venerdì 11 luglio 2003

omicidi in famiglia: nel 2002 sono stati più di tutti gli altri messi insieme

(forse è significativo che questa notizia sia stata riferita dalla RAI - il TG3 di giovedì sera - e oggi pubblicata da una numerosa serie di testate di giornali di provincia, come l'Eco di Bergamo, Il Gazzettino, La Gazzetta del Sud, Il Mattino, l'Unione Sarda eccetera, e da un solo quotidiano a diffusione nazionale, Liberazione, ma da nessun grande giornale nazionale della stampa così detta indipendente: né La Stampa né il Corriere - l'articolo del Corriere inserito è dell'ottobre e si riferisce al rapporto EURES dell'anno scorso - né Repubblica, e neanche l'Unità né il Manifesto hanno ritenuto la cosa degna d'essere comunicata ai propri lettori, a meno che non mi sia sfuggito qualcosa...)

Adnkronos 10-LUG-03  ORE: 13:42
OMICIDI, RAPPORTO EURES: PIU' IN FAMIGLIA CHE NELLA MALAVITA
Sempre in testa in Italia i delitti tra le mura domestiche. Nel 2002 gli omicidi maturati in ambienti non malavitosi sono stati il 51,5% del numero totale, per complessive 325 vittime, delle quali 223 all'interno della famiglia

Roma, 10 lug. - (Adnkronos) - Sempre in testa in Italia i delitti tra le mura domestiche. Nel 2002 gli omicidi maturati in ambienti non malavitosi sono stati il 51,5% del numero totale, per complessive 325 vittime, delle quali 223 all'interno della famiglia, 68 tra amici e conoscenti, 12 tra colleghi e 22 tra vicini di casa. E' quanto emerge dal rapporto annuale dell'Eures sugli omicidi in Italia. La famiglia, quindi, con il 35,3% delle vittime totali, si conferma come primo tra gli ambiti in cui matura il delitto. Nella maggior parte dei casi il movente e' passionale. Seguono le 100 vittime (15,7%) riferibili alla criminalita' comune e le 77 (12,2%) attribuite alla criminalita' organizzata. Sono 68 gli omicidi (10,7%) 'tra conoscenti' quelli cioe' che vedono omicida e vittima legati da una precedente frequentazione, per amicizia o semplice conoscenza.Rilevanti gli omicidi (3,5%) avvenuti tra vicini di casa e quelli maturati all'interno dei rapporti lavorativi (1,9%). Risultano ancora sconosciuti gli ambiti di ben 120 delitti. Rispetto al 2000, nel 2002 sono diminuiti lievemente i delitti in famiglia (-2,2%) e consistentemente quelli della criminalita' organizzata (-39,4%). In forte aumento quelli tra vicini di casa (69,2%), quelli tra conoscenti (58%) e quelli maturati sui luoghi di lavoro (33,3%). E' ancora il Mezzogiorno con 304 omicidi, rispetto ai 221 del Nord ed ai 109 del Centro, a detenere l'indice piu' alto. Al Nord prevalgono gli omicidi in famiglia (50,9% del totale in quest'area), la cui diffusione vede al primo posto la Lombardia (15,7%), seguita dal Piemonte (12,6%), dall'Emilia Romagna (8,1%) e dal Lazio (10,8%). Aumentano al Nord le vittime di omicidi compiuti nell'ambito del vicinato (+175%) e in quello lavorativo (133%). Anche al Centro prevalgono gli omicidi in famiglia (35,8%) e quelli attribuiti alla criminalita' comune (22,9); crescono rispetto al 2000 gli omicidi tra vicini (+150%) e quelli della criminalita' comune (+38,9%). I delitti in famiglia (23,7%) e quelli attributi alla criminalita' organizzata (23,4%) occupano i primi posti anche al Sud, dove si registra un forte aumento dei delitti tra conoscenti (+163,6%) e della criminalita' comune (+35,7%).

