Il Gazzettino di Venezia Mercoledì, 30 Luglio 2003
In "Onorevoli sul lettino" lo psichiatra Piero Rocchini racconta i suoi incontri con nevrosi, vizi e patologie dei politici
Quando la schizofrenia è al potere
C’è l’ipocondriaco, l’ossessivo, il superstizioso, il narcisista e il più pericoloso: il sanguigno
di GINO DATO
Narcisisti, sanguigni, ipocondriaci, dipendenti, depressi lo siamo un po' tutti. Ma che succede quando la psicopatologia quotidiana invade i banchi del Parlamento? Che garanzie offre un politico che intraprende la carriera della cosa pubblica per riflettersi nello specchio del potere, per prosciugare la sua sete di dominio, per vincere la sua ipocondria? Questi pericoli e aberrazioni hanno già scritto pagine vergognose della nostra storia, ma oggi sono tanto più immanenti quanto più la democrazia non si nutre più di ideologie e di valori ma di sistemi fondati sul trionfo di personalità individuali.
Piero Rocchini, per molti anni consulente in psicologia clinica della Camera dei deputati, ha accolto illustri parlamentari sul suo lettino di psicoanalista: una necessità di singoli onorevoli che può tradursi in lezione di molti comuni mortali, di noi tutti che alla politica affidiamo la conquista del benessere e dovremmo perciò blindarla. Nevrosi e vizi, fuori della vita privata, diventano un danno pubblico, come lo psichiatra prova a raccontare nel suo ultimo libro "Onorevoli sul lettino" (Marco Tropea editore).
Professore, possiamo allora parafrasare il motto sessantottino "la fantasia al potere" in "la schizofrenia al potere"?
«Oggi mancano gli elementi di unità che esistevano una volta. Ogni cosa concepita attraverso la politica, un tempo, serviva a unire più che a cercare una autoaffermazione pura e semplice. Quindi in sé e per sé, la politica, in qualunque ambito fosse svolta, svolgeva un ruolo di socializzazione, da un lato, di convalida di certi valori, dall'altro, soprattutto della società in cui si era inseriti, anche quando questa veniva contestata».
E oggi?
«Oggi non è crollato solo il muro di Berlino, è crollato quel contenitore che bastava a tenerci insieme. Molti di coloro che vivono all'interno di questa società, non hanno ben chiari i motivi dello stare insieme, o non lo ritrovano se non in un vantaggio personale. Alla politica per star meglio insieme, dal punto di vista esistenziale, si è sostituita la ricerca dei vantaggi che possiamo ottenere dalla società».
Ma quali sono i disturbi tipici di un politico?
«Forse dovremmo fare una distinzione tra disturbi che permettono una più facile affermazione di un politico o di un dirigente in genere, e disturbi collegati alla conquista di un certo ruolo all'interno della società».
Vediamo i primi.
«Sono i più pericolosi per noi. Non casualmente si parla di psicopatici perché attualmente, anche secondo lo strapotere di un certo tipo di massmedia, quello strapotere che si cerca di foraggiare in tutti i modi, per chi voglia affermarsi è fondamentale saper mentire».
Questo è il principio dell'autoaffermazione?
«Intanto è molto comune la figura del narcisista che dice: gli altri esistono per il mio piacere. Non c'è una empatia, una sensazione profonda di quello che l'altro possa provare, un senso di vicinanza. C'è invece una volontà di utilizzo ma solo per il proprio piacere individuale: tanti personaggi che chiedono di essere al centro del palcoscenico e noi, al massimo, nel ruolo di un pubblico che applaude o in qualche modo dà piacere. Nello stesso momento in cui diciamo: "non ho timore dell'eventuale dolore dell'altro, non ho dispiacere per il danno che posso infliggere all'altro", mi sono dato una carta in più rispetto a chi nutre valori morali, a chi ha remore, a chi si pone dei limiti proprio perché considera l'altro un valore fondamentale da rispettare».
Lei enumera figure tipiche di politico: l'ipocondriaco, il dipendente, il superstizioso, l'ossessivo
«Molti di noi si sono abituati a concepire il capo come qualcuno che riassume il meglio di una società. Nella nostra, estremamente individualistica, è esattamente il contrario: forse il capo riassume tanti dei difetti della gente comune. Soltanto che, avendo pelo sullo stomaco, e nessuna remora a farsi largo a gomitate, più facilmente riesce a realizzare quello che potremmo considerare purtroppo un sogno abbastanza comune: prevalere a tutti i costi».
