venerdì 21 maggio 2004

ancora sulla tortura

Zefiro n. 5 del 19 maggio

Variazioni sul tema
di Paolo Izzo


In questi giorni ci sconvolgono le immagini strazianti delle torture inflitte ai prigionieri di guerra. Guerra, sì: perché di guerra si tratta e non di missioni di pace. Qualcuno tenta maldestramente di addurre motivazioni all’orrore che arriva di fronte ai nostri occhi e di generalizzarlo, tirando in ballo il Male insito nell’uomo…


Ma niente


Non cede. Non parla. Si capisce che soffre, ma non ammette nessuna delle nostre tesi. Gli abbiamo fornito le prove: gli abbiamo fatto ascoltare le registrazioni di quello che dicono i suoi compagni, le loro confessioni… spontanee. Gli abbiamo fatto capire in ogni modo che, in certe condizioni, tutti agirebbero così. Ma niente. Gli abbiamo mostrato le foto della sua casa demolita. Le ha contemplate scuotendo la testa, sembrava lì lì per cedere. Persino una lacrima sembrava affacciarsi nel suo silenzio. Ma ancora niente. L’abbiamo picchiato! È stato un impulso a cui non abbiamo saputo resistere: vederlo con quell’aria strafottente, assolutamente non collaborativa, ci dava sui nervi. Gli abbiamo spaccato la faccia, avevamo minacciato che l’avremmo fatto… Se ne stava lì con un occhio nero e un paio di denti penzoloni… e ha continuato a rispondere di no. “No”, capisci? Il suo rifiuto ci faceva impazzire, ci sembrava di essere noi sotto accusa, quando era lui il prigioniero. L’abbiamo spogliato, punzecchiato, umiliato. Gli proponevamo continuamente una via di scampo. Ma niente. Sembrava un verme silenzioso: gli abbiamo giurato che se continuava così gli avremmo tagliato la lingua: non abbiamo eseguito soltanto perché dobbiamo sentire la sua voce quando ce lo dirà. Da sette giorni non mangia perché lo teniamo a digiuno, non dorme perché lo teniamo sveglio, beve soltanto perché lo vogliamo tenere vivo. Ieri ha pronunciato una sola frase incomprensibile: “Io sono sano”. Nient’altro. Continueremo con le urla improvvise, con l’elettricità, con le botte… Non ci arrenderemo: abbiamo intenzione di provarle tutte. Fino a che non ci dirà che anche lui l’avrebbe fatto. Fino a che non ammetterà che anche lui, se fosse nei nostri panni, torturerebbe un altro essere umano.