mercoledì 24 dicembre 2003

storie dell'uomo
l'evoluzione di homo sapiens: non una questione di volume

La Repubblica 24.12.03
LE TAPPE
Scoperta dei paleontologi della Sapienza: dopo Neandertal una rivoluzione nel modello di cranio
Homo sapiens, un super-cervello per arte, religione e scienza
Il salto evolutivo grazie a un diverso assetto cerebrale non al maggior volume
di CLAUDIA DI GIORGIO


ROMA - Non è stato un cervello più grande, ma un cervello organizzato in modo nuovo, e migliore, a dare a Homo Sapiens la "marcia in più" che gli ha garantito il successo evolutivo, aprendo la strada al linguaggio, all'elaborazione di tecnologie sempre più raffinate e di espressioni del pensiero sconosciute alle altre specie viventi, come l'arte, la religione o la scienza. Negli ultimi due milioni di anni, il volume del cervello del genere Homo è cresciuto in maniera impressionante, passando dai circa 800 centimetri cubi dei primi Homo Erectus, ai 1400 di media degli Homo Sapiens. Tuttavia, ai paleontologi è chiaro da tempo che, se da un lato è vero che le dimensioni contano, dall'altro non bastano a spiegare le evidenti differenze tra le capacità cognitive dei nostri antenati diretti e quelle degli ominidi che li avevano preceduti.
Fino a oggi, però, le testimonianze dei crani fossili hanno permesso di seguire soprattutto il percorso di crescita del volume cerebrale dei nostri predecessori, mentre il contenuto di quei crani, vale a dire la forma e la struttura dei cervelli che ospitavano, era assai più difficile da ricostruire.
Ma una serie di tecniche recenti sembra ora in grado di superare questo limite, ed un primo risultato importante arriva proprio dall'Italia, e precisamente dal laboratorio di Paleontologia Umana dell'Università La Sapienza di Roma, dove Giorgio Manzi ed Emiliano Bruner, in collaborazione con Juan Luis Arsuaga, sono riusciti a analizzare l'endocranio (la parte interna del teschio) di vari fossili, tra cui quelli del cosiddetto "uomo di Saccopastore", un neandertaliano vissuto circa 120.000 anni fa.
Pubblicato su Pnas, la rivista dell'Accademia americana delle Scienze, il nuovo studio suggerisce che il cervello di Homo Sapiens sia la conseguenza di quella che Giorgio Manzi definisce come una vera e propria rivoluzione, e cioè dell'improvvisa comparsa di un nuovo equilibrio tra le ossa craniche e il loro contenuto: in pratica, un nuovo "modello" di cranio. Mentre, in Europa, l'uomo di Neandertal, che pure ha un cervello molto grande, conservava una scatola cranica arcaica, simile a quella degli ominidi precedenti, in Africa emerge una nuova specie di Homo che riesce a contenere la stessa grande quantità di cervello in un cranio diverso, fatto in modo tale da consentire lo sviluppo di una diversa organizzazione cerebrale. Uno sviluppo che avverrà soprattutto in aree della corteccia associativa molto importanti per le funzioni superiori del pensiero, come conferma il fatto, scrivono i ricercatori su Pnas, che le differenze tra il vecchio e il nuovo "modello" sono evidenti soprattutto nelle zone parietali del cranio.