Ma il potere - secondo il vecchio adagio - non logora chi non ce l'ha?
«Il problema nasce per il politico quando, raggiunto quel gradino, c'è da mantenerlo. Il potere allora logora, sì, chi non ce l'ha, ma logora anche chi deve mantenere il potere, soprattutto se lo si è raggiunto non per capacità intrinseche ma per il vantaggio che chi sta ancora più sopra di noi poteva avere attraverso noi.
Neanche il narcisista ci tranquillizza?
«Il problema del leader narcisista è che non vuole folle intorno a sé, e neanche persone valide, ma preferisce essere l'unico e non quello capace di organizzare una squadra. Allora servono figure di secondo piano per avere la garanzia di non ribellione. Io dico che siamo giunti agli ultimi giorni dell'impero romano, quando si preferiva sterminare la propria famiglia piuttosto che correre il rischio di concorrenze pericolose».
Qual è la tipologia di politico più pericolosa?
«Forse il sanguigno, insieme a un certo tipo di narcisista. Unirei i due aspetti. Esistono varie forme di narcisismo: di chi punta alla grande impresa per lasciare il ricordo di sé, e questo potrebbe star bene a noi gente comune, perché in fondo quel tipo di narcisista cercherà di fare il meglio. Come potrebbe star bene anche il narcisista che cerca il successo più che il potere, quindi una persona che proverà in tutti i modi a capire che sogni potremmo realizzare attraverso di lui. Esiste invece un altro tipo di narcisismo patologico, quello che descrivo nel sanguigno, che appare pericoloso perché vuole il potere per il potere, il controllo assoluto. Come dicevo prima, l'imperatore degli ultimi giorni dell'impero romano, quello che deve controllare e dominare al di là di ogni limite».
La psicologia politica può andare a scoprire - lei scrive - che cosa c'è nella scatola che vogliono venderci, per cui possiamo tornare a mettere al centro il consumatore, l'elettore. E' così realmente? E questo lo può fare anche la gente comune?
«Sì, con l'aiuto della stampa. Una cosa molto diversa nel nostro paese rispetto ad altre democrazie più mature, è che in queste le informazioni sui politici viaggiano con estrema facilità. Ho la possibilità di consultare attraverso internet le prove d'esame di Bush figlio, per esempio, e quindi sapere che capacità o incapacità aveva manifestato a suo tempo. Se tento di fare la stessa cosa in Italia, molti politici cominciano a gridare alla violazione della privacy. Allora dobbiamo imporre la regola - con l'aiuto della psicologia - che chi vuole avere un potere deve accettare di stare sotto i riflettori, quindi di essere spulciato in tutti i suoi comportamenti, perché si deve dare la possibilità - soprattutto nel momento in cui ci si muove verso un maggioritario spinto o verso il presidenzialismo - di conoscere fino in fondo il personaggio».
Che cosa non deve essere allora un politico?
«Prima accennavo a un certo tipo di narcisismo che potremmo considerare patologico o alla personalità sanguigna. Ecco, quelle sono le caratteristiche che dobbiamo considerare pericolose nel politico. Ho invertito l'ordine della sua domanda. Perché credo che dovremmo cominciare a ripensare come noi i depositari del potere: siamo noi che dobbiamo scegliere o non scegliere persone che hanno o meno alcune caratteristiche di personalità. Difficilmente un politico potrebbe modificare certe caratteristiche. Il sanguigno rimarrà sanguigno, il narcisista potrà limitare un po' certe sue peculiarità ma difficilmente, se ha sete di potere, potrà saziarla se non acquisendo potere».
Ma la gente tiene conto di questi elementi quando dà un voto nell'urna?
«Dobbiamo sviluppare la possibilità di ottenere più informazioni personali. Nel momento in cui contano meno i partiti e contano sempre più i programmi, che sono spesso fotocopia, e i personaggi, tanto più dobbiamo accedere alle informazioni. Guardo allora come un pericolo tutte quelle leggi sulla stampa che in qualche modo potrebbero limitare questa circolazione di notizie. Non credo che scelta del maggioritario e limitazione della capacità di informazione possano andare d'accordo per fondare e mantenere una reale democrazia»
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»