Liberazione 8.1.04
Dobbiamo rispondere a domande difficili ma nel movimento si può
L'intervento di Fausto Bertinotti
Bombay. Buonasera a tutti e a tutte; mi scuso di dovervi imporre la traduzione del mio discorso. Il movimento delle donne ci ha insegnato molte cose. La prima di queste è che ogni discorso politico deve partire dall'esperienza e cioè da noi stessi. A noi oggi è utile cercare di capire cosa stia accadendo qui in India a Bombay. Credo che si possa vedere qui che esistono le condizioni per ricominciare a mettere all'ordine del giorno la trasformazione della società capitalistica. Abbiamo imparato negli ultimi anni che l'unico modo per parlare di socialismo è trasformare la società capitalistica. Abbiamo di fronte un grande e difficile problema: da un lato il socialismo manifesta sempre di più la sua maturità, la sua attualità e la sua necessità. Un antico slogan del movimento operaio è sempre più attuale: "socialismo o barbarie".
Ma dall'altra parte dobbiamo riconoscere che le forze che vogliono il socialismo sono del tutto inadeguate nel realizzarlo nel mondo. Perché abbiamo questa difficoltà? Sostanzialmente per due ragioni: la prima è che veniamo da una grande sconfitta, la sconfitta che si è manifesta nel crollo dei regimi dell'est e la sconfitta dei movimenti operai alla fine del secolo scorso. La seconda ragione è che siamo di fronte ad una rivoluzione capitalistica restauratrice che ha spiazzato tanta parte della nostra cultura politica. Ma contro gli effetti di questa rivoluzione si è messo in moto un movimento in tanta parte del mondo. Cosa è questo nuovo capitalismo, nostro avversario? E' un capitalismo persino peggiore di quello che lo ha preceduto. Dopo la vittoria contro il nazi-fascismo il capitalismo ha vissuto la sua stagione dell'oro. Ma oggi rivela la stagione del ferro.
La globalizzazione capitalista produce incertezze, ingiustizie e squilibri; mette in discussione la democrazia e non è più in grado di governare il mondo con il consenso. Per questo Bush ha elaborato la strategia della guerra preventiva. La guerra è la risposta dell'Impero alla crisi. Il mondo rischia di essere stritolato nella spirale tra guerra e terrorismo. Come diceva Jean Joret: «Questo capitalismo porta la guerra come le nuvole portano la pioggia». E la guerra c'è perché il capitalismo produce distruzioni e devastazioni ambientali.
Aveva ragione Marx: il capitalismo può produrre la fine dell'umanità. Contro questa tendenza si è levato il movimento di critica alla globalizzazione, raggiungendo il mondo intero. Su questo movimento ne è nato uno gigantesco per la pace. Ed è grazie a questo movimento che dove c'era la pace sociale ora sono ripresi il conflitto e la lotta dei lavoratori. Il mondo non ha di fronte a sé solo la novità drammatica della globalizzazione capitalista. C'è anche la speranza dei movimenti. La politica di trasformazione della società capitalistica nasce da qui. Questo movimento può restituire un significato universale alla parola rivoluzione. Ma la rivoluzione non ci sarà certamente regalata. Per parlare di socialismo dobbiamo realizzare una grande politica. Primo: questa politica deve essere mondiale. Secondo: nei paesi occidentali deve liberarsi dal predominio delle forze riformiste sul movimento operaio. Terzo: i comunisti del mondo devono fare i conti con gli errori della loro storia. Non costruiremo il socialismo se non ci porremo domande difficili.
E la più difficile delle domande è: perché un movimento che è nato per liberare l'umanità ha creato anche forme di oppressione? Dobbiamo delle risposte, le dobbiamo per poter riprendere il cammino, per poter dire all'umanità che il nostro comunismo è la liberazione degli uomini e delle donne. Ma allora bisogna anche affermare che lo stalinismo non tornerà mai più nella nostra storia. Possiamo riprendere il cammino dei comunisti nel mondo e possiamo riprendere la forza della nostra iniziativa in ogni luogo, in ogni territorio in ogni nazione, in ogni realtà. Possiamo riprendere il cammino per costruire oggi in ogni parte del mondo elementi di socialismo e cioè parti di società diverse dalla logica del mercato, parti del mondo autogovernate. Abbiamo un solo modo per farlo: è quello di vivere in questo movimento e di esserne partecipi.
La seconda cosa che dobbiamo riuscire a fare con la nostra politica è guadagnare degli spazi geopolitici contro l'impero. Non è impossibile. Ce lo dice la rinascita delle forze di sinistra nell'America Latina. Noi dall'Europa guardiamo alla loro esperienza con grande interesse. Vediamo un filo che collega l'esperienza di Lula in Brasile, all'Argentina, al Venezuela di Chavez con quella degli zapatisti e con la lunga storia di indipendenza di Cuba. Guardiamo con interesse alle esperienze in Africa e in Asia. Ma anche in Europa qualcosa si muove e non solo nel movimento. Sono contento di poter dire a questa assemblea che stiamo costruendo un fatto nuovo in Europa anche nella politica. La nascita del partito della Sinistra Europea.
Noi non possiamo più aspettare che qualcuno in una parte del mondo, all'ora x, faccia la rivoluzione per tutti. La rivoluzione la ricominciamo ogni giorno, ognuno in ogni parte del mondo.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»