mercoledì 7 aprile 2004

tradizioni cattoliche e islamiche

Repubblica ed. di Palermo 7.4.04
Le tradizioni dell'Isola a confronto con i pellegrinaggi nei luoghi sacri musulmani
I Sepolcri tra Sicilia e Islam
di MARCELLA CROCE


La vita oltre la morte: dal tempo dei greci in poi, senza soluzione di continuità, in Sicilia si preparano i lavureddi per i sepolcri del Giovedì Santo, e sono in tutto simili ai semi e fave che in Iran germogliano sulle tombe dei venerabili sciiti. Sul sancta sanctorum di Mashhad i pellegrini fanno a gara per toccare e baciare il sepolcro del terzo imam Reza; colpisce il numero di nastri verdi annodati alle grate e persino di catenacci chiusi.
Ogni nodo, ogni catenaccio rappresenta un problema, e tanta gente non si muove da lì perché con tante chiavi diverse in mano cerca di aprirne uno e risolvere così un´incognita della vita.
I sepolcri e le reliquie dei santi cattolici sono divenuti oggetto di travolgente culto e meta di pellegrinaggi epocali (basti pensare alla gola e al mento di San Antonio a Padova), allo stesso modo gli sciiti hanno creato una fitta rete di vie sacre. Un numero impressionante di pellegrini sciiti iracheni viene regolarmente in Iran a visitare il mausoleo di Reza a Mashhad, di suo fratello Sayyed Mir Ahmad a Shiraz, e di sua sorella Fatemé a Qom, i luoghi più sacri dell´Iran. Un numero ancora maggiore di iraniani visita i luoghi ove perì l´imam Huseyn nella città sacra di Kerbala in Iraq, di recente devastata da sanguinosi attentati. Ultimamente il numero dei pellegrini iraniani si era almeno decuplicato: da quando gli americani sono in Iraq ogni persona deve pagare solo 100 dollari (Saddam Hussein ne pretendeva ben 600) e non è detto che questa mossa non valga in futuro agli americani il consenso in qualche battaglia diplomatica.
«Osservammo uomini che baciavano la sua tomba, la circondavano, ci si gettavano sopra accarezzandola con le mani, una crescente folla si raccoglieva lì intorno, gridando invocazioni, piangendo e implorando Dio di benedire le sacre ceneri, e offrendo umili suppliche che avrebbero potuto sciogliere e spezzare il cuore più duro. Era uno spettacolo solenne e sconvolgente» (Ibn Giubair, 1183). A nove secoli di distanza, uno spettacolo altrettanto «solenne e sconvolgente» attende chi si rechi a visitare i sepolcri sacri. Ognuno dei dodici imam, discendente in linea diretta da Alì, cugino e genero del Profeta, e, secondo gli sciiti, suo unico legittimo erede, è venerato con fervore; l´importanza dei diritti ereditari in linea maschile, è una delle chiavi fondamentali per comprendere lo sciismo e contraddistingueva fino a non molto tempo fa anche il nostro tipo di società, anche se da noi non ha mai investito la sfera religiosa: basti pensare ai diritti del primogenito (maggiorascato), difesi fino all´estremo, nell´ambito delle famiglie nobili, pur di mantenere intatto il patrimonio; basti considerare il costume, ancora molto diffuso, di chiamare il primo figlio maschio con lo stesso nome del nonno paterno.
Il cronista Ibn Giubair è una nostra vecchia conoscenza per averci lasciato anche accurati reportage sulla Sicilia, il luogo descritto era il mausoleo del Cairo (Al-Qahira) dove era stata seppellita la testa del veneratissimo terzo imam Huseyn, che Giubair visitò trent´anni dopo la sua costruzione. E non era l´unica truce reliquia nelle vicinanze, anche la testa di Zayd, fratello di Ali, era stata recisa, poi ritrovata e risseppellita e "riceveva visite" nel suo bravo mausoleo. Al-Qahira era stata fondata nel 969; nel periodo fatimida della sua storia, la cittadella era accessibile solo dal califfo sciita e dalla sua famiglia, mentre la vicina Fustat era la "città del popolo". Al Muizz vi entrò nel 972 e vi portò i corpi del padre al-Mansur e del nonno al Qahim e di al Mahdi fondatore della dinastia, poi vi fu seppellito anche lui e otto dei suoi successori con relative famiglie. Di questo grande mausoleo, detto Turbat al-zafaran (tomba di zafferano), a quanto pare perché questa sostanza veniva adoperata per odorare la cappella, non è rimasto nulla. E´ rimasta invece un´intera serie di mausolei di persone imparentate con la famiglia di Alì, una vera e propria "Città dei morti" (anche la parola ?necropoli´ etimologicamente significa precisamente questo) che era stata costruita dai califfi fatimidi per legare la popolazione alla loro dinastia, inculcando entusiasmo di massa. La visita alle tombe (ziharat al-qubur) era stata da loro fortemente incoraggiata, era una pratica molto cara soprattutto alle donne che per l´occasione potevano uscire e partecipare alla vita sociale, ed era anche un perfetto instrumentum regni di cui si avvalsero in seguito anche i califfi sunniti che successero loro al potere.
Divenne un onore essere sepolti tra gli ahl - al-bayt (compagni del Profeta e amici di Dio) e partecipare così alla grazia (baraka), la forza benefica di origine divina che emana dagli individui durante la loro vita e anche dopo la loro morte. Questo culto dei sepolcri caratterizza ancora lo sciismo, e tuttora è grande onore (e costa anche molti soldi) essere seppelliti vicino all´imam Reza a Mashhad, o almeno "visitare" anche da morti il santuario prima di essere portati al cimitero fuori città.
Come in tutti i pellegrinaggi degni di questo nome, si è creata intorno a tutti questi luoghi, che rivestono anche un notevole interesse storico e artistico, un´imponente serie di infrastrutture. In alcuni casi i non musulmani non possono accedere ad alcune parti interne del santuario, ma anche rimanendo nel cortile non è difficile assistere a scene davvero impressionanti: nel santuario di Ghadamgah presso Neishabur, dove l´imam Reza, come Sant´Agata a Catania, lasciò l´impronta del suo piede, non esitano addirittura a strappare pezzi di corteccia dagli alberi del giardino, e a sradicare fiori e foglie, pur di portarsi via qualcosa dal sacro luogo.