sabato 5 giugno 2004

Mina:
le statistiche sulla depressione

La Stampa 5.4.06
La depressione dei grandi numeri
STUDI IN CONTRADDIZIONE
di Mina


SONO giorni in cui siamo orfani di sondaggi elettorali, per una legge che vieta di pubblicarli, ma che non può impedire di andare a guardarseli su Internet. Tacciono le cifre e le percentuali della politica, nell’attesa del diluvio dei commenti sullo zero-virgola in più o in meno che fra dieci giorni ci verranno riversati addosso dai vari Pecorari-Gasparri-Bertinotti-Bondi ecc. E allora, nel frattempo, consoliamoci con altre cifre. Magari sul tema della depressione, su cui sono usciti in pochi giorni ben quattro studi. Riassumo. Il Dipartimento Salute Mentale dell’Oms ci dice che la depressione colpisce gli adolescenti italiani in misura doppia (27,5%) rispetto ai loro coetanei nel mondo (13%). Altro studio: su 100 ragazzi depressi, almeno 4 tentano il suicidio e nel periodo finale dell’anno scolastico sono circa un centinaio quelli che ricorrono alla via di fuga dalla vita, a motivo degli insuccessi a scuola.
A risollevarci l’animo arriva di nuovo l’Oms con un perentorio «contrordine, ragazzi!». Gli italiani «cuor-contenti» sarebbero uno dei popoli meno depressi del mondo: solo l’11% ha sofferto almeno una volta in vita di un disturbo dell’umore, il 10% di un disturbo d’ansia, contro una media europea del 14% per i casi di depressione e del 16% di ansia. La tipologia media del depresso italiano è il single disoccupato che vive in città, oppure la casalinga sui 35 anni. Lo studio aggiunge che solo un quarto dei depressi ricorre alle cure sanitarie. Ma qualche giorno prima un altro studio americano ci avvisava che la metà delle terapie antidepressive non porta ad alcun miglioramento. E dopo questo bel quadretto a base di cifre ballerine, come dovremmo sentirci? Più depressi o più euforici?
Per confermare che l’Oms non può sbagliare, dovremmo macerarci il cuore o scoppiare in una fragorosa risata? Mah... Ogni studio epidemiologico, anche se condotto con grande dispiegamento di mezzi, arriva soltanto a darci un risultato medio, proprio perché scandaglia una globalità complessa che in realtà è fatta solo dalla somma di mille individualità. Ma le cose, le persone, gli attimi, vivono di singolarità, conservano il loro fascino perché consistono nella commovente unicità dei loro particolari.
Diceva Chesterton: «Dio sa contare solo fino a uno». Invece il suo surrogato moderno, la scienza, ragiona solo per numeri complessivi. E sulla stessa linea la segue l’informazione che casca spesso nel tranello della generalizzazione e adora scambiare la realtà con la statistica e i sondaggi. Oggi siamo i meno depressi del mondo, tra qualche settimana riappariranno i siringatori delle acque minerali e tutti i pitbull, che in questi mesi se ne son stati buonini, torneranno ad essere dei mostri cattivi. Vero o verosimile, così come è vero che l’euro ha aumentato i prezzi e come è altrettanto vero che son tutte belle le mamme del mondo. Verosimile o falsosimile. Il che, in epoca di relativismo dominante, è la stessa cosa.