lunedì 9 febbraio 2004

l'arte di Cy Twombly
secondo Achille Bonito Oliva

Repubblica 9.2.04
TWOMBLY
QUEI SEGNI MINIMALI CHE SFIDANO IL SILENZIO

filosofia del linguaggio che diventa iconografica
automatismi che derivano dall'action painting
Ottanta disegni dell'artista americano esposti al Centre Pompidou
PARIGI
di ACHILLE BONITO OLIVA


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1957, Cy Twombly arriva a Roma e si mette in silenzio ad abitarla. Americano della Virginia, nomade per cultura e stanziale per natura, si forma tra gli incontri al Black Mountain College, con Kline, Motherwell, Cage e Cunningam, e un solitario viaggio di studi in Europa e Nord Africa. Da qui la felice irregolarità di un´opera ai bordi di molteplici intrecci, come si desume dagli ottanta disegni (1953- 2002) esposti al Centre Pompidou di Parigi. Cinquanta anni sofisticati di un´arte portata al disegno, dai monotipi e figure totemiche influenzate dalle culture primitive ai sottili graffitismi con numeri e lettere, che lo riportano dall´Africa verso l´Europa.
Dell´action-painting Twombly recupera l´automatismo di un gesto che non ha nulla del vitalismo yankee, piuttosto del cubismo (il collage di Braque), dadaismo (il caso intelligente di Schwitters), surrealismo (la scrittura di Masson) e costruttivismo (il sistema combinatorio di Tatlin).
Prevalgono il gusto di una improvvisazione sedata ed il bisogno di un ordine costruttivo della forma made in Europe, le avanguardie storiche. Passando alla fine degli anni Sessanta ai gomitoli seriali dedicati a Bolsena e successivamente, attraverso l´evocazione pellicolare del collage e del colore, al recupero del mito classico (Achille, Venere, Apollo) e l´omaggio con disegni e sculture a Malevic e Tatlin.
A Twombly più del gesto interessa la memoria del gesto. Egli ne assume non la violenza ma il gusto del suo evidenziamento formale, l´essenzialità di un linguaggio filiforme accompagnato da una emozionalità pre-minimalista. Così dispone i suoi segni con fare reticente per attraversare la distanza che lo separa dalla superficie del quadro. E la superficie non è una porzione attiva di spazio, non ha la capacità autonoma di proporsi oltre la propria bidimensione. Per questo, i segni non si pongono in condizione estroversa, ma si situano d´incontro sul supporto. Un supporto ben saldo su se stesso, che non sprofonda all´interno di illusionismi prospettici, poiché la mentalità sottesa è una concezione autoreferenziale dell´arte, l´operazione estetica come sistema chiuso sulla propria qualità formale.
Twombly costruisce il proprio universo interiore mediante un paesaggio intensamente grafico, un´architettura disegnata dell´istante, frutto di una poetica, che io amo definire come stanza a volo radente. Egli parte dalla consapevolezza che l´arte non intacca lo spessore del reale, nemmeno attraverso una diretta rappresentazione, che il gesto non si autorappresenta ma agisce per interposta persona attraverso la qualità evocatrice del segno su una porzione dura di spazio. Il mondo, ormai si sa, è la totalità dei fatti, la pittura è dunque la totalità dei segni. Segni che già conoscono lo scacco dell´assoluto e un´ostentata reticenza alla rappresentazione, per trasgredire l´abbaglio silenzioso della superficie. E se la superficie è il mondo, esso non può essere coperto completamente dalla forma. E lo sfondo non resta paesaggio inerte, puro contenitore dei segni protagonisti, ma supera allo sguardo ogni gerarchia e sudditanza rispetto al primo piano, per darsi col resto compenetrato alla vista.
Cosi appaiono le due polarità: coazione a segnare ed inibizione a ripetere. La spinta vitale propone l´uscita del gesto dall´immobilità silenziosa dell´individuo, consapevole d´agire secondo un catalogo rituale già precisato. Malgrado ciò questi non può non accettare l´identità della propria differenza e per questo compie il gesto dell´azione, del fuori da sé. I segni si dipanano e volano a distanziarsi su una superficie lontana, a presentificare l´istante del gesto e l´energia formale che circola nel recinto dell´azione creativa.
I segni disposti e caduti si costruiscono le illazioni visive oltre ragione di una presenza, che non può accettare lo scacco finale della impossibile rappresentazione. La realtà infatti non si lascia possedere come totalità e Cy lo sa, da questo discende il successivo ripiegamento sul sentimento di forza calibrata, che sembra necessariamente, come un ossimoro, accompagnare l´esistenza. Ed il segno è anche improvviso scarto dalla posizione d´inerzia, ognuno all´interno conserva il doppio momento dell´esibizione automatica e dell´immediato ripensamento. E Cy assume la mano asintattica e lancia i propri segni sulla parete della stanza di bambino. Una stanza che non rimbomba di echi, ma si propone subito come teatro per una procedura guidata dal gesto. Gli impulsi confluiscono e si manifestano filtrati dal linguaggio. I segni velocemente trasgrediscono il bianco della parete, ad evidenza di una condizione psichica ed estetica insieme, che si manifesta in alcuni punti come tentazione a segnare ed in altri come successivo tentativo di cancellare. La strategia finalmente esplode: un improvviso di segni si dispone sulla superficie. L´artista compie gesti di assaggio e di ripetizione, quasi a volo radente per non rimanere impigliato al campo attivo della creazione.
Spesso sembra quasi che Twombly sia sceso a volo radente sulla superficie-parete-stanza, passando dall´alto abbia riproposto il gesto dell´annuncio di sé e della propria espiazione. Perché egli sa che l´annuncio equivale alla caduta e che dunque una squisita reticenza lo può salvare dalla disperazione totale ed immetterlo invece in un probabile rapporto col mondo. Sceglie la tattica delle piccole cadute e tende inoltre a mostrare come «il sé» e il «mondo» possono trovare istantanee e precarie convergenze.
Alla fine anche la superficie, nei punti non segnati, si visualizza come una sorta di manifestazione sublimata dello spazio ed acquista l´importanza di uno svelamento quasi orientale, una riflessione sul mondo. L´artista crede alla forza delle forme coniugate, anche se sa di non poter più risalire alla felicità dell´origine, può soltanto percorrerne i bordi mediante il proprio processo creativo, sospinto magari da un venticello kleeiano.
Cy Twombly rende iconografica una particolare filosofia del linguaggio, la « melancolia artificialis» che segna il tracciato delle immagini, la loro spirituale trasparenza. Condizione dell´artista è permanere oltre il proprio sé corporale, un´eco ormai. Dell´arte tempo è il ben temperato