro puntualmente avveratasi. A Fiuggi. Che cosa pensa, dunque, il non prevedibile Foa di quanto sta accadendo in Italia, tra Stato e Chiesa?
«In questo momento ho una preoccupazione più generale. E’ una preoccupazione che non riguarda soltanto la situazione italiana, ma la politica della Chiesa, in termini per l’appunto generali».
Qual è allora il suo punto di partenza?
«Penso a un problema che tocca tutto l’Occidente. Dobbiamo inviare a un miliardo di musulmani un messaggio semplice e limpido: non date al Corano un’autorità che non sia puramente religiosa. Non trasformate quella che è una legittima direttiva religiosa in una direttiva politica. Ci stiamo davvero affannando perché, nel mondo, lo Stato sia separato dalla Chiesa, da tutte le Chiese. E io trovo contraddittorio, rispetto alla generale necessità politica, che il Papa tedesco, il nuovo Papa, uomo di cultura estesa e raffinata, con una capacità di comunicazione interreligiosa importante, trovo contraddittorio - insomma - che Papa Ratzinger sia caduto lui stesso in una incredibile contraddizione».
Sta pensando agli interventi del Pontefice, quelli che hanno preceduto il voto sul referendum per la procreazione assistita?
«Papa Ratzinger è esplicitamente intervenuto, con autorità religiosa, in una questione politica italiana. Aggiungo che la questione nella quale il Papa è intervenuto riguardava perfino la tecnica della politica, vale a dire l’atteggiamento rispetto al referendum. Insomma, non si trattava nemmeno più di una questione di principio. Era tecnica politica. L’intervento del Papa mi ha stupito e la mia speranza... Posso dirlo?»
Certo che può.
«Ecco, la mia speranza è che il fenomeno non abbia seguito».
Non mi pare che gli interventi del nuovo Papa abbiano carattere estemporaneo. Pare, piuttosto, che tutto faccia capo a una strategia ben meditata.
«Tutto in papa Ratzinger è pensato. Questo è chiaro. Ma ci sono momenti in cui la politica si impone ed altri in cui invece si impone un pensiero più ampio, religioso. Io spero che nel nuovo Papa, forse anche per il fatto che è tedesco, possano prevalere ragioni che vanno ben oltre la politica italiana».
Anche il cardinal Ruini è molto presente sulla scena pubblica italiana, in qualità di presidente della Cei.
«Penso che le due azioni vadano distinte. Una cosa è Papa Ratzinger, un’altra il cardinal Ruini, legato mani e piedi alla politica italiana. Credo di essere un laico e proprio per questo rispetto profondamente la sfera religiosa del cardinal Ruini. Ma proprio per questo gli grido "W il presidente della Repubblica italiana, W Ciampi", che ha affermato con forza il carattere laico dello Stato».
E tuttavia, in alcuni non credenti italiani, per brevità ribattezzati teocon, e in alcuni politici, anche neoconvertiti, si avverte una totale solidarietà con gli interventi del cardinal Ruini...
«Può ben immaginare quale sia il mio giudizio su questa gente, su certi politici... In questo momento prevale in loro una visione che è diventata una moda: parlare senza riflettere troppo rispetto a quel che si dice. Le parole sono assai facili da pronunciare e molti le pronunciano senza pensarci».
Qualche settimana fa, in un dibattito dedicato al Partito d’azione, lei ha parlato di «irrilevanza del linguaggio». E’ a questo che si riferiva?
«C’è in Italia una preoccupante irrilevanza del linguaggio. E’ un male dal quale si può guarire. Io sono vecchio, ma su questo specifico terreno spero di poter dare, anzi voglio dare, il mio contributo. Bisogna guarire dal male dell’irrilevanza del linguaggio, una malattia che consente di poter dire qualsiasi cosa nella certezza che non lascerà traccia e che domani si potrà dire l’esatto contrario. Le parole sono un impegno. Devono tornare a essere un impegno».