RAI News 11.7.03
Rispetto al 2000 salgono del 58%. A rivelarlo il primo rapporto annuale Eures
Omicidi, in aumento quelli tra vicini e conoscenti
Si uccide soprattutto al Sud e con armi da fuoco, nella maggior parte dei casi per motivi passionali

Ad uccidere è sempre più spesso l'amico, il collega di lavoro, il vicino di casa. A rivelarlo l’istituto di ricerca Eures attraverso il primo "Rapporto annuale sugli omicidi in Italia".
I delitti maturati in casa o in ambito circoscritto prendono il sopravvento su quelli legati alla malavita e alla criminalità organizzata. Nel 2002 il 51,5% degli omicidi (complessivamente 325) è, avvenuto all'interno della famiglia (223 vittime), tra amici e conoscenti (68 vittime), nell'ambito del lavoro (12 vittime) o del vicinato (22 vittime). Ancora sconosciuti gli ambiti di ben 120 delitti. Rispetto al 2000, nel 2002 sono diminuiti di poco i delitti in famiglia (-2,2%), di molto quelli della criminalità organizzata (-39,4%). Mentre in forte aumento sono quelli tra vicini di casa (+69,2%), quelli tra conoscenti (+58%) e quelli maturati sui luoghi di lavoro (+33,3%).
Vittime e carnefici - Nel 91,3% dei casi l’omicida è un uomo; nell'8,3% una donna. Anche le vittime sono soprattutto maschi 444 (il 70%) contro 190 donne (30%). Nella maggioranza dei casi si tratta di italiani 82,5%.
Cause - Nei delitti in famiglia spicca il movente passionale con il 27,4% dei casi: ad uccidere per questo motivo sono soprattutto gli uomini. Nei delitti tra conoscenti prevale il movente dei dissapori (29,4%), seguito dai futili motivi (25%) e dagli interessi/denaro (17,6%). Negli omicidi di vicinato i moventi più diffusi sono le questioni legate ai confini di proprietà(22,7%) e le rivalità per un posto-letto, anche di fortuna (18,2%).
Dove e come si uccide - Si uccide soprattutto nel Mezzogiorno: 304 omicidi, contro i 221 del Nord ed i 109 del Centro. L'arma preferita resta quella da fuoco: usata nel 46,2% dei casi (293 omicidi). Seguono le armi da taglio (19,2%), i corpi contundenti (7,9%), le percosse (4,7%), il soffocamento (4,1%), lo strangolamento (3,2%), le armi improprie (3%), la precipitazione (1,9%), lo speronamento (0,8%). Per i 293 omicidi compiuti con armi da fuoco, il 23,5% degli autori è risultato in possesso del porto d'armi, richiesto nel 39,1% dei casi per difesa personale, nel 30,4% per la caccia, nel 21,7% per lavoro.
(Pubblicato il 10 luglio 2003 11:10 )

Il Cittadino (http://www.carabinieri.it) 11.7.03
Amore e morte: omicidi tra le mura domestiche
di Barbara Vitale

