lunedì 27 marzo 2006

Liberazione, Domenica 26 Marzo 2006
Quale ponte attraverso oggi?
di Massimo Fagioli

Tra sonno e veglia, nella norma, compaiono, nella mente, immagini che, talvolta, qualcuno ha difficoltà a distinguerle dal sogno della notte. Io, forse, non riesco mai a svegliarmi bene ed ottenere la mente lucida; mi restano nella mente immagini che, sono certo, è memoria cosciente di cose percepite e non inventate; ma poi il dubbio mi attanaglia la mente e penso che siano sogni.
E’ il quadro di Munch indicato con la parola L’urlo.
Lo chiamano anche Il Grido ma io evito di pensare al suono di questa parola perché mi evoca l’immagine di un vecchio film di Michelangelo Antonioni; perché Antonioni parla una lingua diversa da Munch, Antonioni pensa alla realtà mentale che chiamano esistenzialismo, alla indifferenza che Camus racconta con la scrittura. Poi, in Deserto rosso, ci dice della malattia mentale di donna.
E così, al mattino, le immagini si trasformano in parole dopo che le parole, nel sonno, si sono trasformate in immagini. Dal cumulo di giornali ammucchiati sul divano scivolano sul pavimento fogli che, tra sonno e veglia, vedo come foglietti gialli detti post-it. E sono frasi scritte che diventano ruscelli che scendono da un ghiacciaio che piano piano si scioglie.
“Libertà, uguaglianza, fraternità”; “Gli uomini uccidono le donne”; “Realtà umana, realtà umana, realtà umana”.
E’ bello se le parole non parlano di vita come fanno i cristiani, ma parlano di umano. Poi Angela Azzaro dice del convegno per “oltrepassare l’ideologia gay… per sostenere che l’omosessualità è una alterazione dell’identità sessuale”. Poi ancora “Liberazione”, Lidia Menapace con il titolo Sesso per piacere non per natura. Poi la tristezza; e la tristezza si accompagna al ricordo cosciente delle tre M del ’68. una di esse era morta prima di nascere in una palude di stupidità dalla frase “liberazione degli istinti”. La seconda era caduta da quando avevo scoperto la lettera di Marx al padre del 10 novembre 1837.
Poi ancora tristezza, quando non trovo più la terza M. E’ colpa di Fausto che, dalla Cina, dice: «Ma questo non è socialismo... Opacità sui diritti civili e umani». Ma poi il giallo dei post-it fece un rivolo di polvere d’oro in cui punti neri segnavano la parola non violenza; rivolta non violenta.
Ma poi un rivolo nero si spandeva sul pavimento e non riuscivo a vedere bene se era come l’acqua che in queste notti di pioggia era filtrata dalla mia veranda sconnessa oppure era come il sangue scuro di un ferito grave alla testa che lascia uscire lentamente sangue e frammenti di capelli; piccole linee nere che dicevano «… sull’idea punitiva che la Chiesa ha e diffonde, di tutta quella parte dell’umanità che non sia il maschio eterosessuale monogamico e rispettoso delle leggi morali cristiane».
Purtroppo ho pensato sempre di essere eterosessuale. Ora, temo, non è più tristezza: sospetto che sia depressione per un misto di rabbia e difetto di comprensione.
Possibile che la stessa mente che ha scoperto l’inganno e rivelato il razzismo del discorso del papa nell’editoriale di “Liberazione” del 6 dicembre, non veda e non capisca che l’identità di un marito che si accoppia con la moglie soltanto per fecondarla e farle fare figli non è un maschio eterosessuale, ma fa come gli animali che accoppiano soltanto per la procreazione? Come mai non riesce a fare lo stesso pensiero geniale che fece il 6 dicembre quando diceva che se la realtà umana è quella che si mette in rapporto con il Creatore, tutti coloro che non hanno rapporto con il Creatore non hanno natura umana e, per logica, non sono esseri umani?
Eterosessuale: la parola, che ancora non è idea, non si riferisce alla realtà biologica dell’atto fecondativo che è degli animali che non hanno, essi, nella loro identità, la parola sessualità. L’atto fecondativo è un meccanismo biologico che si può fare in laboratorio e non ha, quindi, in sé, il termine umano. Eterosessuale: etero è il contrario di omo. Tutti lo sanno ma tutti si riferiscono alla diversità dei genitali. La diversità dei genitali si ha anche negli animali e, quindi, non ha, in sé, il termine umano.
Si fa strada, dal mucchio di giornali, un rivolo di liquido chiaro ed io caccio dalla mente il pensiero che siano lacrime delle donne. Le vedo in mia nipote, piccola bambina, cui si riempiono gli occhi di lacrime quando non viene compresa perché la mamma non le dà il pezzo di pane per paura che si strozzi. Nel liquido chiaro non ci sono i punti neri che fanno le parole scritte.
Vado al mio lavoro; attraverso, per raggiungere piazza S. Cosimato, ponte Garibaldi; talora, quando sento l’esigenza di un po’ solitudine e anonimato, passo per ponte Sisto. Non ricordo, coscientemente, se e quante volte mi è venuta in mente la figura del quadro di Munch, una volta attraversato il ponte. Certamente o forse, nel sonno, ho creato l’immagine della bocca spalancata.
Non so, l’interpretazione non è compito del sognatore, se era un urlo di gioia o di dolore. Munch non lo sapeva, ma a fine secolo, certamente, disse del vagito del neonato umano che, poi, diventerà linguaggio articolato e scritto: la parola. Alla nascita non c’è la parola, ma c’è il pensiero. Il pensiero che ha soltanto il suono della voce umana.
Ho sbagliato di nuovo: forse l’urlo non è il mio, è delle cento e cento e cento persone sconosciute che vengono a chiedermi di trasformare le immagini in parole. Dove passo oggi? A ponte Garibaldi o a ponte Sisto?