mercoledì 26 novembre 2003

l'assassina di Firenze

La Repubblica - edizione di Firenze 26.11.03
L´INCHIESTA
La donna accusata di aver ucciso Rossana D'Aniello afferma che la sua vita è cambiata per quello che avvenne trent'anni fa
"Perseguitata dai compagni di classe"
Daniela Cecchin dice di essere stata nel mirino "perché anticomunista"
di FRANCA SELVATICI


«Io sono stata l'agnello. Non lo dico per autocompatirmi, ma veramente mi è successo questo». È il 14 novembre, sei giorni dopo l'atroce omicidio di Rossana D'Aniello, accoltellata a morte della sua casa in via della Scala. Davanti al pm Pietro Suchan è seduta l'assassina, Daniela Cecchin, 47 anni, individuata a tempo di record dalla squadra mobile. Prima di confessare, chiede di parlare di «episodi che sono successi 30 anni fa». «Quando ho iniziato il Michelangelo ero una ragazzina normale… Ho subìto una serie di umiliazioni, di prese di giro anche molto crudeli, di violenze, di sopraffazioni da alcuni dei miei compagni di classe… sono stati i miei persecutori, una cosa che è durata 5 anni… sono convinta che neanche se le ricordano queste cose, che per me invece sono state micidiali…».
Erano gli anni '70-'75. Gli insegnanti ricordano ragazzi splendidi, «gran bravi ragazzi». Lei invece è certa: è tutta colpa loro se dopo non è stata più capace di avere «rapporti affettivamente normali con le persone». «Era il periodo della contestazione… io ero cattolica e anticomunista… e mi hanno perseguitata proprio per questo… hanno cominciato a dirmi che ero reazionaria…». Ma nella sua sezione c'era un'insegnante cattolicissima eppure rispettatissima. Erano crudeli i compagni o era Daniela che già vedeva ovunque «ingiustizie e violenze»? Le stesse che sostiene di aver subìto nella ditta di Vicenza in cui ha lavorato per alcuni anni.
L'unica persona normale e gentile che ricorda di aver incontrato nella sua giovinezza è Paolo Botteri, suo compagno al primo anno di farmacia. «Un buon ragazzo, serio, colto, intelligente». Lo ha rivisto dopo quasi 30 anni, a fine settembre. «Mi sono come sentita montare un furore dentro… Il mio rancore è dilagato dopo 30 anni e l'ho come focalizzato su sua moglie… ho pensato che doveva avere avuto accanto a quest'uomo una vita serena, tranquilla, e l'ho paragonata al deserto della mia vita, a tutte queste ingiustizie e violenze che io ho subìto… e mi è venuto in mente di farle del male». Per questo è morta Rossana D'Aniello. «Non è che uno con la depressione debba ammazzare le persone», ammette l'assassina. Però nei confronti della sua vittima non ha parole di pietà. «La signora ha reagito cercando di difendersi?», le chiede il Pm. «Beh, certo», risponde asciutta.
«Ma se lei - le domanda il pm - ha ridotto in queste condizioni la signora D'Aniello che non le aveva fatto nulla… a questo compagno di scuola che secondo lei le ha rovinato la vita, ma cosa gli avrebbe fatto?». «Niente più che qualche telefonata», risponde sprezzante: «Lui, scusi il termine, è uno stronzetto e basta». «Lei è molto religiosa?», le chiede il magistrato. «Mi sta prendendo in giro?», si insospettisce. «No», le assicura il pm. «Sì. Sono religiosa. Ho molta più fiducia nella giustizia di Dio che in quella degli uomini».