Si parla di omicidi "domestici" quando esiste una relazione di affinità tra autore e vittima come tra moglie e marito o di parentela come tra genitori e figli. In tutti i casi, le persone coinvolte sono legate da un rapporto affettivo e appartengono al medesimo nucleo familiare (da cui il termine domestico) anche se non sempre condividono lo stesso contesto abitativo.
Per avere un’idea complessiva in termini di descrizione, frequenza e cause degli omicidi domestici occorre far riferimento alle ricerche sociologiche che classificano i dati secondo variabili socialmente rilevanti.
In Italia, un recente rapporto dell’EU.R.E.S. (Ricerche Economiche e Sociali) illustra le dimensioni e le caratteristiche del fenomeno e individua nel conflitto tra aspettative individuali e ruoli sociali dei singoli membri del nucleo familiare la causa principale di azioni aggressive che possono sfociare nell’omicidio. Le trasformazioni relazionali e culturali degli ultimi anni, infatti, hanno messo in crisi gli equilibri interni alla famiglia, le certezze legate al ruolo e la divisione condivisa di compiti e responsabilità. D’altro canto, a livello sociale, diventa sempre più difficile realizzare un progetto di autonomia individuale senza investire notevoli risorse ed impegnarsi in sacrifici e rinunce. La condizione di frustrazione che ne deriva può spingere l’individuo a scaricare la conseguente aggressività contro le persone che gli sono più vicine.
Dal rapporto EU.R.E.S. è emerso che sono soprattutto le donne le vittime degli omicidi domestici con una frequenza maggiore nella fascia di età compresa tra i 26 e i 45 anni. E’ stata riscontrata una prevalenza della conflittualità che sfocia in atti violenti sull’asse affettivo-orizzontale (costituito dalla coppia), anche se i mass-media sembrano dare maggiore rilievo ai casi di omicidio domestico verticale come nel caso genitore-figlio o viceversa. Elevato è il numero delle vittime che trascorrono molto tempo in casa (casalinghe o pensionati), anche se la maggior parte risulta essere impiegata in attività professionali di livello medio-basso. Questo dato coniugato con l’età delle vittime sembra indicare che sono più spesso le figure con una positiva affermazione sociale a costituire la "vittima designata", avvalorando l’ipotesi del conflitto tra aspirazione individuale ed aspettative familiari.
Il secondo principale asse del conflitto riguarda il rapporto genitore-figlio. In questo caso i dati indicano che sono più spesso i primi a rimanere vittime dei propri figli che non viceversa anche se esiste una differente distribuzione geografica: al Nord e al Centro il numero degli omicidi dei genitori risulta superare (di 4 punti percentuali) quello dei figli mentre al Sud c’è una tendenza contraria.
La ricerca offre quindi una descrizione generale del fenomeno senza tuttavia spingersi in interpretazioni deduttive dei dati disponibili. Gli studi di stampo sociale infatti tendono ad ottenere un livello generale di informazioni sulle caratteristiche, la diffusione e la frequenza del fenomeno, mentre quelli psicologici analizzano le variabili correlate all’adattamento ed ai legami socio-affettivi esistenti tra vittima ed autore approfondendo casi analoghi.
Un’indagine psicologica, peculiare per la prospettiva sociale che presenta, è la recente ricerca della Cozzolino (2001). Lo studio analizza 266 casi di delitto familiare ricavati dalla quotidiana osservazione della stampa italiana dal 1° luglio 1999 al 31 dicembre 2000. I dati non riguardano solo gli omicidi ma anche altri reati che vanno dalle calunnie alle lesioni, dal sequestro alla violenza psicologica e sessuale fino al tentato omicidio che si verificano all’interno di una famiglia, o comunque tra persone che condividono un legame affettivo.
Questo studio presenta risultati generali analoghi al rapporto EURES anche se il differente bacino di dati rende difficile un raffronto certo. In particolare sono emersi i seguenti aspetti:
•fermo restando che rimane privilegiato l’asse affettivo-relazionale della coppia, i maschi commettono reati più frequentemente nei confronti della partner, mentre le donne orientano maggiormente la loro aggressività nei confronti di genitori e figli;
