domenica 14 settembre 2003

Marco Bellocchio: ovazioni a Toronto e il laboratorio di Bobbio

Libertà 14.9.03
“Corti” in visione, c'è talento tra i giovani allievi
A Bobbio serata su lavori della “scuola” di Bellocchio. Per il regista ovazioni a Toronto
di Manuel Monteverdi


Mentre il regista Marco Bellocchio, ieri a Toronto è stato accolto da vere e proprie ovazioni dopo la proiezione di Buongiorno, notte in chiusura del Festival cinematografico canadese, prosegue a Bobbio il progetto “Fare Cinema”: non una semplice rassegna di ottime pellicole italiane, di ieri e di oggi ma, soprattutto, un laboratorio cinematografico in cui allievi provenienti da tutta Italia approfondiscono quelle conoscenze tecniche della settima arte che potrebbero trasformarli in accreditati registi. Proprio in quest'ottica si è consumata la quarta serata bobbiese di “scuola”, nel corso della quale si sono avvicendati sei cortometraggi frutto, in gran parte, del prolifico lavoro svolto negli ultimi due anni di corso. Ha aperto la serata A un millimetro dal cuore di Iole Natoli, un mediometraggio (circa 28' di durata) strutturato su flashback, che racconta l'incontro improvviso e passionale di un uomo e una donna. La Natoli, presente in sala, ha ricordato le collaborazioni - come segretaria di edizione - con Ettore Scola e lo stesso Bellocchio (qui in una particina di attore), dai quali ha appreso le nozioni cinematografiche necessarie alla realizzazione della sua opera prima. L'amore, seppur travagliato, è anche il tema di Manfrina, corto di Katjuscia Fantini, nel quale la telecamera pedina una coppia in rotta di collisione: lui non lavora, lei ne detesta l'inerzia del vivere ma, tra mille sfoghi e incomprensioni, i due continuano ad amarsi. Tocco molto raffinato e femminile. Va rilevato che proprio la Fantini ha preso parte al progetto “Sicurezza stradale” (a cui hanno collaborato il Comune di Piacenza, quello di Modena, la Città di Bobbio, Borgonovo Valtidone e Ziano) dirigendo Mentre tu aspetti, beffardo crocevia di destini umani: una ragazzina, il giorno del compleanno, attende l'arrivo della madre; quest'ultima, alla guida di un'auto, si scontra con un motorino guidato da un adolescente. I due hanno una cosa in comune: stanno cercando il regalo per la stessa persona. Decisamente “sui generis” Local Habitation di Luca Giberti, un monologo da interpretare come suggestiva riflessione filosofica sulla scienza e sul suo rapporto con il genere umano; quasi agli antipodi Dove sei di Jacqueline Valenti, cortometraggio muto, ambientato a Bobbio e avvolto da un raffinato bianco e nero, che richiama il nostro cinema neorealista del secondo dopoguerra. Davvero stupefacenti, infine, le pellicole di Sonia Giardina e Massimo D'Orzi. La Giardina ha realizzato un documentario intitolato Fantasmagorie e miti dei passages coperti parigini, una lezione di storia francese - narrata da una voce fuori campo - che parte da uno scorcio cittadino come quello delle “passeggiate” di Parigi e arriva alla ricostruzione storico-sociale di una nazione; i passages tornano indietro nel tempo e vivono le proprie vicende fino ad arrivare ai giorni nostri come luoghi delle rivoluzioni, delle cospirazioni, del progresso e come “acquari umani” abitati da giocatori, delinquenti e prostitute seppur contraddittoriamente abbelliti da café, librerie e teatri. Anche Massimo D'Orzi ha scelto il connotato storico per La rosa più bella del nostro giardino, un viaggio tra le macerie della ex Jugoslavia, ripreso quasi interamente in soggettiva e intervallato da frammenti cinematografici del passato: da Trono di sangue di Akira Kurosawa a Germania anno zero di Roberto Rossellini, per passare attraverso tre classici di Tarkovskij come Andrei Rubliov, Stalker e L'infanzia di Ivan. Fusione tra documentario, dramma e neorealismo, a rimarcare la follia della guerra, la cupidigia dell'uomo e la speranza come unico effimero rimedio alla disperazione.

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