lunedì 9 febbraio 2004

Cina e deficit USA

il manifesto 9.2.04VERTICE G7
Usa e Asia aggirano l'Europa
di GIANNI DEL VECCHIO


La crescita economica: un fantasma che turba i sonni dell'amministrazione americana e in nome del quale passare su tutto e tutti. E' il messaggio forte e chiaro che arriva dal G7 «economico», il vertice fra governatori delle banche centrali e i ministri delle Finanze dei paesi più industrializzati, tenutosi a Boca Raton in Florida. Lo lancia chiaramente John Snow, segretario al Tesoro americano: «I paesi del G7 devono focalizzare la loro agenda sull'obiettivo di far ripartire una crescita economica finora anemica». Una ricerca affannosa che affonda le radici nella necessità del governo statunitense di dimezzare nei prossimi anni l'enorme deficit di bilancio (521 milioni di dollari), frutto di una politica economica facilona ed avventata. Una politica di spesa in disavanzo tipica dei periodi preelettorali: tagli alle tasse e aumento della spesa pubblica, con quella militare in testa. Il tutto condito da una politica monetaria accomodante da parte della Fed, che tiene i tassi d'interesse al minimo storico da oltre 43 anni, attorno all'1%. Sul fronte dei cambi, infine, avere un dollaro debole significa avvantaggiare gli esportatori (lobby elettoralmente influente) e ridurre l'enorme deficit della bilancia commerciale, che è uno dei fattori che più mina l'economia americana. Inaspettatamente, un gioco di sponda ai policy maker statunitensi è venuto dai paesi asiatici. Dato che l'euro è andato alle stelle rispetto al dollaro, le banche centrali di Giappone e Cina hanno acquistato la valuta americana per mantenere basso il valore delle proprie monete e favorire le proprie esportazioni. Così facendo hanno finanziato più della metà del deficit americano nel 2003. Senza quegli acquisti il dollaro sarebbe sceso ancor di più. In breve, i governi asiatici hanno acquistato titoli del Tesoro Usa per assicurarsi che gli americani possano permettersi il lusso di continuare ad acquistare prodotti asiatici.
In questa triangolazione Usa-Cina-Giappone, a restare strangolato è il vecchio continente. Le autorità europee infatti temono che il supereuro stronchi una crescita che già tarda a sbocciare, penalizzando oltre misura le esportazioni Ue. Ma di una richiesta esplicita al governo americano di frenare la discesa del dollaro non c'è traccia. Anzi, il ministro dell'economia italiano, Giulio Tremonti, ha confermato come il comunicato finale del vertice dovrebbe ricalcare quello di Dubai dello scorso settembre, con l'unica aggiunta di una richiesta di maggiore flessibilità alle valute asiatiche. In una situazione di accondiscendenza alla politica valutaria americana, l'unica arma affinché la ripresa economica non venga fiaccata dall'euro forte è nelle mani della Bce: un taglio ai tassi, visto che l'inflazione ormai sembra sotto controllo.