sabato 5 giugno 2004

anoressia e bulimia

Corriere della Romagna sabato 5 giugno 2004 Edizione di: RAVENNA
Anoressia e bulimia, “fame” d’amore
di Debora Rontini Elena Bortolotti


FAENZA - “In epoca tardomedievale era chiamata ’Santa anoressia’ perché la persona che si avvicinava alla religione doveva umiliare il proprio corpo, negare la carne . Quindi l'anoressia, secondo questa interpretazione, si lega ad un desiderio spirituale. Oggi, anche se non è così evidente, potrebbe darsi che per la ragazza anoressica (come per la bulimica) molte motivazioni siano legate allo stesso desiderio: la sua immagine interna deve essere chiara di fronte al mondo, la carne è soltanto un incidente”. Queste sono le parole di uno psicoanalista che definisce l'anoressia e la bulimia come conseguenze di un bisogno spirituale, ma è veramente solo questa la causa? Si rileva che l'anoressia come la bulimia colpisca le ragazze dai 12 ai 25 anni, ma non mancano casi anche dopo i 30 anni, come emerge dai dati del consultorio di Conselice. Le pazienti anoressiche e bulimiche hanno quasi personalità uguali: scarso concetto di sé, bassa autostima, elevati livelli di perfezionismo e soprattutto eccessiva preoccupazione per il peso.Una recente intervista a Maria Grazia Bacchilega, una psicologa che opera nel territorio considerato, ha confermato che il disturbo è spesso innescato da fattori che riguardano principalmente il disagio con la propria famiglia, ad esempio separazioni e perdite, modificazioni dell'equilibrio familiare, rapporto conflittuale con la madre unitamente a problematiche scolastiche, sentimentali e difficoltà interpersonali.Un ruolo molto importante nello sviluppo di questa malattia è esercitato anche dalla nostra cultura che associa la magrezza al valore personale. Anoressia significa letteralmente “mancanza nervosa d’appetito” ma questa definizione è sbagliata perché le persone affette da questo disturbo hanno sempre una intensa fame causata dalla loro dieta ferrea, dal fare eccessivo esercizio fisico e, in alcuni casi, dall’indursi in vomito ogni volta che ritengono di aver mangiato in eccesso come testimonia la giornalista A. Arachi, nella sua autobiografia “Briciole” dove racconta di come il cibo era diventato la fonte dei suoi problemi, rigettandolo li avrebbe risolti. L’unico suo pensiero era mangiare per poi vomitare tutto in qualunque posto. La gente la credeva felice, ovunque andasse doveva essere contenta ma resisteva poco in mezzo alle persone inventava sempre scuse per rimanere sola a consumare il suo “rito delle orge alimentari”. Credeva che svanire pian piano dentro ai vestiti l'avrebbe allontanata dalla realtà.La bulimica al contrario, è caratterizzata da abbuffate notturne che faranno insorgere immediatamente la paura di aumetare di peso, a tal punto da portare a mettere in atto dei comportamenti di compenso (vomito autoindotto, uso di lassativi, digiuno ed esercizio fisico) come conferma la stessa scrittrice F. De Clerch nell'opera “Donne invisibili”, mangiare un cibo e disfarsene significa veicolare fuori di se l’angoscia interiore. “L’unico bersaglio della tua rabbia - scrive la De Clerch - la persona a cui provochi del male sei te stessa. Scarichi su di te l'aggressività che non hai potuto esprimere su chi ti ha usato, abbandonata, poco amata”.Chi si abbuffa ha spesso problemi di ansia, è irritabile e va spesso incontro a scoppi di rabbia; a volte adotta comportamenti autolesionistici come tagliarsi o bruciacchiarsi o abusa di sostanze. Alcune persone con questi disturbi possono diventare così disperate da cercare di togliersi la vita.La De Clerch descrive questa “fame” come un bisogno d’amore di persone deboli che non vogliono riconoscerlo per paura di sentirsi fragili. L’indursi il vomito serve per “vomitare” tutti i pensieri che la mente non riesce a contenere. Accanto a queste testimonianze, da parte di donne che hanno vissuto in prima persona il problema del disagio alimentare, vanno anche considerate le recenti inchieste effettuate dalle “Commissioni” nominate dal Ministero della Sanità. Tali organi documentano che la domanda di cure per l’anoressia e bulimia è molto aumentata dagli anni ’96-’97 ad oggi, e che in Italia l’assistenza per i disturbi del comportamento alimentare è giudicata insufficiente. Un’organizzazione auspicabile potrebbe prevedere dei Centri Regionali Interdipartimentali che coordinino Unità Ambulatoriali, ospedali diurni e sevizi riabilitativi, specializzati nel campo.Riprendendo una bella pagina di A. Arachi del libro “Briciole”, si potrebbe dire che “il senso della vita deve essere messo nuovamente in discussione, anziché scegliere di svanire piano piano dentro ai vestiti”.