martedì 8 luglio 2003

Cerami

(citato al seminario del lunedì)
Repubblica 3.7.03
il personaggio è un provocatore
Il dizionario letterario della Utet ha ridato centralità alle figure romanzesche
VINCENZO CERAMI

La pubblicazione del dizionario dei personaggi letterari ad opera della Utet, ha fatto tornare di attualità un tema che fin dall' epoca di Aristotele è all' origine di un dibattito in continuo movimento. Negli ultimi tempi la figura del personaggio letterario ha conosciuto un' ingiusta sbiaditezza, nella diffusa e fors' anche sbagliata convinzione che nel Novecento i personaggi romanzeschi, a causa di un consumato e ormai inefficace realismo, abbiano totalmente perso la loro centralità letteraria. Di qui un accresciuto interesse per la letterarietà del testo, a discapito della credibilità del personaggio. Questo, in soldoni, è alla base dell' inattualità, troppo a lungo subita, della figura del personaggio. Quindi un benvenuto alla sontuosa opera della Utet (di cui ha già parlato Stefano Bartezzaghi) è più che mai doveroso. Tra le tante variazioni sul tema ce n' è una che a mio avviso ne trascina un bel numero: il rapporto tra testo e contesto storico-linguistico in cui agisce il personaggio. Questo rapporto ne chiama necessariamente in gioco un secondo, tra scrittore e personaggio. Partiamo da quest' ultimo. Il legame è regolato da alcuni dati di partenza, tra i quali l' uso della prima persona (il lettore sa solo ciò che racconta il personaggio), della terza (il lettore sa anche ciò che il personaggio ignora) o dell' indiretto libero (il lettore vive come oggettiva la soggettività del personaggio, la quale può essere sempre smentita nel caso lo scrittore decida di mostrare l' oggettività dei fatti). Ovviamente ad ognuna delle opzioni corrisponde una specifica drammaturgia. Uno scrittore non può fare a meno di scegliere, tra queste possibilità, la più adatta al suo racconto. Un altro dato fondamentale che regola il rapporto scrittore-personaggio è indicato da Frey e fa riferimento alle differenze culturali, lessicali e psicologiche tra i due universi. Lo scrittore può essere «superiore», «uguale» o «inferiore» al personaggio. Anche questa scelta comporta tre diversi modi di concepire la narrazione. Per esempio, la caricatura implica una superiorità dello scrittore (che del personaggio sa tutto in partenza). Nel racconto autobiografico ingenuo c' è parità tra scrittore e personaggio, addirittura identificazione. I casi in cui lo scrittore è inferiore al personaggio riguardano soprattutto i racconti fantastici, popolati di alchimisti, maghi, scienziati pazzi, eccetera, i quali vivono poco di vita propria ma servono a fare da filtro e da tramite tra scrittore e lettore nelle descrizioni del meraviglioso. Un' altra, più complessa, determinazione del rapporto tra scrittore e personaggio sta nella strutturazione stessa del racconto: nel passaggio dalla fabula, cioè dall' ordine cronologico dei fatti, all' intreccio il personaggio cambia completamente di segno. In questo passaggio lo scrittore decide dove essere reticente e dove svelare le reticenze. In poche parole offre al lettore una chiave per interpretare le azioni del personaggio. L' Ivan Il'ic di Tolstoj è un evidente esempio di personaggio che prende spessore perché costruito su un «recupero analettico», su una retrospezione (l' ordine dei fatti ha inizio nel secondo capitolo; il primo capitolo ne è il tragico epilogo). Come si vede, anche nello studio dell' intreccio si può decidere quale aspetto del personaggio si vuole mettere più in luce. Dirò di più: si può scoprire in lui un lato imprevedibile. La vera questione è la seguente: nel momento in cui uno scrittore si mette all' opera, conosce o no il personaggio? Se lo conosce bene gli costruirà intorno una trama che lo faccia esprimere al meglio. Se non lo conosce a fondo, lo vorrà conoscere proprio attraverso la narrazione. In entrambi i casi il personaggio resta centrale al racconto, al di là dei suoi connotati realistici e della sua funzione narrativa. Ed è qui che si impone l' altra parte del discorso, meno tecnica ma fondamentale per decifrare la poetica di un autore: l' impostazione del rapporto tra testo e contesto storico-linguistico del personaggio, rapporto speculare (anche se indiretto) tra lo scrittore e la sua epoca. La questione del «realismo» la si può anche far nascere e morire qua. Vediamo invece da quale punto ha origine ogni narrazione. Sicuramente dall' installazione di un conflitto: non ci può essere alcuna narrazione in assenza di conflitto, come fece notare Sklovskij. Dunque lo scrittore non può non mettere in scena una conflittualità. Dove può trovarla se non dentro e intorno a sé? Ogni epoca propone conflitti «inediti», peculiari, strettamente connessi alla cultura. Sono traumi insuperati, irrisolti, chiusi nella persona, non bene identificati e ancora non verbalizzati. Le morfologie narrative esistenti funzionano poco nell' espressione delle nuove conflittualità, perché sono state costruite per altre conflittualità. Ecco, allora, che lo scrittore è chiamato a risolvere «tecnicamente» la questione, cercando di superare i problemi strutturali e stilistici che la novità dei temi impone. Il personaggio è sia il portatore che il provocatore del conflitto. Cercare di mettere a fuoco il conflitto significa cercare un personaggio e farlo muovere nell' ambiente giusto, nei modi giusti (attraverso lo stile della scrittura). Per quanto si voglia fare uscire il realismo dalla porta, rientra sempre dalla finestra, anche perché la lingua usata dallo scrittore, riga dopo riga, pagina dopo pagina, ha referenti profondi nella realtà di tutti. Le avanguardie degli anni Sessanta, negando la centralità del personaggio, ne hanno esaltato l' assenza, valorizzandolo enfaticamente, quasi a piangerne la mancanza. è ovvio che la credibilità e la coerenza di un personaggio non hanno niente a che vedere con la verosimiglianza realistica, extratestuale. Eppure molti pregiudizi nascono da questo malinteso.