venerdì 30 gennaio 2004

Paolo Soleri

Repubblica 30.1.04
edizione di Firenze
L'architetto nel deserto Paolo Soleri e la sua citt?
Trenta anni di vita con settanta abitanti
di Irene Bignardi


«La parola utopia irrita profondamente Paolo Soleri - il nostro ospite, che ha ottantatré anni brillantemente portati, una bella faccia asciugata dal sole del deserto, gli occhi blu, un camiciotto verde, braghe di tela al ginocchio e l´aria di un poeta che, pur da poeta, ha molto molto da fare e corre sempre, efficientissimo e fiero, da un punto all´altro della sua città del sole. Utopia vuol dire un luogo che non c´è da nessuna parte. Dunque non esiste utopia, protesta, dove la stessa cosa c´è. E qui ad Arcosanti c´è, da trent´anni, e nel 2000 si è festeggiato il trentennale della posa della prima pietra. L´idea, la sua idea, resiste, la minicittà esiste, ci sono i suoi settanta abitanti, la vita scorre, siamo addirittura alla seconda generazione di arcosantesi. Mi arrendo. Usiamo la parola utopia, prometto, come marchingegno dialettico, giusto per capirci. Diremo utopia e parleremo di ideali, speranze, rivoluzione dell´esistente. Non è convinto. Come ha scritto, "il laboratorio è per definizione una cosa con cui l´utopia non può coesistere. L´utopia è conclusiva, se non la conclusione stessa." Soleri ha l´aria di non prendere sul serio il clima di adorazione che vede in lui un guru, la comunità che lo adora, gli allievi che ritornano, tutto teso com´è verso un futuro che continua a elaborare, a immaginare, a combattere con le sue armi. "Non disegno città. Metto giù idee che in qualche modo aprano una prospettiva diversa su quello che riguarda la città o che la città può diventare". Arcosanti, con Cosanti e la sua realtà realizzata, è un modello, una proposta, una provocazione, un´utopia con molte rughe - e insieme una realtà fatta di gente che da quei mesi e quegli anni con Soleri ha imparato, comunque, a guardare il reale e il possibile in maniera non convenzionale, a non accettare come scontata la cultura della grande città e dei sobborghi, dei vecchi e dei giovani, dei poveri e dei ricchi, e a sognare, secondo l´insegnamento del vecchio maestro, una comunità di umanità.