Corriere della Sera 13.1.04
IL CASO IN VALTELLINA
«Voglio tornare a fare la mamma»
Loretta Zen, che annegò la figlia nella lavatrice: grazie alle cure ora sto bene. Mi mancano la famiglia e le mie montagne
di Angelo Panzer
LECCO - «Sogno di tornare a casa e riabbracciare i miei parenti. Non mi hanno mai lasciata sola». Ieri Loretta Zen, 33 anni, la donna che il 12 maggio del 2002 ha ucciso, mettendola in lavatrice, la figlia di 8 mesi, ha passeggiato con il marito Venanzio sul lungolago di Lecco. Hanno trascorso insieme una giornata diversa, lontano dalla clinica Zucchi di Carate Brianza, dove la donna è in cura da più di 18 mesi. Cappotto color camello, volto tranquillo: «Ora mi sento bene - dice -, le cure stanno dando i primi frutti». Uscire dal tunnel della tragedia non è stato facile per Loretta, che dopo il ricovero all'ospedale di Sondrio, ha sempre vissuto nella clinica specializzata dell'hinterland milanese. «Qui mi trovo a mio agio, sono assistita notte e giorno».
Giovedì scorso la donna è stata assolta dal giudice delle udienze preliminari del tribunale di Sondrio, Pietro Della Pona. Dopo la sentenza, la coppia si è riunita per trascorrere una giornata spensierata. Loretta Zen è libera fin dal maggio scorso. Ma dall'8 gennaio si sente «risollevata». «Dal giorno della tragedia è trascorso tanto tempo - dice il marito -, ma io ho fiducia, sono sicuro che Loretta ce la farà». Ieri mattina Venanzio Compagnoni ha lasciato Madonna dei Monti, una frazione di Valfurva, poco dopo le 6, per raggiungere la consorte a Carate Brianza. Ieri la coppia aveva un consulto con il primario Guido Donati e la psichiatra Monica Lammoglia. «Era un consulto importante - racconta Loretta - per fare il punto sulle cure». Un'ora di colloquio e al termine la decisione di proseguire la terapia fino a marzo. «Ancora due mesi di tempo poi potrò tornare nella mia terra». «Già essere a Lecco - continua - con queste montagne innevate mi fa sentire un po' più vicina a casa».
A Natale Loretta Zen è tornata in Valfurva. Una mezza giornata trascorsa con i parenti più stretti, poi in serata è tornata alla clinica di Carate. Invece ieri lei e il marito hanno scelto di fare una gita a Lecco. «Potevamo raggiungere anche la Valtellina e la Valfurva - racconta il marito Venanzio - ma avremmo trascorso la giornata in auto».
Dopo la sentenza di assoluzione era la prima volta che Loretta e Venanzio si incontravano. «Tutti i giorni ci sentiamo telefonicamente - spiega il marito -. Ogni mattina prima di andare al lavoro mi metto in contatto con Loretta, poi alla sera e prima di concludere la telefonata le dico: presto torneremo a vivere assieme».
In questi lunghi mesi la coppia non si è «persa». «Voglio bene a mia moglie come il giorno che l'ho sposata»: è il rinnovato atto d'amore di Venanzio verso Loretta. Sul futuro la coppia è ottimista.
Dopo il consulto e i consigli dei medici, Loretta e Venanzio si sono guardati negli occhi e si sono detti: «Per noi non c'è fretta». Poi: «Non è questione di settimane o mesi - osserva la donna - adesso mi sento meglio, sono risollevata, però mi atterrò scrupolosamente alle cure, come del resto ho sempre fatto». Dopo la sentenza dell'8 gennaio per Loretta Zen e il marito Venanzio sembra essere iniziata una nuova vita. E la giornata trascorsa ieri a Lecco è una prima conferma. A mezzogiorno hanno pranzato con gli amici. «Li abbiamo conosciuti in Valfurva, fanno parte di una polisportiva che pratica corsa in montagna, il mio sport preferito», commenta Venanzio. «Ci troviamo bene con loro. E non è cambiato niente da quando è successa la tragedia: come ci hanno invitato in passato, lo fanno tuttora».
Nel pomeriggio la coppia ha passeggiato sul lungolago e per le vie del centro, poi si sono avviati verso la clinica Zucchi. Appena saliti in auto Loretta ha chiesto la marito: «Vai sulla la statale 36». E all'imbocco della superstrada Venanzio chiede: «Direzione Monza o Sondrio? «Il cuore mi porta in Valfurva, però ora dobbiamo andare a Carate Brianza».
Poco dopo le 19 Loretta e Venanzio raggiungono la clinica di Carate Brianza. La giornata finisce, spunta qualche lacrima, poi la donna dice: «E' giusto così». «Qui sono tranquilla, mi trovo bene, devono seguire un percorso medico, poi potrò certamente tornare a casa». «Mi mancano quelle montagne, quel ambiente - conclude - sovente ho nostalgia». Infine la promessa: «Presto tornerò».
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»