martedì 13 gennaio 2004

cristiani ortodossi

La Stampa 13 Gennaio 2004
Gli ortodossi, attuali
perché antimoderni
di Silvia Ronchey


DA quando è caduto il muro di Berlino - più per l'attivismo del Papa polacco, si dice, che per l'iniziativa della pur sanguinosamente perseguitata Chiesa ortodossa - si è discusso a lungo e in molte sedi sulla presunta scarsa propensione dell'ortodossia al pluralismo o addirittura sulla sua «estraneità alle grandi correnti della cultura europea». Durante il recente conflitto nel Kosovo, di fronte all'acquiescenza al regime serbo del locale clero, Julia Kristeva azzardò un'analisi teologico-psicologica dell'«uomo ortodosso». Nella dottrina trinitaria della processione dello Spirito Santo la filosofa scorgeva il seme di un pessimismo profondo sulla possibilità di riscatto in terra, cui attribuiva la millenaria remissività dei popoli ortodossi ai totalitarismi, la mancanza in loro di quell'interventismo «umanitario» che caratterizza invece la Chiesa latina.
Anche il libro curato da Andrea Pacini e pubblicato dal Centro di Studi Religiosi Comparati Edoardo Agnelli, L’Ortodossia nella nuova Europa. Dinamiche storiche e prospettive, sembra porsi la stessa domanda. L'ortodossia è adatta a integrarsi nella Nuova Europa? O costituisce un universo specifico, magari portatore di valori conflittuali con la tradizione europea occidentale? Grandi specialisti, nei loro documentati saggi, hanno tentato di rispondere, esaltando la capacità del pensiero ortodosso di risuscitare e trasmettere l'eredità ellenica e bizantina e nello stesso tempo di dialogare con l'Europa riformata e poi illuminista, sino ai grandi fermenti culturali della Russia post-napoleonica, ai movimenti di liberazione balcanici, all'elaborazione del concetto di nazione, alla difficile situazione delle Chiese ortodosse nel XX secolo.
Ma proprio leggendo il bel saggio di Adriano Roccucci sulla Chiesa russa viene da chiedersi se la domanda stessa non sia, nel fondo, sbagliata, se l'utilità dell'ortodossia per la Nuova Europa non stia proprio nella sua innegabile e radicale refrattarietà alla cultura egemone del mondo moderno. I padri ortodossi riflettono sulla distruttività del progressismo, sul crollo del marxismo che ha avuto come unico risultato l'«invasione dei sottoprodotti della non-cultura americana», sul dovere morale di combattere «il livellamento delle identità» che «ha raggiunto alla fine del XX secolo il suo culmine».
Nel suo rincorrere la modernità la Chiesa cattolica è forse come Achille dietro la tartaruga: non la raggiungerà mai. Mentre al tradizionalismo della spiritualità ortodossa, saldamente ferma all'eredità ellenica e all'umanesimo bizantino, si ricongiungono, come le lancette di un orologio che abbia compiuto intero il suo giro, le correnti più avanzate e eversive del pensiero moderno.