•solo una bassa percentuale degli autori risulta avere precedenti penali (almeno per quello che risulta dalle notizie di cronaca) e questo deporrebbe per la natura emotiva ed irrazionale di questo tipo di reati;
•alcune famiglie della vittima e dell’autore versano in condizioni di notevole disagio sociale (famiglie molto numerose, difficoltà economiche anche gravi). Inoltre le vittime, più degli autori, sembrano provenire da famiglie in cui almeno uno dei membri ha avuto precedenti penali. Si tratta comunque di un numero ridotto di casi. Gli esperti sostengono che gli omicidi domestici non sono appannaggio delle famiglie multiproblematiche ma rappresentano un fenomeno trasversale che riguarda tutti i ceti sociali.
•Il figlicidio, l’uccisione del figlio da parte di un genitore, rappresenta un ambito di analisi psicologica privilegiata rispetto all’omicidio del coniuge o del partner. Il codice penale italiano non contempla questo tipo di reato ma distingue tra infanticidio e omicidio. Il primo (art. 578 c.p.) si verifica allorquando la madre sopprime il proprio neonato immediatamente dopo il parto o il feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale, mentre in tutti gli altri casi si parla di omicidio.
Per spiegare la violenza verso i figli, spiega Mastronardi (2002), la criminologia mette in campo diverse concause: la presenza di una condizione psicotica o di uno stato di confusione mentale, un passato di percosse e maltrattamenti oppure il desiderio di vendetta contro il coniuge.
Secondo Nivoli (2002) i dati statistici ufficiali non illustrano pienamente la realtà dei fatti: molti decessi di bambini, denunciati come incidenti, potrebbero in realtà nascondere dei "progetti omicidari" per omissione con gravi e volontarie carenze di cure e attenzioni. Lo studio di Nivoli propone una classificazione dei figlicidi ad opera della madre che sul piano psicopatologico destano maggiore interesse per la loro natura "irrazionale" ed "innaturale". Cosa c’è infatti di più innaturale di una madre che uccide il proprio figlio? Per la "fisicità" della gravidanza e del parto, questo evento appare quanto mai incomprensibile alla "comune ratio".
Le motivazioni che possono spingere una madre ad uccidere il proprio figlio sono diverse. Ci sono madri che sono solite maltrattare i loro figli usandogli varie forme di violenza, che non tollerano il pianto del loro bambino e sono capaci di percuoterlo con un oggetto contundente o di soffocarlo fino ad ucciderlo. Ce ne sono altre che, come nel caso di Medea, uccidono il loro figlio per vendicarsi di torti reali o presunti subiti dal partner. Altre volte si verificano progetti di "suicidio allargato" in cui madri che vivono in una situazione depressiva senza speranza, decidono di togliersi la vita con la convinzione che il loro figlio non potrà vivere in un mondo così ostile senza di loro.
Ci siamo accostati all’esame del fenomeno degli omicidi domestici tentando di andare oltre i fatti di cronaca che ci propone la stampa. La risonanza emotiva insita nella comunicazione del singolo episodio, anche per lo spazio che gli viene dedicato dai mezzi di informazione, non consente di fare serene riflessioni sul fenomeno generale e addirittura può essere fuorviante. Per esempio i mass media danno maggiore risalto agli omicidi tra genitori e figli, mentre l’esame complessivo degli episodi ha mostrato come nella maggior parte dei casi la vittima sia invece il partner. Non esistono delle cause certe che determinano questo tipo di omicidi. Dall’analisi generale dei dati si può desumere che il movente principale sia quello emotivo-passionale, ma se questo è sufficiente a liquidare il caso su un piano giornalistico non dice molto a chi decide di approfondire l’argomento. I fattori che determinano questo tipo di eventi sono sicuramente molteplici.
Per comprendere meglio la realtà del fenomeno sarebbe necessario approfondire dei casi analoghi, avendo la possibilità di acquisire maggiori elementi informativi (sulla famiglia, sui protagonisti della vicenda, sul reato, etc.) rispetto a quelli che vengono forniti dagli organi di stampa, per formulare ipotesi interpretative con una attendibilità più elevata.

Il Corriere della Sera 21.10.02
Il 62,9 % degli omicidi avviene fra le mura domestiche
Delitti in famiglia, si allunga la lista
Una recente ricerca dell'Eures fotografa la situazione degli ultimi anni. Sono donne le vittime più numerose

ROMA - E' una lista sempre più lunga quella dei delitti in famiglia. Oggi gli ultimi due casi a Roma e a Torino. Le vittime due padri, gli assassini due figli. Entrambi gli omicidi si sono consumati nel corso di liti.
Ecco le cifre di un recente studio condotto dall'Eu.res, Richerche Economiche e Sociali, istituto impegnato a monitorare questo tipo di fenomeni. Nel 2000 in Italia sono state 213 le vittime nei nuclei familiari, nel 2001 226 e nei primi mesi del 2002 già 30.
Il più alto numero di fatti di sangue si registra tra coniugi, 27,7%. Ma elevata è anche la percentuale dei genitori uccisi dai figli, 15%, e dei figli uccisi dai genitori, 12,7%. Sono stati 13 nel 2000 i bambini in etá prescolare assassinati.
MOVENTI - Differiscono sostanzialmente tra le regioni del nord e quelle del centro-Sud: nel settentrione sono significativamente alti il numero degli omicidi attribuiti a raptus improvvisi (19,2%), a un suo disturbo psicopatologico (9%) o a un disagio della vittima (7,7%): si tratta, quasi sempre, di omicidi che maturano all'interno di un disagio inespresso, ma crescente, che esplode, e del quale nessuno riesce a cogliere i sintomi.
OMICIDI PASSIONALI - Prevalgono nelle regioni del Centro e del Sud: 32,2% e 44%. Tra le regioni del Nord, il numero più alto degli omicidi in famiglia si segnala in Lombardia, 27, in Veneto 16, in Piemonte 11 e in Emilia Romagna 10; nessun caso in Val d'Aosta nel 2000 e nel 2001. Tra le Regioni del Sud il primato spetta alla Sicilia, 32 vittime, che detiene anche quello nazionale e alla Campania (30). A Roma il più alto numero di vittime nel 2000, 22, seguita da Milano e Napoli 11, Caserta e Catania 8.
LE VITTIME - Sono soprattutto le donne le vittime degli omicidi «domestici», 58,7%, a fronte del 41,3% degli uomini. Un dato che risulta molto più elevato nelle regioni del Nord, 62,8%, rispetto a quelle del centro, 57,8%, e del sud, 55.6%.
FASCIA DI ETA' - La più colpita è quella compresa tra i 26 e i 45 anni, 36,6% dei casi: è l'età, secondo gli esperti, nella quale trovano o meno realizzazione la maggior parte delle aspettative di ruolo, interno o esterno alla famiglia. Va sottolineato comunque l'alto numero di omicidi nella fascia fino a 15 anni.
LUOGHI DEL DELITTO - È dentro casa, 62,9%, e in particolare in camera da letto, 26,9, che ha luogo la maggior parte dei delitti domestici, secondo il rapporto Eures. Questo accade soprattutto nelle regioni del centro, 77,8% contro il 55,6% nel sud, dove la più alta percentuale di questi episodi si consuma all'aperto.
MATRICIDI-PARRICIDI - E se è in prevalenza donna la vittima di omicidi tra coniugi (36% rispetto al 15,9%), anche il numero dei matricidi risulta più elevato, 18,4%, di quello dei parricidi, 10,2. - Armi. Quanto al mezzo usato, la maggior parte degli omicidi avviene per mezzo di armi da fuoco, 40,4%; seguono le armi da taglio, 24,9% e i corpi contundenti, come spranghe e bastoni, 9,4.
IDENTIKIT DELLE VITTIME - Per quanto riguarda la condizione lavorativa delle vittime, molto alto è il numero dei pensionati, 15,5%, e delle casalinghe, 8%, anche se la percentuale maggiore delle vittime si registra tra quanti svolgono attivitá lavorativa, con valori particolarmente elevati tra chi fa un lavoro non qualificato: l'8,9% tra gli operai, il 10,3% tra gli impiegati, il 6,1 tra i lavoratori autonomi e il 3,8 tra gli imprenditori.
OMICIDI PREMEDITATI - Del totale degli omicidi il 48,8% è risultato essere premeditato. Quelli compiuti d'impeto sono il 44,6%. Il movente è passionale nel 32,9% dei casi, il prodotto di una prolungata conflittualitá nel 28,6%, non determinabile nell'11,7% dei casi, che le statistiche tendono a catalogare come «raptus».
GIUSTIZIA - In quasi la metá dei casi l'autore viene immediatamente arrestato o si costituisce, complessivamente nel 48,4%; molto elevato inoltre è il numero degli omicidi suicidi, 16,4%, ma anche quello dei tentativi di suicidio, 6,1%. Nel 26,3% dei casi, infine, l'autore tenta di sfuggire alla giustizia ma, quasi sempre, inutilmente.